Di Fabio Riccio
Credo che un po’ tutti ci stiamo chiedendo più o meno seriamente e consapevolmente, quale potrà essere il futuro del mondo del vino. Bevanda di élite, oppure bevanda di massa in contrapposizione alle “nuove” bevande dal grado alcolico considerevole che tanto successo hanno in una fascia di consumatori più giovani?
Chissà, forse questo ce lo chiediamo solo noi che amiamo bere il nettare di bacco in cerca di sensazioni e non di tecnicismi, noi che questo mondo lo viviamo giornalmente o quasi sulle nostre tavole, o quando ci sediamo in un ristorante.
Forse… non se lo domanda chi, di fronte agli scaffali dei supermercati, di fronte a una valanga di bottiglie, oggi acquista uno, domani magari un altro, ma senza motivare il perché della scelta, ne’ tantomeno se quello riportato in etichetta corrisponde poi al vero.
Una occasione diversa di “acculturamento enologico” si è avuta sabato 10 e domenica 11 maggio 2014 a Navelli, piccolo e delizioso borgo dell’aquilano dove si è svolta NATURALE Terza edizione fiera del vino artigianale, in Abruzzo.
Noi di gastrodelirio, logicamente eravamo della partita…
Assaggi liberi, degustazioni guidate e conferenze-rassegna di grandi vini, tutti riconducibili in qualche modo al variegato e sfumato (nei suoi confini) mondo del vino naturale.
Il territorio prima di tutto, ma anche vignaioli appassionati che producono vini quasi sempre dalla personalità spiccata, in un incontro tra persone, che è stato anche occasione di fragorosa e piacevole socialità.
Insomma… una manifestazione molto ben riuscita sia per il numero dei visitatori che per il livello qualitativo degli espositori, e pienamente permeata dalla filosofia “gastrodelirante”, almeno per chi scrive su questo sito. Una manifestazione dove però non si sono viste giacchette & tastevin. Meglio così, sarebbero state fuori posto.
Come dicevo prima, molti gli espositori presenti provenienti da tutta Italia, sia per le cantine presenti, che per il settore “food”. Logicamente, tanti e tanti anche gli assaggi.
Purtroppo per ragioni “fisiologiche”, e sia per limitare il quantitativo alcolico introitato che la saturazione dei sensi, ci è stato impossibile assaggiare tutte le etichette presenti.
Come già detto, il livello dei vini presentati è stato generalmente molto alto, però con rammarico devo dire che qualche etichetta assaggiata, pur fregiandosi dell’aggettivo “naturale” mi ha francamente deluso, proponendomi in degustazione vini certamente corretti e impeccabili, ma esili e senza quella capacità di aprire il cuore che è la (mia) discriminante per stabilire se un vino mi piace o meno, e questo, mettendo da parte tutti i tecnicismi…
Elencare qui quello che mi ha più impressionato sarebbe uno sterile catalogo, non nelle “corde” di gastrodelirio. Quindi… mi limiterò ad un personalissimo e forse fallace elenco di cosa mi è più piaciuto…
Il primo assaggio è stato per il Pecorino di Emidio Pepe, l’ultimo nato della storica cantina Abruzzese, da sempre in prima fila in certo tipo di modo di “fare il vino”.
Sembrerà strano, e per quanto sono uno che apprezza molto i vini di questa cantina, non avevo mai provato il suo pecorino. Poche gocce son già bastate a darmi una concreta idea di questo vino, che parte da subito elegante e tagliente, giocando in equilibrio tra freschezza e struttura. Deciso al naso, è consistente e regala bei sentori di frutta gialla: albicocche, pesca matura, susina. In bocca è sapido e persistente, e sommessamente si riconoscono ginestre, camomilla, fiori di pesco e un fondo robusto di te’, che chissà perché mi ha ricordato i sentori del robusto Irish breakfast tea. Un vino che mi ripropongo di degustare meglio, non appena lo incrocerò sulle tavole di qualche (buon) ristorante. In ogni caso, un pecorino amabile e complesso, per fortuna lontano mille miglia da tanti pecorini abruzzesi e marchigiani, vini furbetti che al palato e al naso esprimono solo un floreale fuori misura (ben poco credibile), magari insieme un forzato fondo citrico per far contenti gli enofighetti di turno, sempre in cerca di occasioni per pavoneggiarsi con la loro bella di turno come grandi esperti di vino.
Altra conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, sono stati i grandi vini del bravo Alberto Carretti,del Podere Pradarolo di Varano De’ Melegari (PR) questa volta senza la consorte Claudia, vini che non finiscono mai di stupire i sensi con i risultati delle lunghe macerazioni sulle bucce.
Noi di gastrodelirio a questa cantina, abbiamo già dedicato del meritatissimo spazio raccontando in breve una degustazione tenutasi a Vasto (CH) nel luglio 2013, vedi – https://www.gastrodelirio.it/admin/drogheria-del-buon-consiglio-vasto-degustazione-podere-pradarolo/2013/07/ – c’è poco da aggiungere su questo bravissimo produttore, sempre pronto a sperimentare, e sempre vulcanico con idee nuove – vedi il progetto GAT – http://www.poderepradarolo.com/it/node/176 – però… alla fine della serata non ho potuto esimermi dall’acquistare una bottiglia del suo Vej bianco antico 2007, che gusterò con calma a casa con qualcosa di buono in tavola.
Altra menzione è quella per un “mostro sacro” di questo tipo di enologia, vale a dire per Giulio Armani, in primis enologo, e da qualche anno anche produttore in proprio a Travo (PC) in Val Trebbia, con i suoi Dinavolo dalle sensorialmente intriganti e lunghissime macerazioni sulle bucce.
Ammetto candidamente che nonostante il gran movimento di gente, incurante di tutto, ho improvvisato seduta stante una “verticale” dei suoi Dinavolo, fermandomi al 2007, con anche qui una bottiglia riportata a casa, bottiglia che magari diventerà occasione di un altro post qui a breve su Gastrodelirio, a presto Giulio!
Inattesa sorpresa è stato lo scovare e degustare i vini di una microscopica (nell’accezione positiva del termine), e per me sconosciuta cantina siciliana, Gueli di Cominiti (AG), azienda che produce poche, pochissime bottiglie di due, e qui permettetemi il termine, affascinanti Nero d’Avola in purezza, che si differenziano tra loro per il diverso “terroir”.
Il primo, il Calcareus che come dice il nome è figliodi uve allevate su un terreno calcareo/argilloso, dal bel rosso intenso con sprazzi e riflessi violacei. Belle le note di frutti di bosco, e quel tanto che basta di spezie e liquirizia. Al palato è pieno, vellutato quasi, ma persistente anche per i bei tannini
Il secondo l’Erbatino, è invece il frutto delle medesime uve allevate in zona limitrofa, ma su un terroir gessoso/solforoso.
Il colore è sempre rosso intenso, ma qui c’è qualche nota che vira all’arancio. Come per il calcareus, prevalgono le note di spezie, ma un po’ meno intense. Al naso è pulito e di corpo, con un fondo di balsamico e di viola di parma (quella della famosa acqua eh…) ma anche di frutta sotto spirito. L’Erbatino nel finale ha più morbidezza e un diverso sentire dei tannini, ma pure un sapore di terra umida.
Sono due dei vini “veri”, e un esempio vivente di come il lavorare in cantina nella maniera meno invasiva e interventista possibile, riesca ad esaltate il terroir.
Sono due vini che senza troppo “gridare” scaldano il cuore e parlano della loro terra, pur nella netta e distinguibile differenza a naso e palato che lo stesso vitigno può dare, se allevato in zone geologicamente diverse. Una azienda questa, da tenere d’occhio per il futuro.
Altra notazione, questa non enoica, è dovuta a un personaggio dalla trabordante umanità e dall‘incredibile capacità tecnica. Parlo di Gregorio Rotolo, pluripremiato formaggiaio in Scanno, nel cuore del parco d’Abruzzo.
Di Gregorio c’è poco da dire, parlano per lui i suoi formaggi… sono una esperienza sensoriale completa, che consiglio ad ogni lettore gastrodelirante, e sconsiglio nella maniera più assoluta a chi trova certi formaggi (con buchi e senza) che si trovano nei banchi di certa grande distribuzione “troppo Saporiti” …
Piccola curiosità finale… Il pubblico era in gran parte composto di giovani sotto i 30 anni. Un segno di positivo ricambio generazionale nel mondo dei bevitori attenti e consapevoli, oppure una moda effimera?
Vediamo…
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Sono ormai alla mia seconda edizione di naturale.
La mia riflessione sulle presenze riguardo all’età è opposta: come mai così poche presenze di persone dopo i 40 anni (oltre i vignaioli)?
Non è che tanti presunti esperti di vino hanno ancora la puzza al naso quando si parla di vino naturale?
Non è per caso che questi tanti esperti sono tutti oltre i 40 anni?
Saluti, e complimenti per l’articolo che ben fotografa queste due meravigliose giornate!!