Tanti piccoli borghi italiani sono punteggiati di musei.
Quelli più popolari, anzi: quasi immancabili, sono quelli della “civiltà contadina” e relative varianti.
Purtroppo, e salvo qualche luminosa eccezione, quasi sempre il tutto si risolve in luoghi gestiti da volontari con aperture non regolari.
Alla rinfusa, e spesso senza nessun apparente criterio, sono in mostra aratri sdentati, zappe arrugginite, arcolai tenuti insieme alla bell’e meglio, madie che han visto tempi migliori e le immancabili fotografie in bianco e nero che provano a spacciare come “bei tempi andati” quelli che in realtà erano anni di indicibile fatica e sfruttamento generalizzato, come oggi non riusciamo minimamente ad immaginare…
Come detto prima, per fortuna c’è qualche bella eccezione, come a Colobraro in provincia di Matera dove si permettono il lusso di ben due piccoli musei, ben organizzati, dove il visitatore non superficiale noterà subito che in entrambi i casi dietro c’è un’idea forte e ben realizzata.
I Musei di Colobraro (MT)
Il primo, forse quello che più interessa i lettori di www.gastrodelirio.it è il museo dell’Olio.
Un museo dell’olio non è una novità in assoluto, ma qui (riuscendoci) sono riusciti a distinguersi dagli altri musei sul medesimo tema in primis per l’approccio tecnico e didattico, e poi riuscendo a non cadere nella facile trappola del voler per forza rimpiangere il (presunto) tempo di quando i mulini erano bianchi.
Da subito l’approccio visivo ed emotivo è dannatamente efficace, anche perchè scevro da ipocrisie e luoghi comuni, con visita, spiegazioni e delucidazioni sugli affascinanti e imponenti macchinari d’epoca per molitura & pressatura, ben restaurati e intelligentemente lasciati dove erano quando erano attivi, cosa questa che già di per sé vale il viaggio nel paese della Valle del Sinni.
Ma oltre a questo, è un museo dove l’approccio etico alla questione della reale qualità dell’olio, è razionale e moderno, in ogni caso immune da ipocrisie.
Il merito di tutto questo va alla Dottoressa Giusi D’Oronzo. I Musei di Colobraro (MT)
Vero deus ex machina di questo luogo, oltre ad essere preparatissima nel suo campo e fornita di una impetuosa dose di empatia, dote preziosa per semplificare e rendere fruibili concetti tecnici anche a chi tecnico non è, non ha affatto peli sulla lingua, specialmente quando tra le altre cose afferma, sfatando miti consolidati, che solo negli ultimi 20 – 25 anni in Italia si è incominciato a vedere in giro del buon olio.
Si, perché un tempo (non lontanissimo…), nonostante gli imponenti e bellissimi macchinari esposti in questo piccolo museo, affascinanti ma ora tecnologicamente obsoleti, sia per le errate abitudini e credenze radicate nel mondo contadino, sia per la tecnologia rudimentale, raramente sulle tavole degli italiani si trovava del buon olio.
Un tempo, l’olio di oliva non era un nobile e ricercato condimento, ma una importante fonte di integrazione calorica delle risicate diete dei contadini, paradossalmente anche di quelle dei più abbienti.
Quindi, nell’ottica di sfruttare al massimo la resa di questa fonte di nutrimento, sotto le macine nei (presunti) tempi dei mulini bianchi, ci finiva di tutto, non andando tanto per il sottile.
Olive, ben oltre l’invaiatura, o raccolte da terra quando madre natura decideva così, olive con difetti e malattie, parassiti, mosche olearie e quant’altro.
Non ultima, sempre per aumentare ulteriormente la resa, più d’uno aveva la deleteria abitudine di riscaldare vicino al camino i sacchi di olive destinate ad essere molite.
Ho detto tutto.
Insomma, un piccolo e intelligente museo da visitare per farsi prima di tutto una concreta idea di questo lembo di Basilicata sulla Valle del Sinni, e poi di come si è evoluto, decisamente in meglio, tutto il mondo dell’olivicoltura nazionale.
Senza Mulini bianchi, senza frasi “alate” ad effetto, ma con tanta professionalità e amore per il proprio territorio.
Due parole anche sull’altro museo di Colobraro, il Museo antropologico della magia, per onor di cronaca non il solo in Italia dedicato al tema, ma certamente uno di quelli dal percorso più organico e interessante.
Un intelligente, ben organizzato e scaramantico (qui il termine calza a pennello!) percorso, finanche multimediale, recitativo e olfattivo attraverso le leggende “magiche” della zona, perché… nei paesi della Valle del Sinni, Colobraro non lo nominano nemmeno, lo chiamano in dialetto solo… “Quel paese”.
Il tutto nasce da una leggenda sulla presunta innominabilità della parola “Colobraro” perché a solo nominarlo porta sfortuna.
Sarà…
Tra le altre cose, la sinistra e immeritata fama del paese pare derivi anche dalla credenza nelle arti magiche di alcune donne del secolo scorso, tra cui la famosa “Cattre“, al secolo “Maddalena Larocca“, una “masciara“, alias una maga. ” locale.
Nel museo, è imperdibile, almeno per chi professionalmente si occupa di aromi & odori, la bella sala delle Erbe Officinali del territorio, davvero inebriante
Non da meno la sala multimediale della Magia, la Sala degli amuleti, e dulcis in fundo… il laboratorio dell’Anima.
Ecco, trasformare quella che era una fama funesta in una occasione, a Colobraro (intelligentemente) ci sono riusciti.
Buona la prima!
Museo dell’Olio di Colobraro
Via Firenze, 48
75021 – Colobraro (MT)
Tel. 339 5419966
Aperto dal Venerdì alla domenica dalle 18,00 alle 23
Museo antropologico della magia musei di colobraro
Presso il chiostro del convento dei Francescani a colobrano
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?