Per un pugno di Sarde – Il terroir del mare
Di Stefano Capone
La malsana usanza dei pescatori di andare per mare di notte e di iniziare la vendita del pescato alle prime luci dell’alba non è compatibile con il mio jetlag da cuscino.
Una sorta di incoscienza emozionale mi blocca tra le grinfie di Morfeo fino all’ultimo minuto utile, impedendomi di svegliarmi all’ora dei mannari per acquistare un po’ di pesce fresco direttamente nella pescheria di fiducia nei giorni lavorativi.
Ma io il pesce fresco lo voglio mangiare e non solo sui tavoli dei sempre più rari ristoranti che sanno procurarsi e trattare i preziosi frutti del mare nostrum ma anche a casa, amorevolmente maltrattato dalle mie mani inesperte.
E così, quasi ogni sera, con la speranza di procurare una cena gustosa e che, allo stesso tempo, mi riappacifichi con il mio istinto luculliano e poco salutista, faccio un giro nell’unico posto dove posso sperare di trovare qualcosa di decente data l’ora: al banco del pesce del supermercato.
La cosa non gratifica particolarmente la mia natura marinara, ma non ho troppe alternative, anche perchè so che dopo un certo orario serale arrivano nuove cassette con il pescato, locale, di giornata.
Ore 18.00 di qualche giorno fa.
Mi avvicino sempre con circospezione al bancone, con occhio indagatore.
Non voglio dare l’impressione di essere interessato. Voglio prendermi il mio tempo.
Non sopporto domande tipo: ” Desidera? ‘‘. Penso: ” Non desidero niente. Voglio solo guardare … nel caso le faccio sapere io…”.
Giro e rigiro, osservo, cerco di non incrociare lo sguardo della signora al banco, ancora non sono sicuro. Ma lei mi segue con sospetto.
Evito tutto quello che non sia marcato Fao37, ossia quasi tutto.
Qualcosa c’è. Sì è roba locale. É tempo di triglie, una bella cassetta di totani, zuppa mista (gallinelle, merluzzi, cannocchie, tracine…).
Ma dietro, opportunamente nascoste alla vista dei clienti, quello che cercavo: una bella cassetta di lucenti e saporite sarde.
Peraltro ad un prezzo risibile: 3 euro al chilo.
Cosa posso chiedere di più. Pesce locale, di stagione, fresco, economico, salutare.
É arrivato il momento.
Mi sento un po’ Clint Eastwood duellante in ”Per un pugno di dollari”.
Alzo lo sguardo per incrociare quello della signora al banco.
Lei mi aspetta, dura.
Avrà pensato : ” …cosa mi chiederà dopo tutta questa osservazione?
Chili e chili di spigole turche?
Un bel Pangasio del Mekong?
Gamberoni scongelati dell’Atlantico a volontà? Chissà quanta roba…”.
E io: ”Salve signora … un bel chilo di sarde, fresche fresche! Grazie!”
Lei mi guarda un po’ smarrita e mi fa: ”Si va a pesca eh!?”.
Sono affranto.
Da vecchio pescatore della domenica so benissimo che la sarda è tra le migliori esche da utilizzare nell’antica arte alieutica ma mi lascia assolutamente sgomento il fatto che non venga presa in considerazione come ottimo alimento.
E come la sarda, tanto pesce locale, soprattutto il pesce azzurro, accessibile ed eccezionale in cucina viene ignorato in nome della lisca di troppo, del tempo un po’ più lungo di preparazione o della taglia non proprio gigantesca.
Il terroir è anche nel mare e quello mi piace cercare tra le cassette ed i profumi salmastri delle pescherie e dei mercati.
Il duello è vinto.
Prendo il mio meritato sacchetto di sarde e vado, lasciando la signora del bancone ai suoi clienti ed al loro comodo, candido, filetto spinato di Persico del Tanganica.
Stefano Capone
Io adoro pulire il pesce… sarde comprese, c’è goduria anche nel viscido e nello sfuggente…
Il pangasio e il persico già mondati li lascio alle massaie pigre (e anche un po’ ignoranti)
Mai capito perchè gli italiani non amano troppo le sarde, un mistero. ma è meglio non farle apprezzare troppo, altrimenti il prezzo sale…
Anche io se le trovo non mi faccio problemi a mangiarle.
Io le faccio alla beccafico, retaggio delle mie origini sicule, ma anche semplicemente con la pasta (altra roba siciliana) o nientedimenoche spianate, aperte e arrosto…