Pierangelo Bertoli
La canzone naturale
Di Stefano Capone,
C’è differenza tra un bicchiere di buon vino e una canzone?
Ho sempre avuto la propensione a uscire fuori tema.
A essere fuori contesto.
A lambire gli argomenti dell’animo, senza probabilmente mai centrarli.
A cercarne gli aspetti meno evidenti, che possano unire tra loro cose apparentemente distanti.
È proprio quell’apparentemente che mi ha sempre stimolato.
La distanza è una questione di prospettive, di punti di vista, di attitudine a scovare una radice comune.
La radice comune degli entusiasmi.
Gli entusiasmi che mi fanno esplorare tra vini sconosciuti, e dei vini mi fanno scrivere se hanno dentro la terra e la fatica, la felicità e la spontaneità dell’uva, il profumo dei dialetti e della vigna.
Quei vini onesti e dritti, che schiaffeggiano e accarezzano i nostri sensi e il nostro stomaco.
Che si raccontano da soli senza intermediari e trucchi, e ci accompagnano discreti o urlanti, languidi o irruenti, ruvidi o setosi, quasi a capire i nostri umori e comunque a sorprenderci.
E a pensarci, sono gli stessi entusiasmi che hanno consumato a forza di musicassette l’autoradio della mia vecchia 2 cavalli e che con la stessa immutata intensità oggi mi fanno posare la puntina del giradischi sulle canzoni di Pierangelo Bertoli.
Ragioniamo e ci arrovelliamo sulla sincerità e la pulizia di un vino, sulla sua autenticità e sul suo carattere e ci prende qualcosa dentro quando i colori, i profumi e i sapori erranti nel bicchiere si sovrappongono alle nostre speranze.
Il vino come cosa intima.
Non entrano intimamente come il vino nei nostri sensi le parole di una canzone?
Certo. E allora le ho sempre volute autentiche, dirette, non adulterate e non edulcorate.
Scevre dai gioghi della vendita, ma libere anche dai mantra intellettuali castranti di certo cantautorato da primi della classe.
Parole pulsanti, viscerali, scritte a penna e cantate a voce, fendenti o carezze senza scorciatoie.
Parole semplici, dove la semplicità è il più complesso dei risultati in una forma d’arte.
Insomma la canzone naturale.
È questa, per me, la poetica di Pierangelo Bertoli.
Ridurla come si è fatto spesso a una canzone di ispirazione ecologista, ambientalista o nel migliore dei casi politica significa inquadrare in schemi angusti e preconfezionati una personalità che, come sa chi ha divorato i suoi dischi o assistito ai suoi concerti, era tutt’altro che inquadrabile.
I colpi di tosse tra una strofa e l’altra erano sussulti di vita e impeto di chi voleva cantare a prescindere.
Sotto il palco di un suo concerto, in un grande palazzetto o nella piazzetta di una frazione di provincia, è sempre stata ugualmente palpabile la potenza e la libertà della sua musica muscolare e spontanea, capace però di molteplici registri.
Potrei giocare facile ricordando le canzoni più note e più maltrattate dagli agiografi da evento, come le sempre grandi A muso duro, Eppure soffia, Pescatore, Spunta la luna dal monte, ma vorrei andare un po’ oltre e proprio come si fa per i vini cercare un percorso, una ”verticale” che dia il senso di quanto ho detto finora sul cantautore di Sassuolo.
Emiliano fino al midollo tanto da essere uno dei primi a dare dignità di canzone d’autore al dialetto, con l’album Sat Ven In Meint.
La passione politica e la vicinanza, sempre cantata, al mondo del lavoro prende forma evocando temi attualissimi di emigrazione e radici nella ballata Rosso colore.
Uno sguardo politico solidale a più ampio raggio e ad alta densità rock nella incalzante Varsavia.
La sera di Gallipoli, in forma di canzone complessa e musicalmente raffinatissima, strappa via dalle grinfie della banalità un tema consunto come quello dell’amicizia.
Anche la canzone (cosiddetta) d’amore diventa quotidiana e reale nel ritratto esatto dell’attesa e dell’aspettativa in I miei pensieri sono tutti lì.
L’intima convinzione anarchica e pacifista di Bertoli si ritrova tutta in Centanni di meno, lieve nell’ascolto ma densa e ricca di slancio.
E per finire, ma non per completare: Così, per me la canzone manifesto di una poetica fondata sull’esatta corrispondenza tra l’uomo e il cantautore che dà forma di canzone alle sue reali e sanguigne passioni, prestando le parole a tutti coloro che lo hanno ascoltato e lo ascoltano ancora:
” …e semino i miei fatti personali
mischiati a tutto quello che è sociale
e vivo con la stessa dipendenza
gli scandali le guerre o la spirale.
Perché son fatto così
e non ci posso far niente
prendimi pure così
come mi accetta la gente
che mi sorride e che mi lascia parlare
però non mi sente…”
Potrei andare ancora avanti nel raccontarvi questo poeta onnivoro di cose della vita e strabordante dignità, ma forse non è il posto giusto.
A mio parere, proprio l’essere così capace di entrare nel sociale e negli spigoli dell’animo direttamente, senza fronzoli e compromessi, fa di Pierangelo Bertoli uno dei pochissimi, se non l’unico autentico bluesman italiano, intendendo per blues la musica della quotidianità e della vita (provate ad ascoltare Sud e ditemi se quello non è blues…).
Potrei e vorrei andare avanti a oltranza, ma è arrivato il momento di chiudere questo pezzo, non senza avervi consigliato qualche lettura.
In primo luogo due bei libri di Domenico Mangiardi, amico e collaboratore: – Pierangelo Bertoli – un emiliano tragico non è un emiliano vero – (ed. Giunti, 2006) e – Certi Momenti – della casa Editrice Bastogi, Foggia 2001.
Di Bastogi editore mi piace ricordare anche il secondo numero della rivista Musica & parole dedicato a Bertoli (09/2007), rivista di studio della musica d’autore purtroppo uscita per soli undici numeri.
… Allora…
che differenza c’è tra un bicchiere di buon vino e una canzone?
Nessuna.
Stefano Capone
Bello anche questo articolo, lasciatemelo dire: siete tremendi, anzi di pìù, siete quasi dei marziani del gusto per i temi che allegramente trattate, altro che scempiaggini e ricette da casalinghe frustrate di Voghera e non che dominano il web!
Anche io mi sono emozionato nel leggere questo articolo, peccato che quando era in vita il povero e compianto Pierangelo non abbia avuto la gloria (attenzione: gloria non successo) che meritava.
Stasera brinderò alla sua salute, ascoltando la sua musica con un bel San Fereolo di Nicoletta Bocca…
Bello l”articolo, onestamente mi ha commosso.
Il paragone con il vino, ma quello buono ci sta proprio tutto!