I vini fuori “dal coro”, a ben vedere sono dei veri e propri messaggi in bottiglia che brillano nel banale oceano dell’appiattimento enoico.
Il loro destino, come tutte le cose belle, non è di finire apprezzati da tutti, ma è di essere apprezzati dove e da chi meno te lo aspetti…
Ed eccomi così a raccontare senza “bias” del Nigrum 2017, un Aglianico di Poderi Veneri Vecchio del bravo Raffaello Annichiarico in quel di Castelvenere, piccolo centro del Sannio beneventano dove vigne & filari (in questo caso tendoni…) sono più degli abitanti.
L’Aglianico, vitigno “di peso”, negli ultimi tempi ha iniziato a stupirmi anche per un aspetto trascurato dai più, le doti di ecletticità.
Cosa ancor più certa dopo avere assaggiato il Nigrum 2017.
In calice Aglianico e basta.
Un Aglianico (senza scomodare la definizione di “Barolo del sud”), lontano anni luce per terroir e impostazioni da molti suoi parenti della stessa Campania, ma anche della non lontana Basilicata, la sua culla, e di altre regioni del sud Italia.
Nessuna esasperazione cercando a tutti i costi il “vinone”, magari con abuso di scarti dell’industria boschiva, nessun sibillino ammiccamento sensoriale, nessun espediente in vigna e cantina…
Rosso mediamente carico, palesemente non filtrato, Il Nigrum 2017 è subito elegante, terroso e vaniglioso al naso, succoso e incredibilmente armonico al palato.
Ma è l’evoluzione, che tra l’altro porta al parossismo il terroso e i frutti rossi, e da la sensazione di essere in un bosco a cercar lamponi, l’imprinting sensoriale di una freschezza sconosciuta ad altri Aglianici, con il “plus” di un finale lungo e di una beva complessiva di straordinaria eleganza.
Scelto “alla cieca” per affiancare un buon brasato, cotto ore in un “rosso di servizio”, il Nigrum 2017, pur se agli antipodi dagli Aglianici declinati (spesso controvoglia…) come “vinoni”, ha fatto perfettamente il suo dovere, ma non per perfetto abbinamento, contrasto o opposizione, ma perché magico e risolutivo catalizzatore tra i sentori di carne e l’aromatico tutt’altro che residuo del vino di cottura.
Il Nigrum 2017, frutto di una personale ed eticamente rispettosa interpretazione di territorio e vitigno senza nessuna eno-cosmesi sia in vigna che in cantina, dal punto di vista sia tecnico che emotivo, è uno di quei vini “belli” che ha la capacità e la forza per puntare senza mediazioni dritto al cuore di chi lo beve, cosa, che ne fa qualcosa di più di un vino.
Insomma, un Aglianico che non ostenta doti esoteriche ne’ pretende di essere perfetto, ma dove dietro c’è una idea forte e condivisibile.
Un vino che regala del “bello” ai sensi di chi lo beve.
Poi… cosa più importante, visto che in giro c’è più di qualche furbacchione che “ci marcia” spacciandoli come “naturalità”, senza il minimo indizio di difetti.
Un “Vino “naturale”…
Ma davvero, fa tanto schifo ad alcuni questo termine?
Da provare, magari da solo, accostandolo a un brasato, ma anche (come mio solito), ereticamente insieme a qualche pesce “di stazza” non troppo ricco di grasso, cotto al sale…
“Quando morirò seppellitemi in una vigna, acciocché possa ridare alla terra tutto quello che ho bevuto nella mia vita.
”Francesco Guccini
Podere Veneri Vecchio
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Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Complimenti descrizione “poetica” sembra quasi di gustarlo. Vino straordinario non glamour. Sostanza e non apparenza .grazie