Di Fabio Riccio,
Solennemente dichiaro che mi piace il pecorino (formaggio) in tutte le sue declinazioni (l’omonimo vino è altra cosa).
Adoro i sentori particolari, ancestrali direi, che accompagnano i prodotti caseari a base di latte ovino, sentori che regalano perfino a un palato abbastanza “smaliziato” complessità gustative non da poco.
Non se ne abbiamo a male i bovini, ma io la vedo così!
Più di tutti, e già da tempi non sospetti mi piace il Pecorino Romano, specialmente quello ben stagionato che quando mi capita a tiro, grattugio in dosi industriali su tutte le pastasciutte di casa.
La morte sua direbbe qualcuno…
Ma… c’è un “ma”.
Ora, e non per fare come al solito il secchione, prima di tutto ci sono pecorini e pecorini, e poi, che la stragrande maggioranza dei formaggi marchiati come “Pecorino Romano” (anche DOP) come ben indicato nel disciplinare di produzione che trovate Qui, sono prodotti fuori del Lazio.
Sorpresi?
Semplificando il tutto, e sorvolando anche sul fatto che dal 2010 Lazio, Sardegna e provincia di Grosseto hanno ottenuto un ulteriore logo di distinzione geografica, rimane il fatto incontrovertibile che la maggioranza dei Pecorini Romani DOP sono prodotti in Sardegna, e qualcosa anche in provincia di Grosseto.
Oddio… diranno i lettori gastrodeliranti, ma se è fatto altrove, come diavolo è che è marcato & denominato Pecorino Romano?
Semplificando al massimo – ragioni storiche, la profusione di ovini & pastori in Sardegna e lo spopolamento delle campagne del Lazio durante gli anni del “boom economico” hanno fatto si che proprio nel Lazio quasi nessuno più producesse Pecorino Romano rispettando tutta la filiera, dall’erba alla pecora, dal caseificio alla forma pronta e marchiata per la vendita.
La DOP del Pecorino Romano, quando è stata stilata, non ha fatto altro che fotografare e “irregimentare” uno stato di fatto. Punto.
Ora, lo scoprire che qualcuno con saggia lungimiranza prova a rimettere in moto nel Lazio la filiera del Pecorino Romano DOP, e oltretutto a due passi da Roma, non può che fare piacere.
Questo non per sminuire la bontà dei Pecorini “Made in Sardinia”, anzi, ma solo perché non mi sembra filologicamente giusto che nella culla di un prodotto (i.e. il Pecorino Romano) non si produca più lo stesso.
Tornando al Pecorino, l’autore di questo encomiabile “risorgere” (permettetemi il parolone) della filiera del Pecorino nel Lazio è l’Azienda Agricola Giansanti.
Conosco e apprezzo già da tempo Giansanti per il loro magnifico Parmigiano.
Inoltre, con Marina Di Muzio più volte ci siamo incrociati in giro per l’Italia a Cooking for Art, la manifestazione organizzata dalla Witaly di Luigi Cremona, ottima occasione (anche) per assaggiare i loro prodotti, e per officiare il piccolo e personale “rito” del fare una piccola provvista del loro buon Parmigiano.
A Milano a fine novembre, alle eliminatorie per il nord Italia di Cooking for art 2016 oltre al parmigiano, ho adocchiato anche la novità della preview del pecorino romano DOP Giansanti, che ho comprato e portato a casa.
2016, gennaio
Impegni molteplici, frigo gremito, il Pecorino Giansanti ancora attende di essere assaggiato.
Arriva il giorno giusto.
Da buon gastrogoloso lo spacchetto in anticipo, deve respirare!
Ci fosse un qualche “decanter” per formaggio, lo userei molto volentieri!
Però… di questo pecorino non so quasi nulla, ne’ la razza degli ovini ne’ come si lavora in caseificio.
Meglio, mi informerò solo dopo averlo assaggiato.
Nessuna soggezione, nessun preconcetto, nessuna aspettativa.
Solo il mio gusto, le esperienze di assaggio, e il mio palato.
Una sfida.
Ereticamente, e sbarazzandomi senza rimorso del “protocollo consolidato” del provetto assaggiatore di formaggi, decido di seguire cuore & istinto, così prima di tutto lo osservo, ma non solo: lo tocco anche.
Dita appena unte, bene.
Non è usuale per me, sono tattilmente idiosincratico verso i grassi in genere, ma stavolta faccio un’eccezione.
E’ importante l’aspetto palpabile di ciò che mangio, tastandolo direttamente o di riflesso, tramite le posate.
Il colore (non carico) è un bianco un attimo paglierino, ma forse è solo perché non sono sotto la giusta illuminazione.
Crosta sottile, eterea quasi.
Difetti al tatto e alla vista non ne vedo, mentre al naso ostenta da subito un bel sentore lattico, fresco, accompagnato da erba tagliata ed erba fermentata.
Aspetto ancora, niente fretta.
I sentori erbacei si accentuano, mentre non c’è traccia di quei sentori para-petroliferi di certi pecorini, diciamo così… “da battaglia”.
Meno male.
E’ il momento del palato…
Lo taglio.
Ereticamente (sempre) e senza il coltello a mandorla (non lo trovo più – sic!) opto per un dozzinale coltello da cucina, di quelli con rettile mordace come logo.
Pezzettino di tre millimetri di spessore.
Anche all’interno si presenta bene, con la giusta granulosità e qualche striatura in direzione della linea del taglio.
A questo punto, il goloso che è in me prende il sopravvento: lo assaggio, non resisto.
Pochi attimi e inizia la festa al palato.
All’istante mi sorprendono la giusta sapidità e il sapore equilibrato, quasi non da formaggio da grattugia.
Perdonatemi la frase fatta, ma erba, fiori e latte ci sono tutti, e c’è anche il doveroso sentore di ovino, ma qui ossimoricamente declinato sull’elegante.
Si, il pecorino romano DOP Giansanti è un formaggio elegante, lontanissimo da certi altri pecorini dove la nota piccante-salata pur se caratterizzante del prodotto, è preponderante sul resto dei sentori.
Il pecorino romano DOP Giansanti è buono, mi piace, questo è quello che conta.
Pochi minuti e finisco metà del pezzo comprato.
Sono un goloso consapevole, lo so.
A questo punto il salato già moderato, svanisce, lasciando i riflettori a un finale di grande equilibrio tra gusto e olfatto, con scoppiettanti sentori minerali che con un paragone “enologico” mi ricordano quelli di certe Malvasie del Carso.
C’è eleganza, ma c’è anche l’ovino, e c’è finalmente un qualcosa che sa di vero…
AGRICOLA GIANSANTI
Via Traversetolo 228 – 43123 Parma Italia
Telefono: 06 30365398 – 0521 641155
Fax: 06.30356357 – 0521 641155
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info@agricolagiansanti.it
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?