Di Fabio Riccio,
Roma, Via del Lavatore N° 91.
Due passi dalla Fontana di Trevi, monumento così universalmente noto che… qualcuno ha persino pensato di metterla in vendita!
Uno dei luoghi più gettonati della capitale e forse dell’intero pianeta, perennemente invaso da orde di turisti.
Pochi, frettolosi e ben mimetizzati i romani in giro per quelle strade.
Quando ci sono attrattive “di rango”, tutt’intorno c’è sempre il solito “Circo Barnum” di una miriade di locali & localini mangerecci con proposte gastro-culinarie imbarazzanti, per non dir peggio…
Di questo, a Roma, noi di gastrodelirio ce ne siamo occupati anni addietro, vedi – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/armando-al-pantheon/2014/07/.
Chi, nel centro del centro di Roma cerca un posto decente dove ristorarsi senza perforarsi l’intestino o rischiare una lavanda gastrica, quasi sempre è in seria difficoltà.
Invece… in uno dei miei recenti bighellonaggi nel centro della capitale, ho finalmente trovato una piccola oasi di civiltà del cibo, nello specifico una pizzeria, che è anche ristorante.
Il Piccolo Buco, pizzeria.
In nomine omen! – Piccolo per nome e dimensioni, ma senz’altro grande per la qualità offerta.
Una mosca bianca, almeno in questa zona della capitale.
Su Roma, e sul suo modo di intendere la pizza negli ultimi tempi se ne è parlato anche troppo.
Il rapporto tra Roma e la pizza sta mutando.
Si sta consolidando in molte pizzerie uno stile che pur se “romanesco”, rigetta lo stereotipo della scrocchiosa & sottile (la pala romana è altro).
Stile, che per impasti e consistenze, si avvicina alle tentatrici morbidità di scuola campano-napoletana.
Dicevamo… il Piccolo Buco.
Pochi metri quadri ben disposti, posizione felice, forno a legna del 1916 in perfetta forma, e cosa più importante due idee ben precise portate avanti con intelligenza e perseveranza.
In primis la ricerca della qualità assoluta per tutto quel che arriva sui tavoli, e poi c’è quella che è una sorta di “mission impossible”, cioè… riportare i romani a mangiare nel cuore di Roma.
Luca Issa (ne ri-sentirete parlare) patron del Piccolo Buco, è un giovane dai modi gentili e dalle idee chiare.
In controtendenza rispetto ai tanti e ben redditizi “mangifici per turisti farlocchi” che pullulano in zona, ha scelto la strada della qualità, assoluta oserei dire.
I risultati gli danno ragione.
Così, ecco una pizzeria di qualità in ogni dettaglio, dal servizio al tovagliato, passando per l’interessante carta dei vini e la scelta dei dessert, per di più nel bel mezzo del quadrilatero turistico più gettonato della città eterna.
Una boccata di aria fresca e pura per i sensi…
Location a parte, e prima di avventurarmi nel discorso “gusto & bontà”, voglio però puntualizzare che il Piccolo Buco è un covo di canottieri.
I canottieri dell’anno di grazia 2017, non sono forzuti vogatori o sportivi benestanti affiliati a circoli esclusivi.
Sono un “movimento” di pizzaioli, in gran parte operanti nell’area casertana che guarda verso Napoli (ma non solo), che hanno “rilanciato” il cornicione della pizza soffice e alto, qualche volta però esagerando.
Tuttavia, esteriorità a parte, i canottieri nel loro far andare “di moda” questo tipo di pizza, hanno un merito non da tutti notato, che è quello di aver messo sotto la lente d’ingrandimento la qualità dell’impasto, partendo proprio… dal cornicione.
Si: perché proprio il cornicione, almeno nelle pizze che lo posseggono è la cartina di tornasole che decreta la bontà o meno di un impasto.
Un impasto mediocre in una pizza dal cornicione “alla canottiera”, balza immediatamente all’occhio, anzi, di più: anche a naso e palato.
Mai fatto caso?
Sulla mia strada ho incrociato troppi impasti modesti o platealmente sbagliati, dissimulati o per meglio dire celati sotto una valanga di condimento che copriva anche lo spazio destinato al cornicione.
Una buona pizza, oltre ad essere salubre e ben cotta, deve sempre e comunque un qualcosa dove il dialogo tra l’impasto e il condimento è presente, riconoscibile ed armonico. Stop.
Un cornicione inesistente, oppure ridotto ai minimi termini, pur se (misteriosamente…) cosa gradita a tanti, al sottoscritto puzza sempre un po’ di furbata per distrarre l’attenzione dalle magagne dell’impasto…
Come tutte le mode prima o poi anche i canottieri finiranno nel dimenticatoio e i cornicioni torneranno alla normalità.
Ma come accade per tutte le mode (spero…), anche loro ci lasceranno qualcosa, che mi auguro sia la maggiore attenzione per quanto riguarda gli impasti.
Canottieri a parte, le pizze del Piccolo Buco brillano non solo per il bell’impasto, ma anche che per la qualità di quel che ci si mette sopra.
Però, partiamo dall’impasto.
Un mix di farine per panificazione (più del farro…) dell’ormai famoso Mulino Marino (per capirci, quello che fornisce Gabriele Bonci).
Lievitazioni & maturazioni molto lunghe e, cosa da far gridare all’anatema qualche pizzaiolo classico di Napoli e dintorni, anche un filo d’olio al suo interno.
Nonostante l’olio nell’impasto, il tutto alla prova dei fatti si dimostra ben riuscito, gustoso e ben palatabile.
Niente “straccetto bagnato” al centro, niente flaccidezze o sottigliezza di troppo e la cottura, impeccabile, è a prova di “smembramento del cornicione”.
Per intenderci, quella che noi “pizzofili” pratichiamo per osservare se l’alveolatura è corretta.
Quello del Piccolo Buco è un gran bell’impasto, elastico e suadente, ma con il bonus di quel cenno di croccantezza sul cornicione che ci sta proprio bene, giusto per rammentarci che il Piccolo Buco è a Roma e non a Napoli.
Già questo sarebbe tanto, ma come detto prima le pizze del Piccolo Buco si differenziano anche e sopratutto per la scelta degli ottimi prodotti per i condimenti.
Nel menù, per ogni pizza non solo si precisa l’origine del prodotto.
In più casi è indicata in dettaglio anche l’azienda produttrice, come nel caso dei pomodori dell’Agricola Paglione di Lucera (FG), o il profumatissimo origano dell’Etna Viola di Pedara (CT)
Una selezione certosina quella di Luca Issa, che mostrando una buona conoscenza della sintassi del gusto, si diverte a creare accostamenti indovinati e mai banali da far invidia a piatti “titolati” di molti ristoranti.
Se siete nel cuore di Roma, andate pure al Piccolo Buco.
Troverete qualcuno con una bella idea di “pizza” a resistere e vincere la sua scommessa, oltre a bearvi per il bello e la storia che trasuda da ogni dove nel centro di Roma…
Un’ultima nota prima di chiudere.
Per mia onestà intellettuale voglio dedicare un “bravo!” all’impeccabile pizzaiolo Mohamed Nabil.
Si: è proprio lui quello che materialmente prepara e inforna le pizze, ed è proprio bravo, onore al merito!
Piccolo Buco
Via del Lavatore, 91
00187 – Roma
Chiuso il lunedì
Tel . 06 6938 0163
http://pizzeriapiccolobuco.it
pizzeriapiccolobuco@gmail.com
Consigliata la prenotazione
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?