Non c’è COS e altri eno-gastro-abomini
Di Fabio Riccio,
Alla maggioranza dei lettori questo titolo sembrerà criptico, forse lo è davvero.
Sono stufo di essere nazional-popolare anche quando non serve, rivendico il mio (buon) diritto di essere di nicchia e a non usare le solite 200 parole dell’Italiano medio!
Partiamo da questo.
COS… Azienda Agricola siciliana, fondata nel 1980, da Giambattista Cilia, Cirino Strano e Giusto Occhipinti in quel di Vittoria (RG).
Tre amici che hanno voluto riprendere quello che un tempo era stata l’attività dei loro avi, cioè fare vino.
COS è l’acronimo dei loro cognomi (Cilia-Occhipinti-Strano).
I Vini di COS mi piacciono molto, e più volte me ne sono già occupato in passato su questo sito.
Vedi – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/cerasuolo-di-vittoria-cos/2013/08/
Vedi – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/maldafrica-cos/2015/02/
Insomma i signori produttori di COS incontrano la mia simpatia, e poi condivido in pieno il loro modo di fare vino, decisamente fuori da certi schemi.
Semplice no?
Comunque sia, iniziamo con l’ultimo l’eno-gastro-abominio nel quale sono mi sono imbattuto.
Solita uscita serale da congenita & inguaribile pigrizia ai fornelli.
Purtroppo nel circondario, eccezion fatta per qualche buon ristorante, le possibilità di mangiare qualcosa di qualità, senza per forza fare una cena completa senza svuotare il portafoglio, sono ridotte al lumicino.
Dopo qualche esitazione, e dopo aver abbandonato l’idea della “solita pizza”, optiamo per uno dei pochi locali che pur millantando pretese para-stellari, alla fine qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti lo ha, e con il bonus di avere in carta (tra i mille e più vini monotoni che tanto vanno per la maggiore) anche quelli una cantina che mi piace, appunto COS.
Varchiamo la porta, e ci accomodiamo.
Senza andare in dettaglio… da subito noto che il menù è esattamente lo stesso, refusi tipografici compresi… da almeno cinque anni, immutabile.
Bistecche, bistecchine, tagliate di carni esoteriche alla lo famo strano... salumi dai nomi prestigiosi, formaggi, bruschette, insalate assortite, e qualche primo dato dalla semplice mescolanza matematica dei soliti cinque o sei ingredienti, e di due o tre tipi di pasta.
Il tutto, almeno per chi ha un po’ di occhio nella ristorazione, corrisponde in gran parte ai prodotti offerti da una nota piattaforma distributiva di alimenti di qualità.
Attenzione: nulla contro i prodotti di questa ditta, che in ogni caso sono al top della qualità, ma da un locale con pretese di eleganza e di cucina gourmet, e che nella “nominata” della gente viene considerato di ottima classe, qualche salto al mercato a fare la spesa, e qualche variazione nel menu’ ogni tanto me la sarei attesa.
No.
Nessun cambiamento in cinque anni.
Quasi certamente, saranno state le spese di tipografia che hanno scoraggiato la proprietà dal variare il menu’.
Comunque sia, ordiniamo qualcosa, per poi chiedere la carta dei vini.
Spulcia & rispulcia… ma i vini di COS sono scomparsi dalla carta, non c’è più nulla.
Dove sono andati?
Siamo in trappola.
L’unica vera attrattiva del locale, era il gran Cerasuolo di Vittoria, il Frappato, il Maldafrica… tutti di COS, e loro invece, senza neanche avvisarmi, me li hanno tolti!
Crudeli!
Obliterata la cantina COS dalla carta dei vini.
Chiedo lumi al personale di sala, perchè Non c’è COS e ammettono che non prendono più i vini di COS semplicemente perché… non vanno.
Ora, mi domando e dico… ma come è possibile che i vini di una azienda nota, di qualità, niente affatto estremi, di facilissima beva e che regalano sensazioni belle, non piacciono “alla gente”?
Possibile che a parità di prezzo gli eno-gastro-fighetti che bazzicano il locale preferiscono i soliti vinetti banali tutti uguali a naso & palato, forse proprio per questo questo rassicuranti?
Mistero.
Non c’è COS, non si vende…
Lo so, sono una minoranza.
Urge farsene una ragione.
Parafrasando Nanni Moretti in Caro diario: “Io stavo pensando una cosa molto triste, cioè che io, anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre con una minoranza di persone (..) Io credo nelle persone. Però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre d’accordo e a mio agio con una minoranza“.
In minoranza o meno, per accompagnare il cibo, specialmente la carne, qualcosa bisognerà pur berla, no?
Scorriamo di nuovo la lista, ma non c’è nulla di interessante (per carità: già qualcosa che c’è una carta).
Il rischio di pasteggiare ad acqua è concreto, molto.
Alla fine, vista l’assenza di alternative, optiamo per un vino che si fregia del titolo di “vino libero”, una delle tante invenzioni del vulcanico Oscar Farinetti, il patron di Eataly, imprenditore e uomo mediatico di gran successo.
Il mio pensiero su tutta questa operazione di “vino libero” però è identico in tutto e per tutto a quello di un ben titolato esperto, il bravo Massimiliano Montes che se volete leggerne, ne parla in esteso a questo link http://gustodivino.it/home-gusto-vino/le-posso-proporre-un-vino-libero/massimiliano-montes/8902/ – per chi ha occhi e cervello per capire, c’è poco da aggiungere.
Rimane però un dato di fatto… una volta scelto questo rosso, nel calice ho trovato (non gustato, attenzione!) solo un mesto concentrato di ovvietà.
Poteva essere un Montepulciano, un Sangiovese, uno Shiraz, un Nero D’avola, un Aglianico oppure un Ciliegiolo in purezza etc etc…
Al palato e al naso era uno, nessuno e centomila nello stesso tempo.
Una sorta di “vino globale”.
Non cattivo o difettato, anzi: tecnicamente perfetto!
Ma… questo vino, che non ho capito cosa fosse, a livello emozionale, gustativo e olfattivo, mi ha dato la stessa impressione che si ha quando si ascolta un discorso di qualche politicante rampante…
Noia & aria fritta.
Buono per tutti, adatto e di personalità per nessuno.
Ecco: di certo un rosso, ma per meglio dire una sorta di “media algebrica” dei tanti rossi in circolazione.
Noioso.
Scontato.
Palloso.
Zero emozioni.
Senza difetti ma senza nulla di interessante.
Un Monsù Travet del vino.
Eppure… negli altri tavoli stazionavano vuote più bottiglie della stessa tipologia, gli altri avventori le bevevano allegramente.
Evidentemente hanno più fiducia nei proclami che nella realtà dei fatti, mi ricordano qualcosa e qualcuno…
Delusione, tristezza.
Tutto per il meglio solo per il proprietario del locale, che lavora e incassa.
Mi sento sempre più in minoranza.
Paragono il prezzo di questo rosso ai prezzi dei vari COS.
In quanto a euro, siamo li…
Ma le sensazioni, e questo andando oltre etichette e proclami, non sono assolutamente paragonabili…
Vini piatti versus vini da sensazioni.
Usciamo fuori intristiti e anche arrabbiati per aver speso 35 euro a cranio.
Con la stessa cifra, andando altrove, si sarebbe mangiato e sopratutto, bevuto molto, ma molto meglio.
E noi… che volevamo fare solo una cena poco impegnativa…
P.S. – Cari bravi ristoratori che leggete Gastrodelirio, visto che per fortuna ormai siete in molti, lancio un appello: perché non fate opera di convincimento presso il vostri colleghi che si forniscono di materia prima dalle piattaforme distributive di qualità, per risolvere un (loro) problemino di “immagine”?
L’ho detto, scritto & ripetuto – non sono concettualmente contro le piattaforme distributive, anzi – molte di queste hanno in catalogo vere e proprie delizie altrove introvabili, e sicuramente sono un valido strumento per gli chef più bravi.
Il punto è però che troppi ristoratori, forse per pigrizia, forse per ingenuità, non si fanno problemi a mettere fuori del locale, accanto i cassonetti della nettezza urbana (magari chi può, sul retro) i contenitori vuoti con bene in vista il nome della piattaforma distributiva da cui si forniscono.
Sono nomi che forse alla maggioranza della gente non dicono nulla, ma a chi è nel settore dicono tanto…
Non sbandierate Km zero e presunte tipicità, quando di fianco al bidone del ci sono impilate in bell’ordine scatole con sopra scritto cosa contenevano, e il luogo di provenienza…
Ripeto, pur contenenti cose di alta qualità, questi involucri sono la prova tangibile di una spesa fatta al telefono o per Email, non al mercato o dal macellaio (pescivendolo) di fiducia.
Fatele scomparire dalla vista, non scoprite troppi altarini per favore…
Azienda Agricola COS
S.P. 3 Acate-Chiaramonte, Km. 14,300
97019 Vittoria (RG)
Tel. 0932 876145
fax. +39 (0) 932 1842085
www.cosvittoria.it
info@cosvittoria.it
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Grazie per il “titolato esperto” ma sono solo un appassionato 🙂
🙂 Appassionato o… “titolato esperto” in ogni caso grazie!
Meno male che qualche altro locale (in zona…) ha ancora in carta qualcosa di COS… 😉