Ed ecco che arriva il martedì.
La sveglia suona inesorabilmente, ma in questo giorno speciale fa sentire il rituale motivetto un po’ prima del solito, perché il martedì è un giorno particolare: è giorno di mercato!
Abluzioni mattutine e colazione alla svelta, perché ogni minuto si rivela prezioso, soprattutto per ottenere qualche attimo di vantaggio per l’ardua impresa di trovare parcheggio e per la rituale attesa della spesa della signora che sceglie ad una ad una le ciliegie, le nespole o le albicocche…
Naturalmente mi sto riferendo al mercato alimentare, ma visto che state leggendo Gastrodelirio, questo lo potremmo anche tralasciare.
Per prima cosa si compie il giro rituale di tutti i banchi, splendidi nelle loro variazioni stagionali, di sapori e di colori.
Ogni elemento ha la sua stagione e risponde alle bizze del tempo, tra le primizie e gli ortaggi tardivi che allungano di un poco il loro tempo assecondando una stagione che non si decide ad arrivare.
Tra i banchi ce ne sono di diversi generi, i più preziosi sono sicuramente quelli del mercato locale (ovvero molisano ma vicinissimo alla Puglia) dove i contadini propongono i loro raccolti, freschi e vicini e qualche volta insoliti.
Tra questi banchi, uno in particolare allieta e un po’ inquieta i miei martedì minando le mie sicurezze e costringendomi ogni volta a provare qualche cosa di nuovo, difficilmente reperibile al reparto frutta e verdura del supermercato.
Il contadino ha gli occhi nerissimi e uno sguardo sornione e un po’ furbetto e anche questa volta non riesco a rinunciare alla sua esca ovvero, in questa fine di maggio, torno alla macchina parcheggiata lontanissimo con un sacchettone colmo di piante di zucchina!
Non soltanto del divin porco non si butta via nulla, ma signori miei, anche delle zucchine!
Delle zucchine non si butta via mai niente
Eccomi quindi di nuovo alle prese con le cucurbitacee: non più soltanto l’ortaggio e i fiori, ma steli e foglie!
Quelle tenere almeno. Delle zucchine non si butta via mai niente…
Alle mie deboli proteste legate alla mia origine lombarda e alla mia assoluta incapacità di gestire questo groviglio di verde, il contadino birichino oppone un sorriso scaltro indicandomi la sua bionda e gentile signora che in men che non si dica, armata di coltello, si esibisce in un tutorial sulla pulizia dello strabordante groviglio.
Non posso quindi più fare resistenza, compro anche le nespole e vado.
La pulizia degli alimenti è un esercizio prezioso per i sensi: il coltello che recide un’estremità dello stelo con un piccolo e deciso “tac”, il rumore delle fibre che si sfilano con un sottile “bzzz”, il pungere delle asperità delle piante prima della pulizia che si esaurisce in una tenerezza inaspettata degli steli accarezzati dal getto dell’acqua cristallina.
E poi l’odore del verde che si diffonde fragrante e un po’ pungente.
E poi ancora la nettezza dei sodi ortaggi che, allegra sorpresa si manifestano tra le foglie in un’esibizione dell’ennesima tonalità di verde.
L’arrendevolezza delle foglie più giovani una volta liberate dal loro ventaglio fibroso.
E poi il panico!
Ora che sono pulite e tagliate, ancora immerse nell’acqua in riccioli sbarazzini, mi rendo conto di non avere alcuna idea della modalità di cottura: la bionda moglie non mi ha informato e ora mi trovo decisamente nei guai!
Cercare in rete non è valido… per fortuna viene in mio soccorso il “messaggiare” con un’amica dotta in fatto di verdura e in fatto di Puglia che mi consiglia il lessarle e poi ripassarle in padella, magari con le zucchinette più giovani e i fiori e non sai che pasta ti esce…
Obbedisco!
Morbidissime e allo stesso tempo fragranti, leggermente amare, ma soprattutto erbacee: verdi e gialle nel sapore e nel colore, perfette con la freschezza delle menta e la spinta intrigante del pepe.
Per concludere, vorrei fare un omaggio alla Puglia e alla sua sapienza e fantasia nel mangiare le foglie (così mi disse un giorno un cuoco pugliese) dovuta, come spesso accade, alla necessità di nutrirsi in situazioni di ristrettezza ma anche alla generosità della sua terra e del suo clima.
Serena Manzoni