Il 6 e 7 dicembre 2024 si è tenuta la due giorni di Vinàmico, presso i locali del centro sociale Brancaleone in Via Levanna a Roma, dove il padrone di casa è stato il vino naturale in tutte le sue accezioni. Vinàmico 2024 ROMA
Presente una nutrita schiera di cantine molto diverse tra loro, ma tutte nate al fine di rispettare l’ambiente ed il prodotto finale e che hanno come obiettivo comune il non usare additivi chimici nella attività di produzione.
Alcune delle aziende presenti selezionate dagli organizzatori della kermesse, hanno fatto la storia e sono ancora ai massimi livelli del panorama del vino naturale, come l’ottimo Leonardo di Tenuta Ca’ Sciampagne che da più di cinque lustri ci delizia con i suoi splendidi vini.
Poi, come non nominare i vignaioli in erba, anche loro sognatori ma ben determinati su cosa sia per loro l’arte della vinificazione come Gabriele Jacobini di Liane Vini (un consiglio, se lo andate a trovare a Marino, provincia di Roma, prendete il treno così vi farà un sostanzioso sconto sul prezzo!).
Abbiamo scelto di iniziare il lungo percorso enologico col Piemonte e, vi devo confessare che non avevamo voglia di sorprese ma di “solide realtà”, come recitava un vecchio spot pubblicitario di qualche decade addietro.
La cantina Eraldo Revelli di Farigliano (CN) ci ha accolto con un Langhe Rosato DOC “Rossèt” ottenuto dalla vinificazione in rosato di ciliegiolo.
Il vino si è mostrato immediatamente per eleganza, colore rosa pallido e per il gusto fruttato e, nel contempo fresco e beverino, di elegante mineralità.
Poi decidiamo di effettuare una brusca virata di sapori tirando la cloche del nostro calice passando a qualcosa di più strutturato come il loro Dogliani Superiore DOCG “San Matteo”, vitigno anche questo dolcetto, fermentazione spontanea (serve ancora scriverlo o posso ometterlo?) su lieviti indigeni per dodici o quattordici giorni con rimontaggi quotidiani.
Il colore anche in questo caso veramente affascinante, rubino intenso e luminoso, a tratti tendente al viola. Un vino che consiglio vivamente.
Dal Piemonte alla Puglia: entrambe le regioni con lettera P, molta fantasia la mia, non c’è che dire. Abbiamo provato molti dei diversi vini della Cooperativa Jazzile e ascoltato con gran trasporto la loro bella storia fatta anche di coltivazioni su terreni sequestrati alle mafie locali.
Personalmente, i loro prodotti però non hanno rispecchiato le aspettative, forse anche perché il loro pur lodevole progetto, copre aree davvero grandi e affatto omogenee della Puglia e, sempre in mia opinione, credo che ci sia ancora qualche dettaglio da mettere perfettamente a punto. Chiedo venia.
Seguendo il mio calice come fossi un rabdomante ramingo approdo a Foligno (PG) dove c’è ad aspettarmi un trebbiano spoletino che Arbolle (ribolle) proprio per me ridonandomi freschezza e il giusto brio di cui avevo bisogno.
La Cantina si chiama Almaraminga di Andrea Pesaresi, ottimo enologo e vignaiolo e semmai ce ne fosse stato bisogno di specificarlo.
Anche di questa azienda ho provato l’intera gamma di vini, come deluderlo, pare brutto, no?
In ordine sparso ricordo l’eccellente sagrantino coltivato in terra fulgense dedicato a lui, il Santo patrono di Foligno (Llue = Lui), pigiatura fatta con i piedi (non male ma a pedagna) affinato sei mesi in acciaio e altri e sei in bottiglia, colore nero inteso, sapori tipici del vitigno dove le spezie e la fanno da padrone.
Poi l’Armischiu, uvaggio predominante il sangiovese e per meno di un terzo (le quantità sono variabili nelle diverse annate) montepulciano.
Sapore davvero gentile, mai banale, intenso, profumato, frutta rossa, liquirizia …un tripudio di sensazioni!
Lo Sgorbu, l’ho detto, ma sì lu mattu quello fatto così, uva bianca e rossa, forse lasciando la vinificazione a caso, come solo un matto può fare, oppure qui c’è lo zampino di chi di vino e vinificazione se ne intende eccome, uve pigiate dopo la diraspatura senza passare dal via, senza seguire i processi che si sono secolarizzati nel tempo.
Che sapori! Che contrasti! Questo vino è jazz, ogni musicista fa la sua musica, ogni uva dà il suo sapore e tutte insieme come il jazz fanno melodia inebriante. Vino semplicemente entusiasmate.
Adesso sto un po’ Carmu con le emozioni e vi dico che Almaraminga produce anche un ottimo trebbiano spoletino in casa vinificato anche senza bolle.
La peculiarità che mi ha davvero colpito di questa Cantina è che Andrea e la sua combriccola riservano ad ogni uvaggio la sua vinificazione, semicarbonica, direttamente in pressa oppure seguendo la tradizione, sembra davvero come se il cantiniere si mettesse davanti alle proprie uve come fosse un maestro d’orchestra.
A fianco alla cantina Almaraminga ho trovato un’altra realtà che non abbisogna assolutamente di presentazione, Malauva di Castel Giorgio (TR). Una azienda che dà emozioni, perché fondata da due ragazzi che ritornano alla terra, abbandonando la frenesia della grande città e scandiscono il loro tempo non da un ticchettio inesorabile di un orologio, ma dalla ciclicità delle stagioni e della natura.
Iniziamo il nostro viaggio all’interno di Malauva con un bel succo d’ananas rifermentato. Ma come nella Tuscia si produce ananas? Vinàmico 2024 ROMA
Non so ma il Rebelle Mariage (rifermentato in bottiglia con mosto proveniente da vendemmia tardiva) sembra proprio succo d’ananas con un brioso fine perlage che solletica il palato dando freschezza alle uve di procanico, verdello, drupeggio e malvasia di cui è composto. Stesse sensazioni ma senza bollicina è il Tierra!, stessa composizione e anche qui le uve vengono raccolte la mattina e torchiate il pomeriggio per conservare appieno la freschezza del frutto.
Completano la gamma vinicola il Malauva rosato e Rosarella. Il primo è ottenuto dalla vinificazione rosè di sangiovese. Le uve raccolte a mano vengono pressate direttamente per la maggior parte conservandone, invece, una piccola parte che permane durante la fermentazione, il terreno argilloso dona stabilità e corposità al vino.
Il secondo è sempre a bacca nera di sangiovese che viene coltivato nel comune omonimo e la macerazione è mista, parte avviene a grappolo intero. Vini davvero unici che rispecchiano appieno il sentimento dei due proprietari vignaioli.
Rimanendo sulle sponde del lago di Bolsena, lato viterbese, a Latera, c’è la cantina Ortaccio, anche loro scappati dal logorio della vita moderna (altra citazione pubblicitaria) si sono rifugiati nel paese natio di Massimo per produrre molti vini di grande freschezza e sapidità, secondo loro il vino non deve essere invecchiato: va bevuto! (e come dargli torto).
Allora gli chiedo il famoso Ortaccitua (se vede che Massimo è romano?) ma non era stato portato in fiera ma proviamo ugualmente tanti ottimi vini, Ortaccio rosso e Ortaccio bianco, il primo ottenuto dalla vinificazione di sangiovese con una punta di grechetto e il secondo ottenuto da diversi vitigni, come si faceva un tempo, dove preponderante è il procanico ed il grechetto.
Una chicca della cantina viterbese è Vecchi Filari, come è chiaro il vino è ottenuto da vingne antichissime, addirittura datate 1948 e, la produzione è davvero bassa ma di qualità.
Massimo raccontava la scomodità della raccolta delle uve che sono sparse all’interno dei boschi limitrofi, in effetti grandi concorrenti dei nostri vignaioli sono gli animali selvatici che mangiano il frutto quanto invece è ora di vendemmiare… chiamali stupidi!
Il vino della cantina Ortaccio che però mi ha dato maggiori sensazioni sia olfattive che al palato è stato il Bianco Dritto, un vino ottenuto dalla macerazione di uve procanico, trebbiano e diverse qualità locali: semplicemente strepitoso. Vinàmico 2024 ROMA
Per concludere degnamente il viaggio all’interno del Vinàmico come farsi scappare Leonardo, come dire al padrone di Ca’ Sciampagne, “scusa non ti avevo visto”, oppure non ti avevo sentito.
Leonardo Cossi è da venticique anni sulla cresta dell’onda naturale, Leonardo è passato dall’epoca del vino naturale che doveva essere puzzolente o del vino naturale che era come quello dei nonni, insomma è stato uno degli apripista di quello che adesso è un mondo affermato, il vino naturale.
Devo proprio scrivere che ho provato tutto quello che c’era da provare in quel di Pesaro?
Devo scrivere che ho già fatto gli acquisti per il cenone di Natale che verrà annaffiato con dell’ottimo Guidobaldo (uve sangiovese, ancestrale) che mi è stato assicurato che “dopo i fritti l’è una cosa passesca”!
“Tò, assaggia questo”! “Metti del giaccio nel bicchiiieeere”… bam! Mi versa del vino alle visssiolee pazzeeesccoooo… ma cos’altro devo aggiungere di sto tipo qui?
Vini davvero particolari, tutti con grande anima e sentimenti da esprimere.
Vorrei menzionare anche altri produttori che sono stati scelti dagli organizzatori del Vinàmico, come i ragazzi di Monteduro che hanno fatto dei rifermentati in bottiglia la loro ragione di vita, Vini Testardi la Disfida, di cui ho scritto nel precedente articolo sul VAN, Lorella Reale che insieme al marito Pietro Riccardi si stanno battendo mettendoci la faccia con le varie riviste specializzate che non perdono mai occasione di infangare il lavoro fatto da questi vignaioli sognatori, amanti del territori e ultimi baluardi di un mondo che fu.
Menzione anche per i vini di Maria Ernesta Berucci regina del Cesanese, insomma complimentissimi agli organizzatori del Vinàmico che oltre ad essere competenti e simpatici, guarda un po’ sono pure belle e belli. Vinàmico 2024 ROMA
Nasce a Roma nel 1975, studi giuridici e diverse specializzazioni nel medesimo campo ma il cuore batte dove c’è cibo e vino genuino.
Grande appassionato di vini naturali, non perdo occasione per incontrare e conoscere nuovi vignaioli che mi immergano in questo splendido mondo…