Di Fabio Riccio
Il vino prima di tutto è emozione, e non solo scienza o perfezione come con non celata arroganza proclamano certi (presunti…) esperti che antepongono alle emozioni la “fredda” ricerca formale della perfezione, perfezione… presunta, perchè stabilita da canoni discutibili, scritti più con i fogli Excel che con il cuore.
Si: parlo di certi canoni ufficiali, proprio quelli che tanto vanno per la maggiore.
In mia opinione, è l’impatto emozionale l’unico che dialoga in linea retta con la nostra memoria, l’unico che riesce ad incidere nel tempo, l’unico che urla davvero al cuore…
Quando si apre una bottiglia, non soltanto si da la stura al risultato del lavoro del produttore, ma si da’ spazio a un coacervo di sensazioni che stimola e arricchisce le corde più profonde della memoria…
Ripeto questo concetto per l’ennesima volta, anche perché sere fa’ in enoteca, uno dei miei osti di riferimento, mi ha proposto come “bottiglia della serata” Pinot Gris 2012 di Gerard Schueller, un vino appunto che fin da subito si è “inciso” indelebilmente nella mia memoria emozionale.
Non tutti i vini ci riescono.
La bottiglia fisicamente è una Alsaziana (credo) – parente stretta delle Renane ma dalle misure un po’ diverse, quanto basta per non farle uguali a quelle “teutoniche” dell’altra riva del Reno.
Come sempre qui su gastrodelirio, si racconta di un “vino naturale”, termine sfumato e che include e esclude molte ma molte cose…
Ma prima di tutto una premessa: questo è un vino che non piace a tutti, e non vuole piacere a tutti.
Se… siete abituati ai vini fotocopia che non escono mai dalle righe, oppure a quelli dove sapori e sensazioni sono così atrocemente uguali e scontati da essere eterei… beh, chiudete questa pagina. uscite da www.gastrodelirio.it, e se mai vi è passato per la testa, abbandonate l’idea di comprare una bottiglia del Pinot Gris 2012 di Gerard Schueller
Perchè questo?
Perchè Bruno Schueller (figlio di Gerard il padre fondatore) non è tipo da facili compromessi, non fa’ sconti a nessuno.
Fa’ vino della casa nel miglior senso del termine, come piace a lui, tutto il resto è fuffa. L’azienda è tutta convertita al biologico e al biodinamico, pur se non ancora ufficialmente certificato. In cantina e in vigna si lavora assolutamente senza interventi.
Nessuna aggiunta di solforosa, nessun controllo della temperatura se non quello che madre natura fa’ già da se’, nessun travaso e tantomeno filtrazioni…
L’eleganza intrinseca di questo vitigno di casa nelle colline alsaziane, viene fuori semplicemente lavorando bene. Stop.
Il benvenuto nel calice lo da’ il bel colore giallo dorato che piega verso sono toni un attimo più scuri, torbido quanto basta per far balzare subito dalla sedia al lavandino il famoso “Sommellier AccA” sempre a caccia di difetti.
Al naso è subito tagliente, limonoso con note di acetone, vernice ma anche di tanta frutta gialla matura, albicocca, mela acerba e sottobosco.
Oltre questo, si nota nitidamente che è un vino dove il produttore ha volutamente scelto di giocare le sue carte (bene) sull’ossidazione e la forte mineralità.
Al palato “raspa” con una acidità esuberante, forte, fortissima – mi piace, mi piace così.
Qualche indizio di volatile c’è, e persiste.
Però… qui ritorniamo alla solita filastrocca.
C’è chi di volatile non ne’ vuol neanche lontanamente sentir parlare, c’è chi invece (come nella scuola di pensiero degli assaggiatori d’oltremanica) la ritiene non un difetto, ma un aiutino alla facilità di beva.
Il sottoscritto concorda con i sudditi di casa Windsor.
Qualunque sia l’idea di partenza, mi affascina sempre “incappare” in vini che come questo, vini che enfatizzano fino al parossismo il concetto di “terroir” con una interpretazione del vitigno lineare e senza distorsioni, e cosa più importante, senza espedienti da “piccolo chimico”.
Questo agire, in certi casi crea gustativamente e olfattivamente note dissonanti, ma per questo anche affascinanti, note che concorrono a plasmare personalità del vino, che è la cosa che più di tutti incide nella memoria di chi beve, almeno chi lo fa’ senza pregiudizi e verità precostituite da enofighetto firmato da capo a piedi o presunto alternativo di provincia e/o periferia.
Ed ecco che quando la bottiglia è sulla strada d’esser vuota e la vera e propria festa di sensazioni volge al termine, e già se ne sente il desiderio di una altra, arrivare la forte persistenza che “tiene duro” e da’ il tocco finale per archiviare nel novero delle belle scoperte (da riprovare!) questo vino.
L’impressione complessiva di tutto l’insieme, è ottima, e il bel ricordo persistente al naso e al palato fa’ da pompiere al non esagerare con l’alcol.
Siamo sempre di fronte a un vino da 14,5° di alcol!
Degustato insieme un salume “povero” come la coppa di testa, ma anche con mortadella e formaggi “di peso”, il Pinot Gris 2012 di Gerard Schueller ha sfoderato in tutta nonchalance il suo esuberante carattere, oserei dire tutta la sua storia che viene da molto lontano, in queste terre nei secoli contese tra Francia e Germania.
Per la sua struttura che attraversa trasversalmente le categorie precostituite, il Pinot Gris 2012 di Gerard Schueller è a mio avviso un vino che si può bere in qualsiasi occasione, da solo meditandoci su’, o per accompagnare un ventaglio di sapori decisamente ampio.
Provare per credere!
Bruno Schueller
1 Rue des Trois Châteaux,
68420 Husseren-les-Châteaux (sud-ovest di Colmar)
Alsazia, Francia
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?