Di Fabio Riccio,
C’è un rito laico che distingue un ristorante, o almeno un posto che vuol definirsi tale, dai luoghi un po’ “così” dove si limitano a somministrare calorie, spesso dubbie, ma a buon mercato.
Parlo della annusatura del tappo, momento in cui si dovrebbe decretare se un vino sa di tappo o meno.
Il rito, come tutti i riti troppo ripetuti ormai un po’ stantio, fa però parte del gioco perchè per un certo tipo di clientela “fa molto figo”.
Sennonché, razionalmente parlando, annusare tappi e strabuzzare gli occhi al cielo con aria sognante, decretando se l’Armillaria Mellea – principale – (ma non unico) imputato dell’odore di carta ammuffita o di cane bagnato, meglio noto chimicamente come TRICLOROANILOSO, abbreviato in TCA ha colpito ancora, è quasi sempre inutile.
Ammenochè il sughero non è rovinosamente destrutturato o ridotto in polvere & detriti, dal tappo quasi sempre non si percepisce altro che un tristanzuolo odore di sughero bagnato.
Eppure, in tanti continuano imperterriti a sniffare teatralmente tappi su tappi, proprio come e più di certi camerieri avventizi da pensioncina estiva romagnola, gente che per decenni ha annusato milioni di tappi, ma senza saperne bene il perché…
Non parliamo poi di quelli che pretendono di annusare i tappi in silicone et similari, lì siamo all’apoteosi, o per meglio dire alla pura follia semifeticistica…
Però sere addietro in locale da poco aperto, in bilico tra il ristorante e la bisteccheria (avete presente quei posti dove c’è quasi solo carne alla brace dai nomi impossibili, che arriva sempre dall’altro capo del mondo?) ho avuto la sventura di incrociare una giovane cameriera che ha scoperto un nuovo metodo per capire se la bottiglia sa di tappo!
Una volta aperta (quasi per bene, lo ammetto…) la nostra bottiglia, per la cronaca una mediocre e per nulla memorabile Falanghina, con nonchalance prima ha riposto in tasca il tappo, e poi ha letteralmente ficcato le narici fin dentro il collo della bottiglia tirando su un bel respirone!
Cosa avrà cosi percepito rimane un autentico mistero, credo misericordioso.
Applauso?
In linea teorica il capovolgimento del “rito” dal tappo al collo della bottiglia potrebbe essere anche “politicamente scorretto” e/o “provocatorio, e per questo andarmi bene, però se fatto con autoironia e cognizione di causa. Non è questo il caso.
Ma… sfido anche il migliore dei nasi a percepire da una fugace annusatina dal collo di una bottiglia appena aperta la presenza di TCA o “tappo” che dir si voglia.
Annusare il tappo diciamocela tutta, fa figo, anche se è pressoché inutile, ma ficcare (per quanto si può) il naso nel collo della bottiglia è ancor più inutile…
E la professionalità, anche nell’esplicare uno stantio rito, dov’è andata a finire?
Cui prodest?
scoperto un nuovo metodo per capire se la bottiglia sa di tappo!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?