Di Mimmo Farina,
In questa epoca di reality show, ormai in tutti i campi dello scibile, la cucina, come tutti noi sappiamo, non fa eccezione.
Masterchef, Hell’s Kitchen, Cucine da Incubo, Top Chef, Man Vs Food, Camionisti in Trattoria, Unti e Bisunti, sono solo alcuni dei nomi che la polverizzazione dell’offerta televisiva offre, e parliamo solo del mercato italiano.
Le varie derivazioni, Australia, Usa etc etc rendono questo un filone particolarmente sfruttato ma anche remunerativo, sia in termini di ascolti che economicamente.
Oggi come oggi la perversione porta gente a offrire, come regalo di compleanno, un pranzo da Cracco o da qualche altro para-divo televisivo, prima noto solo ai frequentatori delle guide, ora noti al globo terraqueo nella sua interezza.
Se all’inizio la novità poteva avere i suoi motivi di interesse, attualmente inizia a mostrare la corda, anche perché si giunge alla banalizzazione di un certo tipo di cucina, oltre che alla spinta verso ricette e abbinamenti improbabili al fine di stupire sempre di più, a volte a scapito della commestibilità dei piatti.
Tutto questo preambolo per introdurre il film di cui intendiamo parlare oggi.
Trattasi di Il Sapore del Successo di John Wells (no, non si tratta di Gian Maria Volontè nei western di Leone), pellicola del 2011 ambientata nel mondo della cucina stellata con un buon Bradley Cooper nei panni di un Ramsay-Cracco rovinato da un ego smisurato, da droga e alcool.
Ma questo, direte voi, cosa c’entra con la filippica sui reality show culinari fatta in apertura?
Il legame è presto svelato, un po’ perché ci sono delle dinamiche narrative che richiamano, appunto, Hell’s Kitchen, un po’ perché Adam Jones (Cooper) viene più volte invitato a fare “la Tv” per rilanciarsi e lui rifiuta, con la sufficiente e necessaria dose di sdegno.
Del resto, ha passato tre anni a sgusciare ostriche in quel di New Orleans, l’equivalente culinario dell’Inferno dantesco per un due stelle come lui!
La televisione, è il sottinteso, sarebbe davvero troppo.
Ma torniamo a Adam che punta alla terza stella Michelin. Spinto da questo obbiettivo decide di provare a tornare in gioco, quindi di aprire un ristorante che sia un inno alla perfezione.
Chiede aiuto a Tony (Daniel Brühl) proprietario di un ristorante, omosessuale e innamorato, da tempo, proprio di Adam.
Questo legame affettivo, sia pure a senso unico, permette che, a dispetto dei disastri combinati in passato, il ristorante possa essere aperto.
Il team comprende anche Max (Riccardo Scamarcio) e Michel (Omar Sy), due cuochi che già in passato hanno collaborato con Jones e il vero interesse erotico del protagonista, Helene (Sienna Miller).
L’antagonista, perché anche un film sulla cucina ha bisogno di un antagonista, è Reece (Matthew Rhys) chef tristellato che ha approfittato dell’assenza del nostro eroe per diventare un “god of cookery”.
Come detto, sembra di assistere a Hell’s Kitchen, con Jones molto propenso ad umiliare i suoi collaboratori per ogni minimo errore, complice anche un carattere che definire instabile e fumantino sarebbe eufemistico, ma anche per l’approccio culinario dello stesso, poco propenso alle novità (il che per Vostro umile cronista non è detto sia per forza un male) a dispetto dei suggerimenti dei suoi sottoposti.
La “tragedia” è dietro l’angolo quando lo staff ritiene, erroneamente, che nel ristorante siano arrivati i temuti/amati ispettori in incognito della guida Michelin (in realtà due noiosi informatici), anche perché Michel rovina volutamente il piatto, in modo da vendicarsi di uno sgarro di anni addietro (espediente narrativo illogico e un po’ appiccicato a fatica, per dirla tutta, visto che sarebbe bastato dire no dall’inizio invece di faticare come un asino per mesi e vedere anche il proprio lavoro vanificato).
La corazza di Crac…ehm di Jones a questo punto crolla di botto. Tutte le sue fragilità emergono, ma saranno Helene e Reece a permettergli di riemergere. Infatti il vero antagonista non è l’altro chef ma Adam Jones sé medesimo, con tutti i suoi spigoli caratteriali, la sua boria e la sua focalizzazione su sé stesso.
Una volta venuto a patti con il suo demone interiore, Adam capisce che la forza è nel gruppo e non nella superbia del singolo.
Quando arriveranno i veri ispettori della Michelin, Jones comprenderà che l’onestà intellettuale è l’arma migliore per l’assalto all’empireo.
Tutto il resto sarà gioia ed un nuovo approccio alla vita ed alla cucina.
Un gran film, davvero!
Ma bella anche la lettura critica di questa recensione, anzi, impeccabile, complimenti al signor Farina, proprio una buona penna!