Di Serena Manzoni,
Non è una novità che il cibo, la cucina, pranzi e cene siano ingredienti fondamentali delle arti e delle letterature, abbiamo avuto più volte il modo di sottolinearlo tra le righe di Gastrodelirio.
Nessuna meraviglia quindi che tra i cortometraggi presentati all’edizione di quest’anno del Kimera International Film Festival di Termoli ci fosse più di un’opera in gara dove piatti e pentole hanno fatto la loro immancabile comparsa.
Tra questi uno, Ragù noir diretto da Alfredo Mazzarra: 18 minuti di commedia nera giocati intorno ad una tavolata tra amiche dove il piatto forte è appunto il mitico, succulento e carnale ragù.
Cena tutta al femminile, luci e voci calde sottolineate dalla cadenza napoletana, il vino è rosso e la pietanza centrale della cena sembra non poter essere che il suddetto ragù. Il gioco che le commensali inscenano, pericoloso nel suo candore, è quello di rivelare dei piccoli terribili segreti.
Come potete immaginare, non può filare tutto liscio e il gioco avrà conseguenze davvero inaspettate.
Per chi non lo sapesse, il ragù napoletano non è affatto come il ragù alla bolognese, si porta dietro qualcosa di più arcaico, la carne non è tritata ma sono pezzi di carne che per lungo tempo cuociono con il pomodoro che deve peppïare. ragù noir
Per capire cosa significa riporto le parole di Raffaele Bracale tratte dal sito di Luciano Pignataro:
“PEPPïARE / peppïà che è voce onomatopeica indicante quella fase propedeutica del momento prossimo alla conclusione della preparazione del ragú napoletano, allorché dal fondo della pentola dove è in cottura la salsa di carne e pomodoro, affiorano ripetutamente in superficie delle bolle d’aria che al culmine della tensione si rompono producendo un suono simile a quello che produce chi tira una boccata di fumo dalla pipa.”
E proprio una delle partecipanti alla nostra cena particolare ci ricorda la necessità di questo momento e in fondo, la loro serata segue lo stesso andamento della preparazione di questo piatto tipicamente partenopeo, le donne a tavola come il ragù producono delle bolle pronte all’esplosione quando la tensione raggiunge il suo massimo grado.
La carne, la salsa, le amiche e lo spettatore sono messi nello stesso coccio a cuocere a fuoco dolce ma implacabile, con il cucchiaio di legno a mantenere lo sfiato tra il coperchio e la pentola.
La conversazione ci ricorda anche, tra un segreto e un altro, che non si tratta di uno spezzatino, ma di ragù (quello napoletano…) e credo che non ci fosse pietanza più adatta ad accompagnare lo svolgersi di questo riuscito cortometraggio. ragù noir
Per concludere: no, non abbiamo dimenticato Eduardo….
ragù noir
Serena Manzoni