LA RICOTTA FORTE
Il sacro Graal della pugliesità
Di Stefano Capone
Se qualche nasino pavido entrasse ora in casa nostra, esclamerebbe inorridito: ‘‘Oh mamma! Che puzza! Ma cos’è?!”
Lo so io cos’è.
È il profumo intenso e terragno della terra natìa.
Eh sì cari amici, mi dispiace ma dovete mettere in conto un mio periodico momento gastronostalgico pugliese.
In questi articoli non c’è audio, altrimenti potreste sentirmi or ora mentre canto a squarciagola:
”… la mamma è priparata la puddica
chena di chiapparini e pumbitori
l’è fatta cu lu granu ti la spica
n’de chena totta casa pi l’addori….”
Vi risparmio la scena, accontentatevi del racconto.
Stasera, in un rito antico e solenne, ardito cavaliere templare della cucina, tiro fuori dal frigo il sacro graal della gastronomia popolare pugliese: un vasetto di ricotta forte di pecora – per me, ricotta ‘scante.
Ogni pugliese centro-meridionale che si voglia definire tale, deve avere e custodire questo vasetto delle meraviglie.
É una questione di appartenenza.
La ricotta forte, detta anche ricotta scante o ascante o ascuante o ascanta a seconda della zona di produzione, è un condimento essenziale nella cucina della Puglia verace.
Nasce dalla lavorazione della ricotta fresca di pecora (ne esiste anche una variante che preferisco meno a base di latte vaccino) che viene rimestata per molti giorni per eliminarne la parte liquida ed acidificare.
Quindi la pasta ottenuta viene messa a fermentare in contenitori di terracotta fino alla distruzione (in questo caso fenomeno positivo) delle proteine e dei grassi del latte, che ne determina la tipicità.
Il risultato è una crema densa, giallastra, potente e complessa.
Un concentrato di Puglia.
Profumata, perché di profumo si tratta, checché ne pensino i nasini pavidi di cui sopra.
Un odore che è una stoccata, riconoscibile e avvinghiata al territorio.
Un misto di pungenza, un che di ammoniaca ed animale.
Ogni volta che, nel periodico rito di pugliesità, apro l’adorato barattolino vengono fuori le masserie assolate e faticose con il loro odore di stalla e di fieno, la terra rossa e polverosa delle campagne brindisine, e gli ulivi ritorti della Grecìa salentina, i muretti a secco della Valle d’Itria con le sue lamie ed i suoi trulli e le case bianchissime di calce.
Al gusto la piccantezza (per questo è detta scante) può essere feroce, come anche l’aromaticità decisa e lunghissima accompagnata spesso da un intrigante amaro.
Ne basta un cucchiaino per cambiare il carattere ad un semplice sugo di pomodoro, e quando l’incontro è con le orecchiette di grano arso fatte a mano, l’effetto nostalgia è debordante.
E più volte per me l’amata ricotta ha dato nuova vita ad un anomimo piatto di pacifici ceci o ad uno spaghetto tristemente last minute.
E diventa audace l’amarcord questa sera quando si incontrano ricotta e acciughe salate, sapore autentico delle notti salentine.
Non resisto… mi scappa da cantare…
”…Penza cu mangia e mbivi
e no ti’ndi’ ncaricari
si fessa ci ti privi
di rrobba e di mangiari…’
Stefano Capone
Semplicemente meravigliosa, regala una marci in più a ogni cosa con cui la si condisce!
Uno dei punti fermi della mia cucina (e del mio frigo).
La quintessenza della Pugliesità.
Com’è buona!
E’ bello essere pugliesi, anche per buonissime cose come la nostra ricotta…
Bello l’articolo, che descrive esattamente i miei sentimenti e i ricordi di gioventù.
E anche io, da Pugliese in felicissimo esilio trentennale in Trentino, leggendolo ci ho messo una lacrimuccia, logicamente acida e spalmabile di nostalgia.
Saluti, da Gianvito
Che buona!
Quanti ricordi, qui me la sogno la nostra meravigliosa ricotta…
Causa regolamenti di dogana e altro, manco nel pacco postale la si può mandare.
Saluti dall’Illinois
Buonasera Pasquale, a noi di Gastrodelirio fa molto piacere aver solleticato i suoi ricordi (anche se con un po’ di nostalgia) lì nel lontano Illinois e personalmente, da pugliese, mi gratifica il fatto che il profumo della mitica ricotta ‘scante possa così aver accorciato, per un attimo, distanze oceaniche. Le auguro di poterla riassaggiare quanto prima.
Un saluto agli amici gastrodeliranti d’oltreoceano!
Stefano
Ma ditemi voi, cosa c’è di più Pugliese della ricotta ‘scante” o negli altri mille modi come la chiamano…
I Lampascioni? Non male, ma non è la stessa cosa.
Gli stascinat con il sugo di rape?
potrei fare una lunga lista, ma la ricotta per il sottoscritto è davvero una bandiera del cuore.
Complimenti di cuore per chi ha scritto l’articolo!
Adoro questa ricotta… senza paura di esagerare credo di esserne quasi dipendente.
La uso un po dappertutto, ma per me la morte sua è semplicemente spalmata sul pane (come la nutella) o meglio ancora su qualche fresella secca…
Qui si parla di puglia, e di quello che in puglia si mangia.
Sempre un argomento molto interesante.
La ricota scante, ascante, etcetera e altre non è solo buona, ma come scritto qui su questo articolo e molto buona come condimento per far divenare più buoni cibi dal gusto scialbo e scadente.
Non sono daccordo invece sul fatto che quella fatta di latte di mucca e meno buona, a me piace anche di piu, poi i gusti sono gusti.
Saluti,
Michele
A volte un cibo può rappresentare meglio di tante parole una regione o una parte di essa.
La ricotta scante è uno di questi.
Come tanti altri sono un pugliese in esilio forzato causa lavoro…
l’articolo é semplicemente bellissimo, e peccato che dove sto io (prov. di LC) la nostra ricotta non si trova… meno male che da giù ogni tanto qualche anima buona mi manda un pacchetto di cose belle…
Saluti,