Di Fabio Riccio
Sin dal primo giorno che www.gastrodelirio.it è andato online, come linea editoriale si è deciso di non fare sconti a nessuno, anche a costo di essere politicamente scorretti.
Come spiegato in più punti nostro “manifesto” vedi – https://www.gastrodelirio.it/manifesto-di-gastrodelirio/ ci piace essere spocchiosi, antipatici, e di prendere posizione senza troppi tentennamenti… ma questo senza scadere nel pettegolezzo, nelle ingiurie gratuite e negli attacchi personali. In genere, se una cosa non ci piace, semplicemente preferiamo ignorarla.
Uno dei paletti non valicabili di gastrodelirio, è il seguire con genuino coinvolgimento quel mondo sfumato, “mondo” che non si sa’ bene dove inizia e dove finisce, del cosiddetto vino naturale, o per dirla con le parole della rossa (di capelli) giornalista americana Alice Feiring, del vino nudo…
Ergo, lo scoprire che un produttore Abruzzese, che senza dubbio si può fregiare dell’aggettivo “storico”, abbia iniziato a mettere il canonico piedino nel mondo del vino naturale, non può che far piacere, sia al sottoscritto, ma di certo anche a tutti i lettori di gastrodelirio.
L’azienda si chiama “Contesa” ed è nel territorio del comune di Collecorvino, piccolo centro collinare nell’entroterra di Pescara.
Il titolare dell’azienda è Rocco Pasetti, che è anche enologo.
Come azienda che da anni produce vino “convenzionale” (chiamiamolo così anche se il termine non mi piace…) Contesa è ben affermata sia sul mercato interno, che fuori dai confini della penisola.
Però… nonostante i successi dell’azienda, sia in termini di vendite che di riconoscimenti, qualche granellino di sabbia deve essersi infiltrato pian pianino nelle convinzioni del Rocco Pasetti enologo.
Così, un po’ alla volta, senza scossoni l’azienda ha iniziato a essere sempre più “pulita” in vigna, con metodi di allevamento diversi e votati alla qualità, e un biologico vero, non di facciata, pur se non ancora certificato.
La punta di tutto questa che potremmo definire una “nouvelle vague” di questa cantina, è racchiuso in una bottiglia: il trebbiano d’Abruzzo DOC S‘ha fatt‘ da sole (traduzione dall’abruzzese – si è fatto da solo).
Insomma… per farla breve, una delle aziende storiche del vino abruzzesi, almeno per una tipologia (il trebbiano appunto), ha iniziato a produrre (anche) un vino che si può ben definire “naturale”.
La cosa non può che far piacere. Evviva!
A questo punto i lettori gastrodeliranti si chiederanno il perchè della “comparsa” di questa tipologia di vino in una cantina, si’ ben nota, ma che fino a qualche tempo non avrebbe mai presentato sul mercato un vino “naturale” – parola che ancora per tanti eno-saccenti è sinonimo di vino pieno di difetti, e spesso “con le puzzette”, come gridano ad ogni piè sospinto tanti sommelier di provincia e periferia.
Passione?
Moda dilagante di tutto quel che è “bio” o “verde” uguale a cosa buona & giusta?
Più consapevolezza che (ormai) con i vini “convenzionali” ormai si è davvero fuori misura con le acrobazie da alchimista in cantina, tanto che non si riconosce più un vino dall’altro?
Saltare su un carro, che pur se piccolo e di “nicchia” inizia a muoversi?
La risposta a questi interrogativi non la ho, ma rimane il fatto, incontrovertibile, che visto con l’occhio di chi ormai è abituato a bere soprattutto questa tipologia di vini il S‘ha fatt‘ da sole, non è un prodotto affatto disprezzabile, anzi.
Il S‘ha fatt‘ da sole non è una di quelle furbate come certi “zero-solfiti-bio” noiosi e di ben poca personalità che, alcune grandi cantine nazionali per cavalcare l’onda “bio-qualcosa” fanno trovare sui banchi della grande distribuzione.
E’ semplicemente un vino, un buon vino fatto bene.
Vale a dire, succo d’uva (ben) fermentato, con il minimo indispensabile di intervento dalla vigna alla cantina. Punto.
E’ questa è la cosa più importante, non dimentichiamolo.
Solo così si rappresenta realmente il territorio – vale a dire… senza trucchi e belletto.
Senza perdersi in tecnicismi e paroloni roboanti per eno-iniziati, c’è da dire che il S‘ha fatt‘ da sole è un trebbiano che ha fatto tutta la sua “carriera” senza vedere nulla di aggiunto, a parte quella minima quantità di So2, per non rischiare di buttare via il tutto.
Niente lieviti non indigeni, niente filtrazioni, niente chiarificazioni etc etc, niente derivati del latte, osmosi varie – niente… e basta.
Solo ancor più igiene in una cantina già di per se pulitissima, regolari travasi, e fermentazioni in piccole botti di rovere, per poi finire affinato in acciaio, anche se (giudizio personale) un affinamento in cemento potrebbe rendere il tutto ancora più buono e complesso.
Scusate, ma non è poco…
Passando al fattore gusto & piacevolezza, secondo il metro di chi (come il sottoscritto), giudica i vini prima emozionalmente e poi con la tecnica, il S‘ha fatt‘ da sole, mi piace.
A tavola, a casa, con la giusta calma insieme ad una buona pizza, mi ha fatto stare bene. Punto.
Parliamo di un vino semplice, ma ben fatto, un vino che se troverò sulla mia strada in qualche ristorante, di sicuro onorerà la tavola.
Tralasciando un attimo di volatile e un minimo di rifermentazione che subito svaniscono, nel calice c’è da subito il vino, la sua essenza.
Ricordiamoci anche, che un tocco di “acidità volatile” – alias acido acetico – è spesso indice dell’utilizzo di lieviti autoctoni, cioè quelli che mamma natura sparge generosamente sulle bucce dell’uva, e non di quelli selezionati (in bustina e non…) che tanto amano tanti, forse troppi enologi nostrani, che moderni emuli del conte Cagliostro, usano in gran quantità – (se no, mica parte la fermentazione eh…) snaturando il sapore e i sentori del vino, omologandolo e facendo “marameo” al concetto di “terroir” con cui si riempiono la bocca perché fa’ tanto “alla page”…
Appena il tempo di ammirare il bel paglierino limpido nel calice, che sia il palato che il naso percepiscono al di là di ogni dubbio il sentore dell’acino tolto dal grappolo e masticato – un bel sentore, ancestrale lo definirei, un indispensabile biglietto da visita per ogni vino che si rispetti.
Pur in un contesto che potremmo definire di “facile beva”, dal calice emerge subito la giusta struttura, e poi tanta polpa di frutta gialla matura senza superfetazioni amare (come accade di frequente in tanti trebbiani “convenzionali”) che emozionalmente mi ha rammentato quelle belle pesche “sugose” che da piccolo rinfrescavano e addolcivano i miei pomeriggi estivi da bambino degli anni ’60 del secolo scorso.
Con i minuti, l’evoluzione da’ spazio ad un po’ più di salinità, ma anche ad un bel fondo di mandorla, (non amara) che arricchisce il tutto rendendolo più complesso…
Il S‘ha fatt‘ da sole, mi piace.
CONTESA di Rocco Pasetti & C.
Contrada Capparone 4,
Collecorvino (PE) – Italia
Tel +39 (0) 85 8205078
Fax +39 (0) 85 8205902
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Leggo con piacere di questa novità di Rocco Pasetti alias Contesa.
Forse il naturale sta andando di moda… ma se il vino è fatto con tutti i crismi, e dentro non c’è nulla di aggiunto se non la minima dose di So2 per non far crollare il tutto, lo accetto e lo bevo anche da un produttore tradizionalmente legato al vino convenzionale.
Speriamo che qualche altro “convenzionale” segua questa strada di questo (coraggioso o semplicemente dotato di “fiuto”?) produttore Abruzzese.
E… che ‘mo Rocco Pasetti si è messo a fare il vino naturale?? Se’ ‘mpazzito forse???