Di Serena Manzoni,
Elogio della leggerezza.
È difficile la leggerezza, difficile da raggiungere e difficile da identificare, da non confondere con la frivolezza se non addirittura con la vacuità.
La leggerezza ha forme ben delineate, il suo tratto è nitido e sicuro, la sua superficie levigata, è morbida ma non melliflua.
Qualche giorno fa ho visitato la mostra Art Deco – Gli anni ruggenti dell’Italia allestita ai Musei di San Domenico di Forlì e, improvvisamente sono stata attratta come mai mi era successo dalle opere di Giò Ponti, in particolare dalle maioliche della serie Le mie donne. Emerenziana, Domitilla, Fabrizia, Agata e Apollonia, Balbina e Leonia, Donatella… in totale otto donne che mi guardavano un po’ furbette da vasi e ciotole, sospese tra corde o mollemente appoggiate a nuvole gonfie o a fiori opulenti.
In mano portano un fiore, un libro o una conchiglia mentre il loro paesaggio è quello delle architetture classiche caro all’artista. Sono nude, sono tutte diverse e son tutte bellissime.
Nessuna confusione, il loro mondo è un empireo ordinato ma non noioso, non hanno l’aria per niente mesta e le nubi su cui posano non portano tempesta ma una calma gioia, sensuale e placida al contempo.
Ho trovato la leggerezza che cercavo, niente a che vedere con il rumoreggiare farlocco e con le risatine garrule di certi programmi televisivi. I colori sono pochi e ben selezionati: il bianco, il blu e l’oro, talvolta un rosso scuro racchiusi dentro un tratto privo di insicurezze. Gli sguardi sono quelli vuoti delle statue greche.
Naturalmente nella ricca mostra non c’è soltanto Giò Ponti: come non sorprendersi di fronte alle sculture di Adolfo Wildt, divertirsi e amare Fortunato Depero, restare come sempre ipnotizzati con Felice Casorati e adorare lo stipo di Duilio Cambelotti intitolato La notte.
Sono moltissime le opere esposte in un percorso davvero completo che offre uno sguardo articolato sul Deco nelle sue varie manifestazioni che vanno dalla moda all’architettura, passando dalla pubblicità all’opera, non trascurando né l’arredamento né la pittura.
Insomma c’è molto da vedere e da approfondire, la mostra è abbastanza impegnativa e alla fine, ne sono certa, sentirete un certo languorino, avrete certamente bisogno di rifocillarvi: è ora di cena! Casa di mare San Domenico
A questo punto non dovrete andare lontano: proprio nei pressi del complesso museale di San Domenico, c’è un posto da non perdere: Casa di mare San Domenico ovvero l’osteria di pesce a Forlì.
Lo so, penserete che a volte esagero e cerco nessi tra ciò che vedo e ciò che mangio che riterrete un po’ azzardati, ma vi assicuro che in questo ristorante c’è un po’ della “consistente leggerezza” trovata nelle maioliche di Giò Ponti.
Sarà che i colori che predominano sono il bianco e l’azzurro, che l’arredamento è ricercato ma leggero, fresco e pulito, di una leggerezza non casuale che mi piace.
Anche lo stile dell’accoglienza e del servizio sono della stessa pasta, non pesante e abbastanza informale, ma preciso ed estremamente professionale: a dimostrare che tutto quello che è leggero non è necessariamente “privo di peso”.
Casa di Mare San Domenico è un’ idea che viene da professionisti di rango: Luca Gardini, personalità di spicco del mondo del vino e Gianluca e Marcello Leoni, cuochi con esperienze in ristoranti con svariate stelle.
La formula proposta qui è appunto quella di un ristorante dalla connotazione leggera ma con il tratto deciso e nitido della qualità, prima di tutto per quanto riguarda l’attenzione quasi maniacale verso il prodotto ovvero un pesce che più fresco di così non si può. Casa di mare San Domenico
Il pesce viene trattato con rispetto e fantasia, assecondando la superba materia prima, giocando con abbinamenti votati alla freschezza e con un’attenzione particolare ai sapori decisi, che qui non vengono sussurrati ma dichiarati, come quelli del ragù di crostacei su crema di lenticchie.
Non ci si dimentica inoltre della regione in cui siamo, sia per quanto riguarda la provenienza ovviamente tutta adriatica del pescato, sia nell’uso di ingredienti fieramente romagnoli come gli stridoli, la celeberrima piada nell’indovinato e simpatico Piada Fish dove le alici fritte duettano con la rucola e lo squacquerone.
Non posso non pensare alle cosce generose delle donne di Giò Ponti quando arriva a tavola il trancio di dentice selvaggio che ho ordinato come secondo: carni sodissime di una golosa perfezione, piene e bianche.
La carta dei vini è molto ricca: viene proposta con una selezione di etichette che viene cambiata ogni dieci giorni rispettando anche in questo caso la linea della snellezza.
Devo ammettere che ai nostri palati gastrodeliranti sarebbe piaciuto trovare una direzione un po’ più naturale, lo sapete quando parliamo di vino siamo un po’ intransigenti…
Casa di Mare San Domenico
Via Francesco Marcolini, 29
47121 Forlì (FC)
Tel. 0543.20836
Casa di mare San Domenico
Serena Manzoni