Di Stefano Capone,
Mettiamola così.
Se posso evito scientificamente i famigerati vitigni internazionali.
Non ce la faccio.
Non mi riesco a entusiasmare.
Nutro un sano e ingiustificato pregiudizio ampelografico verso questi onnivegetanti grappoli e i relativi vini.
Non mi fido. Titubo. Tentenno.
I sensi mi si chiudono a riccio.
È più forte di me.
Lo so, qualcuno dirà… è una presa di posizione senza senso!
Decisamente.
La mia personale cantinetta scarseggia quindi di vino prodotto con i vari vitigni universali.
Ma qualche sera fa, cercando qualcosa da bere per allietare una rilassante cenetta casalinga scopro di possedere, nascosta tra i vini pazientemente messi a dimora nel corso del tempo, una bottiglia che è li da qualche anno e che non ricordavo… uno Chardonnay!
Io? Proprio lo Chardonnay?
Facendo mente locale rammento il perché di quel vino.
Volevo ritentare la via dei vitigni internazionali cercandoli lì dove c’è la possibilità che abbiano un valore più intimamente territoriale e storico.
Ho pensato alla Francia, ma evitando la spocchiosa Borgogna, ho pescato in un bel Domaine del vicino Jura.
Il vino di cui si parla e che dovrebbe minare alla base i miei saldissimi preconcetti è il Fleurs 2012 Domaine Labet di Rotalier nel nord dello Jura.
Ovviamente, per averlo comprato e per parlarne sulle pagine di questo sito, questo vino è realizzato secondo i criteri che ci piace chiamare naturali, quindi minimi interventi in vigna e minimi interventi in cantina.
Peraltro, il Domaine Labet, su cui ha già dissertato il bravo Riccardo Ferrante (https://www.gastrodelirio.it/riccardo-ferrante/domaine-labet-chardonnay-en-chalasse-cotes-du-jura-2009/2013/09/) sta progressivamente stringendo le maglie della sua produzione verso pratiche sempre meno invasive.
Il Fleurs 2012 fa parte della nuova tendenza del Domaine Labet che devia nettamente dalla tradizione dei vini ossidati dello Jura prodotti con il metodo delle botti scolme (voile), essendo vinificato in botti di qualche anno da 228 litri completamente colme (metodo ouillage) al fine di impedire processi ossidativi.
È una cuveè di chardonnay al 100% da vigne relativamente giovani (25-30 anni ).
Direi che sono pronto ad affrontare questo vino (… uno Chardonnay! Chi l’avrebbe mai detto!)
Il tappo è in grandissima forma, pieno e compatto.
Nessun segno di cedimento.
Nel bicchiere il colore è particolarmente brillante con il suo dorato leggero ma deciso e qualche bel riflesso verde.
All’occhio il Fleurs 2012 fa pensare ad un bel corpo per il suo ondeggiare composto durante la mescita.
Appena versato il naso è investito da sentori vinilici importanti.
Ma dietro scalpita il carattere fruttato dello chardonnay che preme per farsi avanti.
Non è solo frutta quella che ci regala il vino di Labet.
Insieme a una gradevole pera matura, il naso si ritrova con il tempo a confrontarsi con note delicate di camomilla e decotto di malva.
Una dolcezza olfattiva però costantemente bilanciata dai leggeri ma ricorrenti sentori di vinile che traghettano il Fleurs 2012 Domaine Labet fuori dai pericoli della fruttosità banale di certi chardonnay da aperitivo in vetrina.
I dodici mesi in botte vecchia arrotondano elegantemente senza eccessi questo vino, evidenziando gradevoli note oleose e vegetali come di noce appena aperta.
All’assaggio il nostro vino non è meno piacevole che al naso.
I profumi farebbero pensare a un debutto gustativo spostato verso la dolcezza ma è sorprendente ritrovarsi invece la nota dolce come finale del passaggio in bocca.
Passaggio che ci presenta un vino sicuramente non spigoloso ma caldo, in cui la fine acidità tipica dei terreni marnosi pungola e sorregge con estrema eleganza un corpo presente e languido che si aggrappa sornione e fiero anche a belle note minerali.
Una complessità discreta e raffinata che a un certo punto mi fa esclamare: ”Già finito?”…
…chi lo avrebbe mai detto per uno Chardonnay!
Fleurs 2012 Domaine Labet
Stefano Capone