Di Serena Manzoni
Quanto mi piace mangiare il pesce.
E quanto mi piacerebbe essere una di quelle persone sicure di sé e di quello che fanno quando acquistano il pesce o addirittura lo pescano, quando senza esitazione lo maneggiano e lo puliscono e sanno quale sia la preparazione più adatta per quel tipo di specie e quando è o non è la stagione più adatta per le triglie o per le mormore.
Una specie di timidezza e di timore invece mi assale aggirandomi per il mercato, non sapendo quale e quanto prenderne, sarà meglio questo o quello, e poi come lo pulisco? Ritorno con la mente ad un pomeriggio a Trani, con l’arrivo dei pescherecci, bellissimo e con la gente assiepata attorno alle barche allestendo una scena arcaica e splendida di volti rugosi e scuri sotto le gocce di una pioggia impassibile.
E, quando passo tra un banco e l’altro, vorrei essere come quel giovane che ho visto a Trani, che prende qualcosa dalla barca, lo mette in bocca, ne sputa un pezzo e poi inizia soddisfatto a masticare. Quello che voglio dire non è che voglio darmi al crudo, ma che vorrei avere quella stessa confidenza, quella disinvoltura. E non soltanto al ristorante, ma facendo la spesa e a casa.
Decido di diventare quello che vorrei essere, lascio perdere timidezze a affino la volontà: al supermercato arriva la decisione, di fronte al banco del pesce, mentre Fabio indaga perplesso le dimensioni delle seppie atlantiche, il mio occhio arriva a Lilliput e si illumina… le sarde! Mi viene subito in mente quello che ha scritto Stefano Capone sull’argomento e lasciando perdere la solita scusa che chi sa il pesce del supermercato etc, mi fido della scritta “pescato adriatico” e mi dirigo verso la cassa con il mio pacchettino pieno di promesse. Ma non so come si fa a pulirle.
Il buon Stefano viene in aiuto dandomi delle indicazioni di una semplicità disarmante e mi convinco che ce la posso fare. Non è stato così semplice e immediato, erano già squamate, ma capire il gesto del pollice che dalla testa va verso la coda portandosi via le interiora generando la giusta pressione per togliere la lisca non è stato una passeggiata. Ma è stato bello. Sentire il dito che scivola nella polpa cruda planando in maniera ogni volta un poco più sapiente, percepire il rumore (solo immaginato) prodotto dallo strappo della lisca dalla carne, sentire le mollezze delle interiora e l’odore arrivare al naso, fresco e fragrante.
Gesti semplici, ma che richiedono una sapienza data dall’esperienza, ci fanno capire il lato artigianale della cucina, ci fanno comprendere che le materie prime per diventare pietanze devono essere preparate, pulite e conosciute. Fatelo anche voi! Pulite le sarde, impastate il pane, pulite una zucca e sgranate i piselli… fate esperienza della e con la materia: permette di comprendere meglio il significato del cibo oltre a dare un’idea più chiara del lavoro e della manualità, della sapienza di chi cucina e concede esperienze sensoriali inaspettate, belle, tonificanti anche per la mente.
Probabilmente lo fate già, come lo fanno le migliaia di persone che, come me, cucinano normalmente a casa, ma ci sono delle cose che è facile trovare già fatte e che sarebbe bello e giusto fare: avete mai sgranato i piselli? Mai pulito le sarde o impastato il pane? Tagliato e pulito la zucca…?
Serena Manzoni
Mica è facile pulire il pesce… facile è mangiarlo!
Le sarde poi… scappano via che è un piacere, più facili seppie, polipi e calamari…