Sauro Ricci e Raffaele Minghini sono i successori di Pietro Leemann, il pioniere della cucina vegetale in Europa, una cucina basata su un profondo pensiero etico morale.
Dopo anni di lavoro con il maestro è arrivata l’ora di camminare soli e di portare avanti gli insegnamenti per continuare una delle cucine più colte del panorama gastronomico internazionale.
Paolo Mandelli – In un paese dove si cucina sempre meno qual è il futuro della cucina? Senza più una base di cucina casalinga lo chef potrebbe essere il nuovo archetipo della cucina? Ristorante JOIA a Milano
Raffaele Minghini – io e Sauro siamo affini e legati oltre che ad un concetto di cucina ad un concetto di alimentazione e qui si apre un campo sterminato che cercherò di riassumere in alcuni punti. Ristorante JOIA a Milano
Cucinare è un atto che deriva da un esigenza che si può assolvere sia dal punto di vista del gusto che da quello del nutrimento, per cui la domanda che ci si pone prima di quale sarà il futuro della cucina italiana è: dove vogliamo che vada il nostro modo di alimentarci?
Dobbiamo capire bene il concetto di nutrirsi e di nutrire, a me piace pensare che se si vuole delineare il futuro della cucina italiana, dobbiamo riappropriarci di quelli che sono i principi della nutrizione, quello che è buono e che ci fa bene.
Noi ci sentiamo vicini ad un concetto di alimentazione che è stata la base e la fortuna di quella fantomatica dieta mediterranea, che in sintesi vuol dire attingere ad un bacino sterminato di prodotti stagionali per lo più vegetali che ci fornivano tutto quello di cui avevamo bisogno.
La nostra cucina è legata a questo pensiero, quello di indagare in cosa la natura ci propone e farne un uso “sensato”.
C’è un aforisma di Brillant Savarin (1825) che dice: “Il futuro delle nazioni dipenderà dal loro modo di nutrirsi”.
Sauro Ricci – Fantastico! E io rilancio con Platone che nei Dialoghi definisce il consumo di carne il principio delle guerre, il pensiero progettuale di una nazione per approvvigionarsi il cibo deve passare al vaglio etico. Consumare carne produce guerre, pensava Platone, perché si devono conquistare pascoli e terreni altrui. Il consumo di carne genera violenza.
Quello che deve essere messo in luce è che la cucina deve essere calibrata su quelli che sono gli effetti. Oggi parliamo tutti di sostenibilità ma cos’è la sostenibilità? È avere la consapevolezza di quelle che sono le conseguenze delle nostre scelte alimentari, avere una proiezione sul futuro.
La nostra è una cucina che cerca una sintesi tra natura, stagionalità e tradizione declinata in una chiave valoriale. La nostra cucina produce un cibo soddisfacente, legato al gusto ma con attenzione alla salute delle persone, all’ambiente ed agli altri esseri viventi.
Picasso sosteneva che non esiste l’arte ma esistono gli artisti, possiamo pensare che non esiste la cucina ma esistono i cuochi? che la figura della mamma e della nonna italiana, come riferimento gastronomico tradizionale, possano essere sostituite dal cuoco professionista?
Sauro Ricci – Il termine tradizione è un termine spinoso, da un lato c’è la tradizione con la T maiuscola che incarna una serie di valori atemporali che superano la contingenza storica e dall’altro lato c’è il suo valore di parola con un campo semantico inquinato che spesso viene utilizzata per rafforzare un concetto che con la tradizione c’entra poco. Cito Eric Hobsbawm dove nel libro: “L’invenzione della tradizione“ spiega che le civiltà in crisi di valori iniziano una mitizzazione della loro storia. Questo succede ora alla cucina italiana che ha mitizzato una tradizione recente. Il professore Alberto Grandi nella “La cucina Italiana non esiste” lo spiega benissimo.
A noi sta a cuore la società e la nutrizione soprattutto a livello famigliare dove si svolge l’atto di cucinare. Quando abbiamo fondato la Joia Accademy (scuola di cucina vegetale, nda) avevamo chiaro questo ideale di insegnare le tecniche per valorizzare il processo di produzione.
Voi al Joia siete stati i pionieri della filosofia vegetale, adesso è abbastanza normale raccontare l’orto del ristorante.
Sauro Ricci – Si raccontarlo, perché nell’atto pratico fare un menù totalmente vegetale giornaliero come quello del pranzo, o quello più articolato della cena, è molto complicato a livello pratico.
Per esempio nel pranzo in cui crediamo molto, cerchiamo di fare una sorta di educazione alimentare, ogni giorno proponiamo un Piatto Quadro, una sorta di riassunto dei 3 elementi tradizionali, antipasto primo e secondo in un unico piatto; questo dovrebbe essere un esempio di riferimento per la cucina quotidiana.
Quindi possiamo pensare che il Piatto Quadro rappresenti il nuovo archetipo della cucina italiana casalinga?
Raffaele Minghini – certamente sì, con qualche semplificazione potrebbe diventare un riferimento formale dove si racchiudono i principi basilari che sono: la rotazione dei cereali con glutine e senza glutine, verdure stagionali in grande quantità con colori e cotture diverse, l’inserimento dei legumi e di altre proteine come semi, lupini e soia e frutta secca per i grassi.
La cucina vegetariana è un poco più complessa da realizzare a casa soprattutto per l’apporto proteico, qui alla Joya Accademy abbiamo un corso che si chiama “Pronto in 30 min.” rivolto proprio alle persone che devono organizzare la cena al rientro dal lavoro. Per tornare alla tua domanda iniziale: qual è il futuro della cucina italiana? sarà proporzionale al bene che decideremo di dedicare a noi stessi ed alle persone a cui teniamo.
Se questo fosse vero penso non ci sia futuro; al di là di essere vegetariani o no, è ormai assodato che il consumo di carne deve essere drasticamente ridotto per una infinità di motivi, ma noto anche l’apertura di molti ristoranti dedicati alla carne.
Raffaele Minghini – Nietzsche diceva che la rinascita e una presa di coscienza collettiva avviene soltanto dopo che si è toccato il fondo. Ma fino a quando questo non avverrà non potremo riscrivere i nuovi valori basati sulla realtà di oggi.
Faccio l’esempio del vegetarianesimo, puoi cominciarlo come una moda o solo per il principio di non violenza sugli animali e non interessarti alla tua salute personale e così mangi cibo vegetale spazzatura. Il principio di benevolenza deve essere collegato a tutto: a noi, agli altri essere umani, agli animali, al pianeta ecc.
Sauro Ricci – Per arricchire questo concetto noi parliamo di rispetto e riconoscimento, dove riconoscimento significa interpretare il nostro prossimo inteso come persona, animale e ambiente e rispettarlo. Per questo motivo siamo vegetariani e pensiamo che questo modo sia l’unico possibile per il futuro, perché il cibo trasforma la coscienza delle persone.
Interessante questo concetto puoi spiegarlo meglio?
Sauro Ricci – Il piatto come creazione è in sé estremamente poroso da un punto di vista energetico. C’è molta differenza tra andare a mangiare in un fast food e andare a mangiare a casa della mamma, l’intenzione nella produzione di cibo è completamente diversa. Quella diversa attenzione che compie la mamma nel cucinare nutre a livello sottile. Il cibo ha diversi livelli di nutrimento, nutre a livello biologico, a livello psicologico e anche a livello spirituale; in un fast food o nel cibo industriale troverai solo un nutrimento che, nella migliore delle ipotesi, è quello biologico.
Questo messaggio molto alto riuscite a trasferirlo al cliente nel ristorante?
Raffaele Minghini – Questo non è il nostro scopo, il nostro scopo è arrivare a offrire cibo spirituale e a far star bene le persone, poi il messaggio arriva anche in base alla predisposizione personale di ognuno di noi. Ristorante JOIA a Milano
Il vostro pensiero di cucina è pressoché isolato, Alain Passard ha provato a fare la transizione vegetale, Daniel Humm la sta facendo, Enrico Crippa ha un grande focus sul vegetale ma ha dichiarato che ha necessità di tutti gli ingredienti, la cosa che mi stupisce che non c’è neanche un giornalista gastronomico che sostiene questo tipo di cucina.
Sauro Ricci – Ti rispondo in modo idealistico, penso che il futuro sia la gratitudine. Dico questo perché credo ci sia una differenza tra avere un’influenza concettuale sul tipo di cucina e avere un desiderio di produrre cibo giusto e etico, gustoso e che faccia bene, questo è il nostro desiderio virtuoso di cucina. Ristorante JOIA a Milano
Secondo voi il nostro schema di cucina composto da antipasto, primo e secondo è obsoleto?
Raffaele Minghini – No, io non lo vedo obsoleto perché ti permette di esplorare temperature, consistenze e ingredienti diversi, basterebbe semplificare lo schema introducendo all’inizio del pasto una verdura cruda totalmente decontestualizzata e condita in diverse maniere per aprire un mondo dinamico, per poi continuare con il piatto principale.
Il concetto fondamentale per noi è la società famigliare, ci sono pressioni sulla decostruzione della famiglia e sull‘individualismo, invece nella famiglia la ritualità del tempo ci porta al confronto e all’aiuto reciproco. La cucina di casa resta un fondamento anche per il ristorante, per capire che il ristorante è un’eccezione all’abitudine.
Chiudiamo l’intervista con un idea che mi sta particolarmente a cuore, inserire nelle scuole la materia di scienze gastronomiche, che non vuol dire imparare a cucinare l’amatriciana, ma imparare a conoscere quello che mangiamo.
Sauro Ricci – Noi firmiamo subito l’appello, sarebbe fantastico e ribadiamo che i tanti disturbi alimentari che sono presenti nella nostra società non si possono curare con le medicine ma con l’educazione e alla conoscenza del cibo. Ristorante JOIA a Milano
Paolo Francesco Mandelli, classe 1969, (pessima annata ) architetto e gastronomo, si occupa dei due bisogni primari dell’uomo: casa e cibo.
Ogni articolo apre la mente e ci fa pensare ,
Diamo per scontato un sacco di cose , anche il cibo , ma se ci pensiamo le grandi tradizioni sono nate proprio quando il nutrirsi non era una “faccenda “ scontata
Grazie