Maria Grammatico e Mary Taylor Simeti – Mandorle amare
“una storia siciliana tra ricordi e ricette”
Di Stefano Capone,
L’estate è sufficientemente lontana e la Sicilia pure.
La parola è libera e il pensiero scevro dall’enfasi dell’immediato e del vicino.
Tutto sta alla nettezza del ricordo.
È implacabile il ricordo.
La misura esatta delle esperienze e degli incontri.
La bellezza austera del borgo di Erice ci accoglie e perdona le nostre centinaia di bermuda imperdonabili e lo schiaffeggiare molesto degli infradito sulle sue nobili, antiche strade.
Ci sopporta.
Noi, fiera onda di vacanzieri brulicante tra i vicoli sospesi.
Mi consola l’esser parte di questa varia umanità che si inerpica, con tanto di golfino d’ordinanza, tra teleferiche e tornanti, per sfidare la brezza autunnale dell’agosto Ericino e ricercare il bello sulla vetta rocciosa di questa Sicilia insolita.
Ma è una consolazione breve.
Il bello è ovunque a Erice e ovunque maltrattato.
Maltrattato dagli autoscatti impenitenti degli smarthpone, protesi inetta di tanti occhi abituati a osservare il mondo di spalle, e da Erice stessa, agghindata a festa per accontentarci, mortificando le sue stupende rue tra improbabili soli di ceramica, calamite e corone d’aglio.
Anche l’animo gastrodelirante sbanda.
Il “pane cunzato” e l’arancina avviliti nella loro natura da imbarazzanti deliri fast food.
La potenza della gastronomia di questo angolo di Sicilia piegata alle pantomime dei menù a prezzo fisso e della tipicità globalizzata.
Si cerca conforto nella pasticceria Ericina e, facendo una ardita gimkana tra mega cannoli e cassate da talent show, finalmente l’approdo sicuro, il luogo del ricordo dove nulla può, neanche l’onnivora forza distruttrice di un certo tipo di turismo: la pasticceria di Maria Grammatico.
É un’altra Erice, la vera Erice.
Varcata la soglia la sensazione è diversa.
Il banco dei dolci, la folla silenziosa e paziente.
Maria Grammatico è lì, a servire i suoi segreti.
Una parola per ognuno dei suoi avventori, con discrezione e sapienza.
Senza fretta.
Si coglie immediatamente l’intima corrispondenza tra i prodotti e chi li crea, e il sollievo di non essere, nella pasticceria Grammatico, in quanto turista, carne da macello.
Oltre il vetro del bancone, l’arte pasticcera ericina multiforme e originale: le cassatelle, le mitiche genovesi, i cannoli, la frutta martorana, le lingue di suocera, i mostaccioli, le cassate, oltreché rosoli e confetture.
Alla vista e all’assaggio la percezione è di una qualità e di una perizia che sanno di tempi lontani, di esperienza, di ricordi, di storie.
La conoscenza e la comprensione della pasticceria di Maria Grammatico, infatti, non può prescindere dalla sua storia personale, ricca e intensa, drammatica e felice allo stesso tempo.
Tra gli scaffali della pasticceria, un libro, un bel libro, compendio affascinante di questa storia: “Mandorle amare – una storia siciliana tra ricordi e ricette” scritto, penna e voce, da Mary Taylor Simeti e Maria Grammatico.
Mary Taylor Simeti, giornalista e scrittrice americana, visceralmente legata alla Sicilia tanto da vivere da oltre quarant’anni nelle campagne tra Alcamo e Palermo, nella sua attività ha attribuito un’importanza fondamentale allo studio della tradizione gastronomica siciliana.
Era inevitabile quindi l’incontro con Maria Grammatico.
Mandorle Amare nasce dalle lunghe chiacchierate tra la Taylor e la signora Grammatico e dalle appassionanti giornate nel laboratorio della pasticceria.
Le analisi della giornalista americana si alternano alle trascrizioni integrali dei racconti della signora Maria, in una forma lessicale che fonde italiano e dialetto trapanese in una lingua propria, carica di forza espressiva.
Esce così fuori la vicenda umana di Maria Grammatico che, nella Sicilia difficile dell’immediato dopoguerra, orfana di padre, si trova a vivere con la sorella nell’Istituto di Suore San Carlo dove resterà per oltre quindici anni.
Esperienza di privazione e clausura e di un rapporto conflittuale con le religiose, tutt’altro che caritatevoli, depositarie però della più raffinata arte dolciaria siciliana, mezzo di sostentamento principale per l’istituto.
Maria è affascinata e attratta dalla manualità di Suor Stellina, dai riccioli dei suoi agnelli pasquali, fatti a mano, uno per uno. Dai tempi lunghissimi e cadenzati delle preparazioni senza i mezzi della modernità.
I sacchi di mandorle da pelare e da tritare.
La preparazione eterna della zuccata.
I mustaccioli e il forno da accendere in piena notte.
Le preghiere e i biscotti da infornare.
I biscotti da infornare e le preghiere.
“All’una di mattina si accendeva il fuoco. La prima infornata si faceva verso le sei di mattina, d’inverno. Ci voleva tutto questo tempo per riscaldare il forno. Noi di mostaccioli facevamo cinque o sei impastate. […] Poi dopo i mostaccioli si facevano i biscotti al latte, quindici chili, poi si facevano due infornate di bocconcini, poi la pasta velata. E poi all’ultimo, quando il forno era leggero leggero, si facevano gli amaretti”.
La curiosità della giovane si scontra però con la chiusura delle monache, non prodighe nel trasmettere i propri segreti di cucina.
“Quando si è ragazza, è un’altra cosa – quando la memoria c’è. Bastava che io vedevo una volta come loro impastavano, e già le dosi le avevo scritte qua, in testa. Io non ho avuto da lì una sola cosa, né una ricetta scritta e nemmeno una forma vecchia. Ho avuto solo ciò che mi hanno insegnato, l’ho rubato, e basta”.
Ma l’animo di Maria esce rafforzato da questo rapporto difficile, sviluppando un’indipendenza laica e curiosa.
L’osservazione e la pratica strappate alle suore sono gli unici mezzi di conoscenza; la memoria unica custode di un’arte raffinata e non scritta che porterà Maria Grammatico a creare i suoi dolci, fuori dall’istituto, osteggiata fino all’ultimo dalle arcigne religiose.
Mandorle amare ci racconta tutto questo in un succedersi di aneddoti e vicende, personaggi e luoghi, dolci e ricette, delineando la figura di Maria Grammatico: fiera e ostinata depositaria di un mondo ammaliante di mandorle e farina, di cedri canditi e ricordi.
“C’è tanta tradizione che si tramanda: non è tutto per merito mio. Il merito è pure di altri. Ho imparato, sì, ma è stata la tradizione a spianarmi la strada”.
Pasticceria Maria Grammatico
Via Vittorio Emanuele, 14
91100 Erice(Trapani)
tel: 0923869390
http://www.mariagrammatico.it/
Mandorle amare
“una storia siciliana tra ricordi e ricette”
Maria Grammatico e Mary Taylor Simeti
Flaccovio Editore – 2004; Ristampa 2012
(versione originale in lingua inglese del 1994)
Stefano Capone
Bellissimo ARTICOLO!