Le anime della pausa pranzo
Di Stefano Capone,
Ho visto gente nutrirsi di maltagliati al pomodoro ogni giorno per anni e pensare fosse cosa giusta.
Ho visto occhi persi in verdeggianti ammucchiate di ciliegine di mozzarella mais e tonno, panacea fallace alle frustrazioni da prova costume.
Ho visto riempire e svuotare lascivi vassoi traballanti di inconsolabili paste alla norma e cosce di pollo lucide e marroni, ingentiliti dal ciuffo spelacchiato di un quarto di ananas asimmetrico.
Ho visto cravatte e giacche addentare smartphone e trascinare i polpastrelli su una fetta di bresaola.
Ho visto cose che voi umani…
Ho visto le vaganti anime della pausa pranzo.
Ore 12,30.
Pausa pranzo.
Una frenesia disordinata colpisce ogni giorno negozi e uffici.
Milioni di palati si smarriscono.
Confusi e soli.
Affamati e incerti.
Anime perse alla ricerca di un desco.
Lo sconosciuto girone di un italico inferno dantesco si materializza nelle city brulicanti e nelle tristi zone industriali della modernità.
Anime che in una vita precedente hanno goduto di comodi pranzi tra le mura di casa e le lusinghe di pantagrueliche spaghettate materne, sono condannate ora al terribile contrappasso di sfamarsi da soli, a papille scoperte, prede indifese e indifendibili dei demoni del piatto veloce.
Ed eccoli, alzata la testa dal pc o abbandonati a sé stessi gli ignari clienti, un unico silenzioso fiume umano di impiegati, operai, dirigenti e negozianti si muove verso i suoi aguzzini.
Laddove la mano del maligno è andata giù pesante, nei dintorni c’è lui: il self service.
Una processione di vassoi imploranti sfila di fronte a spietate signore in parannanza bianca e cuffietta che al di là del vetro spalano valanghe di patate al forno, arcano eterno oggetto del desiderio, e temibilissime scaloppine al limone, blocchi di rigide lasagne, e vasche di diafane verdure lesse rigorosamente fuori stagione.
Il dialogo con loro è essenziale: – Parmigiano?,
– No, grazie… e te lo mettono comunque.
Vabbè…
E come talismani rassicuranti, rotolano sempre tra i piatti il panino nel cellophane e la mezzolitro d’acqua.
Rancio alla mano, le anime della pausa pranzo si mostrano ora in tutta la loro sociale inadeguatezza.
Ricerca scientifica del posto a sedere più isolato.
Distese di tavoli da quattro occupati da una sola persona.
Testa china, forchetta in una mano e cellulare sempre nell’altra, lo sguardo non incrocia mai quello del dirimpettaio e l’ora si consuma frugale nel ricordo dei passati fasti e nell’oblio del gusto.
Il tempo a disposizione a volte è meno del solito, e come non cedere alla tentazione di un bel pezzo di pizza?
Ho visto pizze al taglio della consistenza del cartone, margherite senza mozzarella, quattro formaggi senza formaggi e quattro stagioni senza stagioni.
Ho visto teglie calde sfornate in continuazione, ma per una incomprensibile combinazione astrale ho visto servire solo pizze fredde. ”Riscaldo?”
Il demone della pausa pranzo ha un’astuzia raffinatissima per ingannare anche i palati più resistenti.
La mefistofelica trappola si manifesta nello spuntare continuo di Ristoforni, ristobar, ristolunch, ristofish, ristotutto.
É in questi posti che l’illusione del bio, del vegano, del veloce, del light, del famigerato Km0 prende forma nella zuppa di farro (o orzo) e nell’insalatona.
Micidiali. Letali.
Il cereale in qualsiasi fattezza solleva l’animo dal peso del piacere assumendo in questi luoghi il gusto della privazione.
L’insalatona, infame ricettacolo di ingredienti casuali e inaccostabili, è l’essenza stessa dell’addio al concetto di pranzo.
Chissà domani cosa ci toccherà!
Tremiamo, anime della pausa pranzo…
È ora… devo tornare in ufficio.
Pausa pranzo
Stefano Capone
Per me, impiegato ancora lontano dalla pensiene e simil-fantozziano in una delle poche supermegaditte che ancora esistono in Italia, la pausa pranzo è drammatica, onestameente ne farei volentieri a meno, preferendo una mezz’ora di completo relax sgranocchiando qualche biscotto.
Invece… vassoietto alla mano, mi tocca districarmi tra piatti dietetici, piatti vegani e vegetariani (eh… si, in mensa si adeguano) roba senza glutine e altro.
Sono anni che non ci preparano una bella lasagna o una pasta al forno, per non parlare dei raviolini, che un temmpo odiavo, e ora rimpiango!
E’ sempre più difficile trovare una semplice scaloppina o una pasta con il pommodoro che non sia qualcosa per “ani” e “isti”.
Non parliamo di salumi e formaggi… banditi prosciutto crudo e mortadella, solo tristi bresaole secche come suole di mocassino…
Si, la pauusa pranzo è tristissima, oggi alle 13, mio malgrado officierò di nuovo questo insano rito, mi tocca
Io propongo l’abolizione della pausa pranzo, perchè è la causa di tante gastriti e ulcere duodenali.
Scherzi a parte, credo che andrebbe ridisegnato tutto il modo di scandire il lavoro e i suoi orari, almeno per gli impiegatizi, in Italia, avvicinandoci alle maniere anglosassoni, con pause brevi, giusto da sandwich, e cenare prima.
Credo che se ne guadagnerebbe in salute!
La pausa pranzo, un momento drammatico…
Meglio un panino, molto spesso…
Concordo con quanto scritto qui.
Purtroppo, come per tanti, anche per me il momento della pausa pranzo, vista la pessima qualità della fornitura catering (rigidamente assegnata a chi ha fatto il prezzo più basso + eventuali raccomandazioni) è un dramma.
A volte salto il tutto.
Meglio un panino, oppure mi porto da casa qualche roba.
Non faccio il nome dell’azienda, para-pubblica dove lavoro, ma almeno la regione la posso dire: la Lombardia, non lontano dal suo capoluogo di regione.
In estate con il caldo la situazione della pausa pranzo peggiora.
Insalate e insalatone con dentro le peggiori porcherie, tanto… “è rinfrescante”
Robe fredde con la scusa che fa caldo.
Meglio il classico panino da casa, credetemi
Normalmente la pausa pranzo è per me il momento più triste dell’intera giornata lavorativa…
Mensa e basta.
Articolo perfettamente in tema per quel che mi aspetta oggi: un cambio di gestione di chi fornisce in catering (a distanza) la nostra mensa ziendale.
Ogni volta che accade, si mangia sempre peggio, e le insalatatone diventano ogni volta peggiori e per nulla fresche…
Il terrore della pausa pranzo, si: vero, esiste.
Ciliegine di mozzarella mais e tonno… a parte la qualità che sarebbe un discorso lungo, ma perchè imperversano in tante mense & localini da pausa pranzo?
Qualcuno ha una spiegazione?
Momento molto drammatico la pausa pranzo…
Forse davvero come ha scritto Bartolomeo Russo, se la qualità è mediocre, saltarla e basta è l’unica soluzione.
L’eterno dilemma di noi impiegati.
Panino di plastica, maltagliati al pomodoro (cinese?), cotoletta di pollo, frutta ammaccata in scatoline plastiche … oppure un sano digiuno che non ha mai ammazzato nessuno? (perdonate la rima…)
In qualche (rara..) mensa aziendale si inizia anche a mangiare decentemente, per carità… nessuna pretesa gourmet, ma almeno non ti si piazza nulla sul gargarozzo.
Qualche locale inizia a far cose decenti, ma anche quasti sono pochi, e bisogna cercarli con il lanternino.
Rimane il fatto che a certa ristorazione veloce da pausa pranzo non rimane che preferire il digiuno, un sano, sanissimo digiuno…
Tutto assolutamente vero!