di Serena Manzoni
Mi piacciono le lenzuola bianche. Quelle che la mamma mi ha dato e che provengono dal suo corredo. Cotone pesante e concreto, con dei fiorellini tondi ricamati in bianco, da sentirne il peso raggiungendo il riposo magari dopo un giorno di sole nelle spiagge di fine primavera o dopo una camminata magari nel Parco Regionale della Maremma, tra una torre di avvistamento e l’altra per raggiungere il vento di Cala di Forno. La pelle seccata dal sole e dall’odore di mirto e di Mediterraneo e la mente sgombra, finalmente pulita. Le lenzuola bianche mi dicono che è arrivata la primavera, che sta arrivando l’estate, che è ora di piantare la menta e il basilico. Ormai la boa dell’inizio dell’estate l’abbiamo passata ed eccomi in questo giugno curioso a ripercorrere i piatti della mia primavera, ovvero della freschezza, della vita nuova, giovane e soda.
La mia primavera gastronomica è iniziata al Ristorante Collina ad Almenno San Bartolomeo assaporando la splendida vellutata di Mario Cornali (se non ricordo male si chiamava proprio come la stagione di cui si parla) con i primi piselli dell’orto che si aprivano erbacei ad accompagnare le erbe di campo in una festa di fragranza e di buon umore. Mi piacerebbe essere più precisa, ma perdonatemi le mancanze perché di questa pietanza, più che i dettagli tecnici mi rimane il ricordo della sensazione di aria fresca e quell’idea della prima fogliolina che spunta dalla terra umida in cui avete immerso il timido e speranzoso seme.
Delle Virtù teramane di Zunica si è già parlato in diverse occasioni, le richiamo in questo contesto per continuare questa camminata tra prati fioriti e roridi, passeggiata purificante e catartica. Del resto si tratta di un piatto di passaggio dai rigori invernali all’energia primaverile, verde come la speranza e come le fave! Nei piatti che vi sto raccontando ho trovato spesso il connubio tra erbe aromatiche e leguminose fresche, in attesa degli ortaggi dell’estate. A Termoli, a dirci che l’inverno è finito compaiono le fave vendute a sacchi sui bordi delle strade, immancabile ghiottoneria da mangiare preferibilmente cruda, per una polentona come me una novità a cui mi sono adeguata con sommo piacere e naturalezza.
Ed eccole le fave comparire nella zuppa a Le Mandorlaie di Montiano, con i carciofi questa volta in una preparazione che mi ha letteralmente rinfrescato le sensazioni provate mangiando le Virtù, con una complessità minore ma con la stessa spinta balsamica che rimane a lungo sul palato, come una promessa, sottolineata dal coniglio con il mirto preso come secondo piatto.
Anche del dolce di questa mia gustosa primavera vi ho già parlato, non può che essere il gelato alle foglie di fico di Valeria Piccini, al ristorante Da Caino a Montemerano. Gelato alle foglie di fico, non dimenticatevi che i frutti arriveranno con l’estate…
Ed ora parliamo del vino, che voglio sia fresco e balsamico, trasparente e leggero, fresco come una maglietta di cotone, da mettere sempre, senza sbagliare. E allora beviamoci un Bellotti Bianco, Unlitro di Ampeleia o il Trebbiano d’Abruzzo di Cirelli, prima di andare a letto tra lenzuola bianche e dopo aver messo il vasetto di basilico sul davanzale… ma questa, è già estate!
“Sono cresciuto in mezzo all’odore del basilico. Come tutti i bambini del Sud. Mia madre, quando tornava dal mercato, ne portava due o tre vasetti, che sistemava sul davanzale della finestra della cucina. Quello era il posto del basilico. All’ombra delle persiane, accostate fin dalla primavera.”
Jean-Claude Izzo, Aglio, menta e basilico, Tascabili e/o, Roma 2011
Serena Manzoni