Di Fabio Riccio
I vini sono un po’ come le persone… forse anche un po’ come chi li produce…
Per chi ama (come me…) il misurarsi con il nettare di Bacco in modo emozionale, prima ancora che tecnico, capita a volte di trovare sin dal primo sorso il giusto affiatamento, la giusta empatia – l’amore a prima vista, insomma.
Succede, si.
Altre volte è diverso, magari al primo sorso certi vini mi sembrano antipatici o altezzosi, e non ci entro in sintonia, almeno quel quanto che basterebbe.
Invece, è solo una questione di tempo, e della giusta capacità di introspezione per assimilarli in pieno, proprio come capita con certe persone, che a prima vista ci sono antipatiche, ma che poi conoscendole apprezziamo.
Eh, si, è proprio così!
Questo è quanto accaduto qualche sera fa’, quando in casa si è deciso di aprire un bottiglia di Rosso Saverio 2011, dell’azienda Carfagna dell’isola del Giglio.
Di Francesco Carfagna e del suo emozionante Ansonico abbiamo già parlato qualche tempo fa’… vedi – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/ansonaco-isola-del-giglio-2010-azienda-altura/2014/08/
Francesco è senza ombra di dubbio un gran personaggio, c’è poco da dire, e per mia fortuna a Vini di Vignaioli a Fornovo 2014 ho anche avuto il piacere di conoscerlo personalmente, e la bottiglia di Rosso Saverio è stato un suo gentile e graditissimo omaggio!
Francesco è un “irregolare” nel mondo patinato, fighetto e “piacione” dell’enologia nazionale.
Una di quelle variabili impazzite, ma vivaddio: a me gli irregolari, quelli fuori dal coro, quelli che ragionano con la testa loro e non vogliono per forza piacere, mi piacciono!
Ritornando al tema del post, per capire questo vino a pieno ci ho messo tempo – l’ho capito solo a bottiglia ormai terminata…
Non che il vino al primo sorso palesasse difetti imperdonabili o altro, tutt’altro!
Però… a dispetto di averci pasteggiato in tutta scioltezza e senza problemi, non venivo a capo del bandolo della matassa, mi mancava quel che’ di “catalizzatore” per comprenderlo e svelarlo a fondo.
Il Rosso Saverio 2011, mi era piaciuto si’, ma non aveva smosso le mie corde sensoriali con forza come aveva fatto precedentemente l’Ansonaco, un amore a prima vista questo!
Poi… invece, qualcosa in me si è messo in moto per il verso giusto, e spalleggiato della memoria gustativa, ho riavvolto con calma “la pellicola della serata”, e ho iniziato a meditare.
Insomma… per farla breve, prima della mezzanotte, al momento di spegnere la luce e dopo il fatidico momento dell’uso dello spazzolino da denti, il Rosso Saverio era entrato di diritto nel novero dei vini che mi piacciono (molto), e ho rimpianto di non aver goduto completamente e consapevolmente quello che poteva essere un momento di pura e semplice emozione, bevendolo e apprezzandolo in pieno fin da subito.
Ingannevole è il cuore più di ogni cosa…
Forse… non troppo rosso.
Questo è il bello.
Eh… si, nonostante i principali vitigni dichiarati siano Sangiovese, Canaiolo, Grenache, Malvasia, e Moscato, dentro c’è un po’ di tutto, bianchi compresi – l’elenco sarebbe troppo lungo.
Perchè questo?
Molto semplice.
Quando Francesco Carfagna ha dato una “sterzata di timone” alla sua vita, decidendo di stabilirsi al Giglio, recuperando e manualmente restaurando con tenacia terrazzamenti e quanto altro in una impresa veramente al limite del titanico, ha solo ripristinato lo status quo della vigna tale quale come era quando l’isola era tutto un giardino ben coltivato.
Nella vigna, era a dimora già tutto quanto serviva per fare IL VINO, ma… proprio questo vino appunto.
Niente blend, concimi esoterici, e uve messe li’ a forza che non “c’azzeccano niente” come diceva un noto ex magistrato molisano, come anche Francesco, anche lui di stirpe molisana.
Dicevamo… che questo vino, nella sua interezza è quasi già bello che pronto in vigna, con una quantità di uve che stupisce per la varietà e l’equilibrio gustativo che donano una volta trasformate in vino.
Il Rosso Saverio 2011 sorprende anche per questo, per suo marciare senza compromessi davvero (visti i tempi…) in direzione ostinata e contraria.
Ve lo immaginate voi qualche “rosso” supertruciolato imbottito di sottoprodotti di falegnameria, ma con studi di marketing alle spalle, fatto da una ventina di vitigni, oltretutto piantati uno vicino l’altro nella stessa esatta parcella di vigna?
Io no.
Rosso Saverio: niente roboanti intromissioni, niente enologi superstar, ma
solo il gran “manico” di chi lo fa’, e l’accortezza di vendemmiare i vari vitigni con i loro peculiari tempi di maturazione, per poi andare insieme in cantina.
Un rosso non tanto rosso dicevamo…
Eh si, e specialmente da giovane (quello assaggiato in casa Gastrodelirio è un “ragazzino” – il 2011).
Sin dal primo afflato oltre un bel rosso forse un attimo scarico, porge belle note marmellatose quasi come fosse un bianco, con un floreale precisino precisino ma anche cocciuto, con tanta frutta rossa, un netto sentore di viola e un fondo di pervinca da far crepare d’invidia la profumeria Fragonard di Grasse.
La struttura del vino, visto che parliamo di un 2011, non è ancora possente quanto potrebbe e dovrebbe, ma l’armatura già la si intravvede chiaramente, e i 14° di alcol in bocca non si avvertono quasi, sorretti come sono da una giusta freschezza, e da una nota salina che mi ha ricordato certi bianchi del Carso.
Persistenza e fruttato in bocca si rivelano da subito notevoli, e i tannini si sentono ma senza scombussolare il tutto, e in virtù di questo credo (e spero) che questo vino avrà tutto da guadagnare negli anni a venire, almeno per quelle bottiglie che (non stappate prima…) riposeranno qualche anno nelle cantine dei privilegiati possessori.
Non è un rosso qualunque, anche qui come nell’Ansonaco mostra molto i muscoli la gran componente di territorialità, che qui fa’ pendant con il sole e i profumi il mediterraneo.
Alla resa dei conti, dopo le varie e dovute piroette evolutive nei calici, il Rosso Saverio si rivela davvero prodigo di emozioni complesse, mai banali o stereotipate al naso e al palato, e (suppongo…) potrebbe perfino riuscire a piacere a certi spocchiosi palati non avvezzi a questo modello di enologia, da loro considerata “eretica” o nel migliore dei casi “dilettantistica”.
Certo, il Rosso Saverio 2011 è un vino che si palesa con molta più riservatezza del suo coinquilino di vigna Ansonaco, ma a parte questo, non ha proprio nulla da invidiargli per la gran dose di emozioni che comunica a chi lo beve che, ricordiamolo, sono la cosa più importante quando si stappa una bottiglia.
Tutto il resto è solo inutile brontolio da enofighetti firmati (o presunti alternativi) di periferia con i canonici paraocchi sempre montati. Stop.
Anche qui non mi dilungo in dettagli tecnici, c’è chi è più bravo di me a farlo, se non per dire che in cantina e in vigna si lavora nel modo più naturale e rispettoso possibile.
E’ il modo che mi piace.
E’ il modo di lavorare che vorrei in tutte le cantine.
Non è poco.
Forse un sogno.
Per chi ne vuol sapere di più “tecnicamente”… un occhio a questi link.
Anche il Rosso Saverio non costa poco, ma pure qui sono soldi spesi bene.
Le piccole e ostinate gioie che questo vino prodiga, vanno tutte dritte al cuore, semplicemente, senza mediazioni, sta a chi lo beve leggerle nel modo giusto!
Azienda Agricola Altura
Tel. & Fax +39 0564 806041
altura@arcobalena.net
Località Mulinaccio
58012 – Isola del Giglio (GR) Italia
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?