Si, vabbè, la gioventù aiutava queste performance, ma mangiare due pizze di seguito non mi era affatto difficile, anzi, per qualche tempo è stata la norma.
Un aneddoto: nel lontano 1981 la famosa Zia Esterina (Sorbillo), quella vera in carne, ossa e pungente ironia, non il pur ben indovinato brand che è adesso, nel suo microlocale in Via dei Tribunali a Napoli in una sera estiva alla mia richiesta di una seconda margherita mi apostrofò così: giuvinò… ma che tenite ‘o sfunno?
Espressione dialettale napoletana diretta ai gran mangioni che (scherzosamente) ipotizza l’esistenza di un foro di scarico extra, diretto, dall’intestino verso l’esterno, bypassando le tappe intermedie…
Il ricordo di questo ha incominciato a frullarmi per la testa.
E… allora, mi sono chiesto, perché ora faccio fatica a mangiarne una di pizze?
Sarà l’età? quando mangiavo due pizze
Saranno i sensi di colpa con la bilancia?
Il dietologo incombe?
Nulla di tutto questo
No: la “colpa” è equamente distribuita tra la ormai consolidata prassi che prima di mangiare una pizza prevede non un piccolo assaggio, ma una raffica di caloriche “entree” tipo frittatine, patatine, montanarine, crocchettoni e chi più ne ha più ne metta (che piacciono molto pure allo scrivente!), e poi perché nella maggioranza dei casi le pizze, finanche la Margherita, sono diventate molto più ricche di condimenti.
Forse troppo…
Esaminiamo il caso di una “sana” pizza Margherita, mangiata al piatto, mettendo sul piano della bilancia com’è generalmente oggi, e come era quaranta anni addietro (eccezioni escluse)
I panetti di impasto sono gradatamente aumentati di peso, fino a raggiungere i trecento grammi, non più il limes invalicabile di un tempo.
La quantità di pomodoro (ove presente) mediamente è la stessa, mentre la parte casearia è esponenzialmente aumentata.
Tralasciando i casi (al tempo…) di quelle pizzerie che proponevano con un sovrapprezzo la ambitissima doppia mozzarella, segno di raggiunto status sociale per chi la richiedeva, i pezzettini di latticino nelle margherite erano pochi e minuscoli, tanto che se per caso ne capitava uno un attimo più grande lo si tagliava in due per avere più bocconi con il gusto completo della margherita…
E… ora?
Entrando anche nell’ottica che nel nuovo millennio si utilizza la pizza come trampolino per accostare sapori e fare cucina (in alcuni ottimi!), nell’anno di grazia 2023 sono davvero poche le pizze che consentono all’affamato di turno di fare il bis.
Restano, sole o quasi le varie declinazioni della Marinara e la Cosacca, che (se il panetto dell’impasto non è esagerato) nella loro essenziale linearità raccontano meglio di mille parole che solo con pochi e indovinati ingredienti, ma magicamente accostati, si lascia campo libero al genius loci del gusto, quello vero.
Ergo, non vedo il bisogno di sommergere ad ogni costo stomaci e pizze con pleonastiche dosi di condimenti.
Rivendico il mio diritto al bis!
quando mangiavo due pizze
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
confermo! anche se in verità la margherita al filetto e bufala del Maestro Enzo Coccia – evitando fritti e compagnia bella – ancora mi fa venire voglia del bis come circa 30 anni fa!