Di Serena Manzoni
Non posso davvero farne a meno… da molti anni ormai ammetto di non esserne mai sazia… effettivamente alcune pagine sono un po’ indigeste e meno ghiotte di altre, ma davvero non posso rinunciare a leggere. Certi libri sono golosi e freschi come un buon gelato, certi altri amarotici se non addirittura amari, ma il gusto che ti lasciano in bocca tocca profondità indicibili che invitano a berne un altro sorso. Libri fragranti o morbidi, speziati a volte, esotici o semplici e puri come il pane appena sfornato, essenziali come le verdure appena cotte, caldi e consolanti come una zuppa in inverno, barocchi ed eccessivi come certi dolci di Sicilia.
Certo tra questi libri divorati, sbocconcellati voluttuosamente, talvolta appena assaggiati o mangiati troppo in fretta, c’è anche qualche libro di tema gastronomico e culinario, ma non è quello di cui vi voglio raccontare. Vi voglio dire invece di quelle volte in cui la cucina entra nella narrativa per svariati motivi, il più semplice dei quali è che i personaggi, talvolta, mangiano. Ed è divertente per me lettrice vedere quello che mangiano, e dove e come lo mangiano.
Thomas Mann inizia I Buddenbrook praticamente con un pranzo… e che pranzo!
Il motivo che unisce gli ospiti intorno al ricco tavolo con tanto di posate d’argento e piatti dal bordo dorato, è quello di festeggiare l’acquisto e il trasferimento della famiglia in una nuova e prestigiosa dimora nella Mengstrasse. Ci sono quasi tutti i personaggi che poi popoleranno il romanzo: il vecchio console Johan Buddenbrook, l’omonimo figlio e le rispettivi mogli, i figli Thomas, Antonie e Christian. Rileggendo questa parte del libro ci si accorge di come ci siano gli indizi di quello che sarà il futuro dei personaggi e della ditta, ma non è quello che interessa a noi lettori ignari di quanto succederà nei numerosi capitoli successivi. Al momento osserviamo lo svolgersi di questo pasto che va a suggellare il raggiungimento di una posizione sociale ormai consolidata della ditta Buddenbrook, da cui traspare una ricchezza solida, concreta e, nonostante la posateria d’argento, direi quasi discreta.
Per iniziare zuppa di erbaggi con pane tostato accompagnata da “una bottiglia di vino bianco sul cui tappo c’era un piccolo cervo d’argento”. Purtroppo non sappiamo di che vino si trattasse, ma sappiamo che l’etichetta riportava il nome di C.F. Kőppen, mercante dei vini e amico di famiglia presente tra l’altro a tavola. A seguire viene servito del pesce, anche in questo caso non ci viene detto molto di più ma più avanti, l’autore fa recitare a Madame Krőger una delle ricette migliori per cucinare le carpe al vino rosso.
Nel frattempo i commensali discorrono di tutto un po’: di affari e di politica, il poeta Hoffstede leggerà una delle sue composizioni e i bambini cercheranno di schivare il pesce, ed esulteranno per il loro dolce preferito. Dopo la portata ittica si passa ad “un colossale prosciutto impanato,color rosso mattone, accompagnato da una salsa di scalogni marrone, acidula”, verdure e alla “terrina alla russa, un miscuglio di frutta conservata dal gusto alcolico e piccante”.
E finalmente il dessert: il Plettenpudding, un composto di amaretti, lamponi e pan di Spagna crema all’uovo, a strati. Questa volta ci viene detto anche il vino con cui viene accompagnato: “il vecchio, dolce vino di malvasia color dell’oro”. Caffè per tutti. I signori non si faranno mancare anche un goccio di liquore, ed un buon sigaro facendo una partitina a biliardo.
La scena è ambientata nel 1835 a Lubecca. Non stiamo certo parlando di un libro di gastronomia o di storia della cucina, ma è interessante soffermarsi sul menù tipo in un’occasione simile e in tale contesto. Nel romanzo si tornerà a parlare di cibo in diverse occasioni, lascio a voi scoprire quando e come. La traduzione che ho letto io è di Silvia Bortoli per l’editore Oscar Mondadori, negli Oscar classici moderni, in una ristampa del 2012. Buona lettura e buon appetito!
Serena Manzoni
Però… trovare in un sito di vini un po’ fuori dal coro & gastronomia la giusta attenzione anche per Thomas Mann mi meraviglia.
C’è speranza in Italia.
Grande e importante libro comunque.
Forse qualche persona che legge, capisce e medita e non vive solo di TV & FB esiste…