Di Fabio Riccio,
‘O famo strano… celeberrima battuta di Carlo Verdone, dal suo film del 1995 Viaggi di nozze.
‘O famo strano in questo caso diventa una sorta di aggettivo per raccontare le sensazioni a livello sensoriale che mi ha dato un vino (sfuso..).
Da buon Tafazzista questo vino non mi sono limitato ad assaggiarlo, ma l’ho pure bevuto, giuro!
Premessa: esco a cena con un amico. ‘O famo strano
La meta è una “fritteria” dove non ero mai stato…
Ecumenicamente frequento tutte le tipologie di locali, dal pluristellato a quelli più nazionalpopolari.
Solo così riesco a crearmi una visione d’insieme di quella che è la ristorazione del ventunesimo secolo, nazionale e non… ‘O famo strano
Posto piccino, pochi fronzoli.
Alle pareti folklore a buon mercato.
Sotto la voce “street food” si frigge di tutto un po’, in più qualche piatto di pasta, e baccalà in varie fattezze…
Se non si hanno pretese gourmet è un posto dove si sta bene e in scioltezza.
Nel mondo della ristorazione veloce c’è ben di peggio.
Per fortuna friggono come si deve.
Alle 22 passate l’olio della friggitrice non è ancora stremato.
Caso raro, encomiabile.
Il titolare è ciarliero, e ascoltandolo mentre sciorina le sue simpatiche facezie, riesce anche a farsi perdonar la ricotta del ripieno della pur succulenta pizza fritta, che più una ricotta è (forse) una crema spalmabile a base di caseina da hard discount…
Mi consolo al pensiero che in tante pizzerie, qualcuna anche con pretese, adoperano ben di peggio.
Logicamente, in un locale come questo, l’unico vino è lo sfuso.
Bianco o rosso o Verdone?
Provare a parlare in un locale come questo di “vino naturale”, di biologico e biodinamico, di eccesso di gomma arabica e di abuso dell’osmosi inversa è pura fantascienza.
Il vino in questi posti, è solo una appendice del cibo, un lubrificante sociale…
Opto per il bianco, una Falanghina Beneventana di ignota progenie.
Mezzo litro in caraffa.
L’amico mi aveva messo in guardia perchè rischiavo di assaggiare qualcosa di imbevibile…
Invece, sorpresa!
Al palato il vino è accettabile.
Citrico, fruttato e di corpo quanto basta, si permette anche il lusso di un po’ di sapidità e tracce di mineralità.
Però, il problema non è il palato, è l’olfatto!
Eh si!
Nel bicchiere simil-nutella l’unico sentore percepibile, oltre lo scontato fruttato da pesca gialla matura, è di… cipria!
Si, avete letto bene: cipria.
Mai sentito la cipria in un vino?
Per un vino, olfattivamente è un sentore imbarazzante, invadente.
Poi… parafrasando un noto ex magistrato Molisano, quello con il trattore rosso, viene da chiedersi… ma con la Falanghina la cipria che c’azzecca?
Insomma… una falanghina beneventana dicotomica.
Corretta al palato, ingarbugliata e spiazzante all’olfatto.
Ora, di vini, dei loro difetti e particolarità ne ho visti e “sniffati” tanti.
Nei calici ho trovato puzze, puzzette, ridotto, piedi sudati, volatile, coccoina (la colla…) cane bagnato, minestrone e perfino il frutto della passione, ma la cipria mai!
Si: c’è sempre una prima volta.
Eppure ‘sta Falanghina beneventana non mi ha dato l’impressione di essere difettata, come detto, al palato era ok, e oltre la cipria (ma è un difetto?) nessuno dei classici difetti era percepibile, sia in bocca che al naso.
Modesto sì, ma non difettato, almeno al palato…
Solo misteriosamente odoroso di cipria.
Un vino da bere con il naso turato, o un vino da passare sul viso per dissimulare (un po’) le rughe?
Non è che i prodi guerrieri (guerriere?) Sanniti che tanti guai ai Romani addussero si incipriavano il naso, e da li finivano per incipriare le vigne delle protofalanghine sannite del 321 avanti Cristo?
Chissà. ‘O famo strano… La Falanghina odora di cipria!
La spiegazione razionale al tutto, è che la Falanghina odorosa di cipria è solo l’ennesima dimostrazione dell’esistenza e della diffusione di quelle che io definisco “enoporcate” e che altri chiamano eufemisticamente “lavoro in cantina”.
Probabilmente in cantina, nel tentativo di creare un vino “originale”, è scappata la mano con la busta dei Saccharomyces cerevisiae selezionati…
Sentori e vini diversi, ma per un palato e un naso allenato, tutti, anche quelli “da pizzeria”, sempre riconducibili alle peculiarità di questo vitigno che in generale si palesa secco, fresco e lievemente acidulo al palato, mentre al naso è mediamente fruttato, altro che cipria…
Far odorare di cipria una Falanghina senza mezzi termini è un delitto, anzi: una enoporcata. Stop.
‘O famo strano… La Falanghina odora di cipria!
Mi piacerebbe conoscere l’enologo o il tecnico di cantina che si è macchiato di questo delitto per bastonarlo ben bene, logicamente insieme al produttore.
‘O famo strano… La Falanghina odora di cipria!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?