Epitaffio della cucina matriarcale
Di Stefano Capone
La pochezza delle papille gustative che si accalcano gaudenti tra i tavoli estivi dei ristoranti non può avere esclusivamente una natura patologica. nonne e sapori.
Certo, può capitare di imbattersi in qualche raro e sfortunato caso di ageusia o di fantageusia, ma ritengo che, nella maggior parte dei casi, la completa incapacità di percepire i gusti, o addirittura la manifestazione di allucinazioni gustative in assenza di stimolo, abbiano una causa assai più antropologica.
Generazioni di mamme e nonne spadellanti hanno tramortito l’autonomia papillare di altrettante generazioni di figli, figlie e nipoti, con un lento ed implacabile processo di assuefazione ad una cucina casalinga approssimativa che rappresenta spesso il lato oscuro di una inimitabile tradizione culinaria.
Sì, mi espongo, e facendo mia l’eroica esternazione del ragionier Ugo Fantozzi durante la proiezione della corazzata Potemkin, mi immolo alla causa sostenendo che, evitando pericolosissime generalizzazioni, le nostre care matrone, orgoglio gastronomico italico, non sanno cucinare come si crede.
Nel bel paese pare sia sufficiente assurgere al titolo di mamma o nonna per godere della patente di grande cuoca.
Premetto che il discorso è coniugato al femminile non certo per una sorta di mascolina distanza dalle stoviglie di cucina di cui peraltro sono fiero utilizzatore, ma per una incontrovertibile ed anacronistica verità italiana che vuole ancora oggi la donna instancabile chioccia nutrice di figli pigri e mariti in canottiera.
Chi di noi non si è ritrovato a casa di amici e parenti a cena sotto la minaccia:
”Dai raga’! Oggi cucina mia nonna! Si mangia alla grande!”
Terrore sul mio volto! Nonne e sapori.
Ho visto cose che voi umani… nonne e sapori
L’istinto di sopravvivenza mi ha sempre portato a sbirciare nelle cucine durante questi allegri convivi.
E ti ritrovi la canuta nonnina novella strega mentre rimesta, come in un sabba, il pentolone ribollente di pomodoro, carni varie e grasse in una cascata d’olio, mefistofelico ragù.
Che dire delle 36 uova che la suddetta sottrae alle cure delle sue prolifiche galline per imbastire insieme alla farina (di solito ne mette ”quanta se ne tira”) improbabili tagliatelle gialle oro.
Le restanti 48 uova incolpevoli colluse alla nascita del dolce, l’inevitabile Pizza Dolce, pan di Spagna alto 20 centimetri farcito nei classici due strati irregolari di crema gialla e crema al cacao di diverso colore ma identico gusto.
Insomma una cucina affettuosa e cordiale che è però il trionfo della sostanza piuttosto che del dettaglio, dello stomaco più che della lingua, dell’ipotesi più che della tesi.
Una cucina che, nella facile enfasi gustativa, ha imprigionato ai suoi canoni rudimentali tantissimi palati convinti che solo in questo soffriggere ombelicale stia il vero sapore.
Avete poi provato a chiedere alla simpatica cuoca qualche consiglio sulle ricette?
Risponderà inevitabilmente e con fierezza ”Faccio tutto ad occhio!”
…Lunga vista alla nonna!
Nonne e sapori.
Stefano Capone
Sta arrivando Pasqua.
A casa Di Giovanni si trema.
Nessuno la ferma, neanche l’evidenza.
La pizza di Pasqua, sempre quasi ustionata ce la dobbiamo sempre sorbire.
La treccia e la pigna pure, ma queste sono sempre in debito di lievitazione e talvolta di zucchero.
Sui Fiadoni sorvoliamo, così come sul tarallo pasquale fatto con un numero di uova incredibile e che si sega solo con il flex.
Ma il peggio è il povero agnello, rinsecchito da cotture da ergastolo, e dire che lei lo trova delizioso.
Fino i 20 anni ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare, poi per fortuna ho trovato lavoro lontano da casa, ho imparato a cucinare io, e poi ho sposato una gran cuoca davvero.
Mia mamma non è al corrente di questo mio intervento…
Per lei Internet è il demonio.
Mia moglie e i miei figli si, e approvano, ma in silenzio…
Per fortuna c’è pasquetta, dove mangiamo quello che ci pare e piace, fatto da noi…
Purtroppo a Pasqua ci tocca…
Ma a mia mamma voglio lo stesso bene, tantissimo
Parole sante… da incidere nel bronzo, ma per mia suocera, che è una sorta di Attila dei fornelli.
Temutissima e’ la sua torta di pasqua, semplicemente ributtante.
Con lei siamo al limite della commestibilità.
Spero che la suocera non legga qui, e neanche mia moglie!
Vero, tutto assolutamente vero, concordo al 100% con quanto scritto.
Sfatiamo questi miti dell’italietta da spaghetti e mandolino della cucina di mamme & nonne.
Una bella parte di nonne e mamame, non sa proprio cucinare, diciamocela tutta!
Solo qualche perverso meccanismo psicologico ci fa diventare buone e appetitose delle schifezze culinarie fatte “a occhio”…
Non di una nonna, ma di una suocera, la mia… (nonna dei miei figlioli però…)
Perdonate l’anonimato, ma mia suocera (di mestiere valente medico ospedaliero prossima alla pensione) in cucina è più che una frana, ma si crede una grande e rifinita chef!
Secondo me, è più a suo agio in ospedale, che tra i fornelli.
Non ci invita molto a pranzo, e meno male, quel poco basta a far tremare tutti, nipoti e figlia compresi
Negata davvero, torte afflosciate dal sapore assurdo e creme dai colori assurdi (ama le fialette di coloranti per dolci di cui fa abuso!)
Arrosti carbonizzati, minestre in busta surgelata, pizze surgelate, fritture grondanti olio.
A sentir lei tutto meraviglioso
Biscotti spaccadenti, o altrimenti disfatti in mille pezzi e talvolta salati…
L’elenco potrebbe continuare…
Credo di non essere il solo a conoscere personaggi simili…
Mi chiamo Michele come mia nonna Michela, mio fratello primogenito invece si chiama Ugo come mio Nonno… ma abbiano anche angela e gianguido…
Nomi di famiglia tradizionali a parte, credo di essere stato uno dei pochi ad avere una nonna (ma anche la mamma…) completamente negate per la cucina, fatto salvo il minimo per non morire di inedia.
Meno male che Giovanna, (mia moglie) è un portento con i fornelli.
Dopo due generazioni in casa Peretti finalmente si mangia bene!
Grazie Giovanna!
La mia mamma è purtroppo deceduta da un po di anni, ma devo ammettere che come cuoca non era poi il sogno di tutti noi figli.
Su alcune cose era brava, ma su altre cose pasticcciava di brutto.
Ma sapete come è… da figlio non mi sono mai sentito di dirle che la crostata della zia Elisa, o quella della mamma di Gianni mio compagno di scuola erano meglio…
Questo articolo però dice cose vere, complimenti!