Ero convinto di essermene liberato, sembrava scomparsa…
La pizza al carbone vegetale.
Un qualcosa che non fa male (neanche bene poi…), ma che è assolutamente inutile per l’umanità se non, e discutibilmente, dal punto di vista estetico.
Detto all’inglese, che fa più figo, activated charcoal pizza dough
Per carità, corsi e ricorsi nelle mode ci sono sempre stati, ma non mi aspettavo che solo dopo 7 -10 anni dalla sua effimera comparsa la pizza al carbone vegetale tornasse in auge.
Di questa dimenticabilissima e deleteria moda di ficcare carbonella dentro ogni cosa che lievita (anche pane e prodotti da forno) e oltre, leggi mozzarella, gelati e creme varie, noi di Gastrodelirio al tempo ce ne siamo già occupati leggi – qui, qui, e qui…
L’aggiunta di carbone vegetale attivo, meglio noto come colorante E 153 dona sì colore nero a quel che viene aggiunto, ma dal punto di vista sensoriale è ininfluente, perché questa sostanza è inodore e insapore.
Punto.
Ripeto: il carbone vegetale non odora di nulla e non sa di nulla, oltretutto legalmente, l’ E153 è classificato negli additivi, e il suo utilizzo come colorante per gli impasti delle pizze è decisamente dubbio, e legalmente soggetto a contrastanti interpretazioni.
Quindi, quando leggo su noti e seguitissimi siti che si occupano di sapori e gastronomia articoli che lodano i particolari (de che?) sentori degli impasti delle pizze impapocchiate con il carbone vegetale attivo, dubito fortemente sulla preparazione tecnica di chi scrive tali corbellerie.
Anche i presunti effetti benefici alla digestione e all’organismo (leggi meteorismo) sono quasi “bufala”, perché per avere risultati minimamente tangibili, bisognerebbe letteralmente ingozzarsi di prodotti colorati di questa sostanza, con conseguente overdose di carboidrati…
Ma al di là di leggi e regolamenti, e della possibilità legale (o meno…) di utilizzare l’ E153 per colorare gli impasti, lascia sgomenti la vera e propria resurrezione di questo prodotto, utilizzato come un mero specchietto per le allodole.
A fronte di costi irrisori, fa aumentare il prezzo del prodotto finale, poi, e questo è il caso più frequente, distrae il consumatore dalla sensorialita di quel che mangia, spostando (furbescamente) l’attenzione sull’aspetto cromatico a scapito di quello sensoriale.
Ma c’è proprio bisogno di mezzucci come questo per rendere più interessante una pizza?
Aspetto con ansia una bella pizza al Puffo, alias azzurina.
Magari, qualcuno l’ha già fatta…
P.S. – Mai fatto caso al fatto che nelle pizze imbottite di carbone vegetale è anche più difficile stabilire se ci sono bruciacchiature o meno?
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Il carbone vegetale NON è un carboidrato…. In chimica si chiama “carbone attivo”… Viene trattato chimico/fisicamente per trattenere impurezze e quant’ altro… Viene utilizzato anche per filtrare e purificare le acque potabili… NON viene aggiunto per dare gusto o altro; se ti informassi, sapresti che il Jack Daniel’s viene “filtrato”, dal 1800, attraverso un bagno di carbone… Grazie