Di Riccardo Ferrante
E’ arrivato il momento di parlare di una nuova realtà vinicola abruzzese.
Lammidia è una cantina nata da pochissimo dalla volontà di due ragazzi appassionati di vino in modo serio, non di rotatori di calici fuori dai locali sui marciapiedi del passeggio.
Due ragazzi che credono e scoprono il vino quotidianamente, viaggiando e bevendo quello che ritengono sia il vino vero, prodotto senza le direttive dei protocolli enologici.
Se seguite queste pagine, oramai, saprete di che cosa parliamo quando nominiamo il vino congiunto a “naturale”, “vero”, a fermentazione spontanea etc. – mi voglio ripetere perché il concetto qui in Italia oggi non è ancora chiaro, e viene sottoposto a derisioni e… “a si si, quei vini che puzzano”.
Siamo ancora a queste posizioni oggi.
Ma questo è un altro discorso di cui già Fabio Riccio ne ha parlato bene più volte su questi lidi.
Veniamo alle cose serie. Questo progetto, come dicevamo all’inizio, nasce dalle teste di Marco Giuliani e Davide Gentile, che a poco a poco dal bicchiere sono passati alla vigna e alla sperimentazione in cantina.
Recuperato il garage di campagna del nonno di Davide a Villa Celiera, nei fine settimana andavano a prendere confidenza con la terra e con la cantina per iniziare a realizzare il loro vino secondo il loro punto di vista.
Questo accadeva qualche anno fa, nel 2010.
Il territorio è all’interno del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, la piccola cantina si trova arroccata a circa 600 metri tra Civitella Casanova e Villa Celiera, luoghi conosciuti per ottimi prodotti, a partire dall’olio, gli arrosticini e una buona concentrazione di ottime tavole dove fermarsi.
Oggi sono pronti per commercializzare i loro vini, e hanno già rotto l’indugio partecipando quest’anno alla fiera di Vini di Vignaioli a Fornovo, una delle più importati per i vini naturali dove hanno riscosso un certo interesse come nuova espressione del vino abruzzese.
Questo, in una fiera dove per quanto riguarda questa regione, partecipava il mostro sacro Emidio Pepe e una realtà ancora giovane ma che ha già il suo meritato riconoscimento, la cantina di Francesco Cirelli.
Lammidia al momento vinifica Trebbiano in diverse declinazioni.
Bianco anfora con una macerazione pellicolare, Bianchetto con macerazione carbonica, un frizzante rifermentato in bottiglia naturalmente ancora in fase sperimentale. Un Trebbiano in cemento.
I rossi a base Montepulciano d’Abruzzo anche questi vinificati in modi e contenitori diversi: Rosso anfora, Rosso macerazione carbonica, Rosso in cemento e in fine quest’anno hanno vinificato una piccola quantità di Cabernet Sauvignon con una breve macerazione, e una gradazione alcolica molto bassa sui 10% vol circa da bere a secchiate.
Nel corso dell’anno nuovo, tutte le etichette saranno in circolazione, e anche noi potremo essere più precisi nel raccontarvele.
Questa è una prima prova dei vini fuori dalle mura di casa.
In generale sono vini che privilegiano acidità e agilità di beva, non sono vini morbidoni ma sorsate di elettricità, dovute anche soprattutto per i bianchi, in particolare alla acidità volatile controllata ma presente, che dona slancio alla bevuta.
Anche i rossi si muovono su questa linea, diventando a tavola dei vini molto gastronomici.
Questo è il breve riassunto di questa nuova realtà abruzzese nel variegato mondo dell’uva regionale. Il loro è un approccio molto personale e chi si avvicinerà a queste bottiglie in un primo momento si troverà spiazzato e forse non penserà a vini fatti in Abruzzo, ma questo semplicemente perché il bevitore è stato abituato a un concetto di vino abruzzese creato dalle mode enologiche, di vini concentrati e legnosi, perdendo e dimenticando la tradizione contadina.
Oggi certo c’è questo ritorno all’arcaicità, ma auspichiamo un ritorno onesto alla tradizione, mi sembra che la strada sia questa, senza compromessi, solo uva, solo passione.
Non è uno slogan da raccontare perché tutto quello che c’è di vero lo si ritrova nudo e crudo nel bicchiere, e noi su queste pagine raccontiamo solo di vini spogliati dalle sovrastrutture commerciali, perché quello in cui crediamo è nel vino senza compromessi.
Alla luce di questo i vini de Lammidia esprimono il fascino dell’imperfezione artigianale.
Il nome deriva dal dialetto Lammidia, la ‘mmidia, l’invidia, il malocchio.
Credenza che nella tradizione contadina vene tolto con un rituale di preghiere per eliminare appunto lammidia di cui anche il vino poteva soffrire.
Potrebbe essere una soluzione ai vostri mali contemporanei.
Riccardo Ferrante