Di Fabio Riccio,
Non amo molto i social, ma Twitter è diverso.
Il limite dei pochi caratteri mi ammalia.
Per un logorroico non redento, è un esercizio di concretezza…
Ieri, sul “rullo” di chi seguo, l’attenzione è finita su un tweet (non ricordo il titolo preciso – perché rimosso) dove si chiedeva all’universo dei cinguettanti quale bevanda è meglio con la pizza, alias birra o vino.
Pur essendo estimatore del mondo della birra (artigianale & made in Italy) senza indugi ho risposto che preferivo il vino.
Bene.
A prima vista chiedere che vino sta bene con la pizza potrebbe sembrare una domanda intelligente e un bello spunto per discussioni… ma non è proprio così.
Sempre nell’ambito dell’essere politicamente scorretto, e senza mezzi termini, la trovo una domanda insensata, mal posta a voler essere buoni…
Dichiarare come hanno fatto tanti, che un tal vino (spesso inteso “genericamente” – i.e. Barolo, Sangiovese, Nero d’Avola etc etc) con la pizza è il meglio, perdonatemi il termine, è semplicemente aria fritta, o quantomeno superficialità. Stop.
Meglio quei pochi che hanno dichiarato che amano bere con la pizza solo un tal preciso vino, di una certa cantina, e non genericamente “un rosè”, un bianco così o colì, uno Chardonnay o un rosso meridionale etc etc, aggiungendo così benzina sul fuoco dei luoghi comuni enologici e della superficialità.
Ragazzi… ma come si fa ad essere così approssimativi?
Avete per caso fatto iperdosaggio di pseudo Cooking Show televisivi dove il “marchettaro” di turno con calice & giacchetta, sputa eno-sentenze di una vaghezza imbarazzante?
Accostare un vino a una pizza è arduo.
Già con il cibo è difficile, ma almeno esistono più piatti ben codificati dalla tradizione che sono dei punti fermi. Se ben eseguiti, rendono possibile il prevederne i sapori, e di conseguenza i vini che si potrebbero accostare.
Di pizze invece, in giro ce ne sono tante e molto differenti tra loro.
Sulla pizza ci si mette di tutto, quindi ogni pizza avrà un suo peculiare profilo gustativo-sensoriale molto diverso – partiamo da questa ipotesi.
Sembrerà strano, ma dalla pizza arrivano infinite complessità gustative e aromatiche diverse, che senza improvvisarsi per forza come redivivi Veronelli, logicamente richiederanno vini con caratteristiche diverse, spesso molto.
Poi… come già detto, sulla pizza ci si mette di tutto, ricordatelo, per non parlare delle varie “scuole di stile regionali” (sulla pizza appunto) che si sono affermate in Italia.
Anche di vini in giro ce ne sono un’enormità, e la varietà di quello che possono offrire a palato e gola è variabile per mille e più motivi, e per fortuna!
Anche qui, e facendo un paragone con il mondo della pizza, le differenze sono infinite, e ancor di più infinite lo sono se consideriamo che (spesso) dallo stesso vitigno, magari anche nel medesimo territorio, si ottengono vini del tutto diversi, e non solo per le annate.
Pizza e vino sono due mondi che hanno in comune le infinite sfaccettature.
Il connubio perfetto tra i due è impresa impossibile, ci si può solo avvicinare.
In mia modesta opinione, e da buon “Savonarola”, per accoppiare felicemente cibo & vino, certi assiomi di un certo tipo di enogastronomia saccente e sempre attenta a non superare certi steccati, sono solo & semplicemente da buttare alle ortiche. Stop.
Io per esempio, la frittura di pesce, la accosto anche a certi rossi, come ho scritto qui – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/perazzelle-2013/2015/10/
Inorriditi?
Il miglior consiglio è sempre quello di fare come vi suggerisce l’istinto, compreso (se è il caso…) quello di mangiarvi una bella quattro stagioni pasteggiando con del succo del frutto della passione… basta che si è contenti, e che in bocca non succedano catastrofi!
La domanda quale vino bere con la pizza è troppo generica, davvero.
Aria fritta. Stop.
Un antico uso campano (la pizza è stata inventata a Napoli – punto) raccomandava di mangiare la pizza con il vino “Asprinio”.
A parte il fatto che di asprinio in giro imbottigliato se ne vede davvero pochino, e fuori della Campania non è troppo agevole trovarlo… questa perla di “saggezza popolare” si riferiva solo a quel paio di tipi di pizza che più di un secolo fa esistevano, alias quelle basilari, alias margherita e marinara…
La pizza si è evoluta, ha lasciato il porto sicuro della Campania e, pur conciata e malconciata in tutti i modi possibili & immaginabili, ha invaso il mondo, diventando sì un “brand” internazionale, ma nella maggioranza dei casi anche un qualcosa di molto lontano da quello che dovrebbe essere.
Come ho già scritto tempo fa in un articolo sul panettone vero – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/panettone-vero/2015/12/ Napoli e Milano una cosa in comune di sicuro la hanno: l’aver mandato in malora una eccellenza gastronomica locale, lasciandola trasformare in mille modi (apparentemente) creativi, ma in realtà molto lontani da quello che era il prodotto originale, Panettone e Pizza appunto.
Ora, e non per sembrare ancor più irritante e spocchioso di quanto sono, (e lo sono…) e mettendo sul piatto il mio incondizionato “bias” verso il variegato mondo dei vini naturali, in quest’ottica propongo una ipotesi di accostamento tra tre vini (Fiano) e le pizze di tre pizzaioli di notorietà nazionale, per vedere (limitandoci ad un solo tipo di pizza, la Margherita) le variabili che ne possono scaturire.
Per i Vini (tutti produttori in qualche modo riconducibili al mondo del “vino naturale”: cliccando sul nome c’è il link dove potete leggere gli articoli a riguardo…) – Facciamo l’esempio del Fiano –
Fiano di Ciro Picariello – interpretazione basilare ma impeccabile del terroir, pochi fronzoli per un Fiano da manuale, anzi: l’essenza stessa del Fiano.
Fiano Sophia della Cantina Giardino – estremo già dal colore per i palati omologati e abituati alla sterile ricerca delle perfezione, ma assolutamente adorabile e complesso come pochi altri. Un piccolo grande capolavoro in bottiglia.
Fiano Sancho Panza di Zampaglione – altro Fiano-capolavoro, un attimo meno estremo del Sophia, ma anche lui con una personalità da sballo, e peculiarità che non si trovano in altri Fiano.
Tre Vini Irpini, tre interpretazioni molto differenti del medesimo vitigno nella stessa zona, ma anche tre vini molto diversi e difficilmente omologabili a un unico modello.
Quasi certamente, uno dei tanti “campioni del mondo” di assaggi alla cieca avrebbe grandi difficoltà a credere che sono vini del medesimo vitigno, e dello stesso ambito culturale-territoriale.
Quindi… se sento ancora qualcuno che mi dice che lui la pizza l’accompagna SOLO con il Fiano gli rifilo una buona dose di bastonate sul metacarpo!
Per le Pizze (Margherite):
Lievito madre a mare di Ciro Sorbillo a Napoli – Pizza a ruota” trabordante dal piatto, uso (credo) non integrale del lievito madre (criscito) e piccole “finezze” come i tocchi di provola tra la mozzarella per dare slancio al pentagramma gustativo orientato a un equilibrio tra un sentori di acido e di sapido.
50 Kalò di Ciro Salvo a Napoli – Pizza da manuale, stile più “compatto” nel piatto, e impasto “elastico” ad alta idratazione, ma con il miracolo di non essere gommosa. Gusto più tradizionale, tendenza acida dell’impasto quasi assente.
Sforno di Stefano Callegari a Roma – La quintessenza della (nuova) scuola della pizza a Roma. Un mago dell’impasto, ma anche colui che senza clamore prova a imporre qualcosa di diverso dal modello imperante nella capitale della “scrocchiarella”. Gustativamente cerca l’equilibrio tra impasto e condimento, riuscendoci molto bene.
Tre pizzaioli, tre modi di fare pizze diversi… in comune solo il nome (e forse la forma) – La Pizza.
Tre vini molto diversi, con tre vignaioli esperti che pur nell’alveo di una comune idea di fondo, fanno vini estremamente diversi… in comune solo il nome: Fiano.
E allora, visto che sotto il medesimo nome si possono trovare cose diversissime e dal profili gustativi lontani… c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di dire che con la pizza io ci bevo solo un “certo vino” magari limitandosi alla sola discriminante del solo colore?
Perché erigere steccati che si trasformano subito in luoghi comuni così superficiali?
Quale vino bere con la pizza?
Cui prodest?
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Pizza Margherita con fior di latte (non bufala)… buona solo con il Fiano di Picariello a temperatura ambiente, ho pochi dubbi a riguardo!
Interessanti e vere le considerazioni.
In questa ottica elaborata ma corretta, anche il sottoscritto sceglie il vino vedendo che pizza si mangerà.
Se c’è una buona margherita con fior di latte, cerco sempre vini bianchi di buona mineralità, come il Fiamo di mastroberardino, oppure il Gewurztraminer di Maso Poli che è una mia piccola passione
Saluti