Di Fabio Riccio,
Indovinate su cosa “cadono” molti modesti pizzaioli che si atteggiano a grandi?
Magari quelli tanto di moda che strombazzano inutili lievitazioni di settimane o mesi con farine obbligatoriamente dai nomi astrusi, e che si trasformano in pizze mediocri letteralmente sommerse da quintali di condimento (spesso presunto…) di qualità?
Logico, cadono sulla margherita!
Pizza tra le più antiche (storicamente non la più antica), e tra le più semplici per ingredienti & condimento, è la vera prova del nove per capire se chi è davanti al forno è un buon pizzaiolo, o un chiacchierone buono solo come comunicatore, ma non a margherita decente.
La margherita, pochi ingredienti.
Indispensabile una buona tecnica, gli errori subito balzano all’occhio.
Far bene una margherita per un pizzaiolo che si rispetti, è come essere promossi all’esame di maturità.
Nella margherita il difficile è ben armonizzare il tutto, dalle materie prime alla cottura, ed entrare nell’ottica che il disco di pasta è un ingrediente tout court, non il supporto il condimento, o un pretesto per pavoneggiarsi (a parole) con presunte abilità esoteriche-lievitatorie.
Non so se ci avete fatto caso, ma fior di pizzaioli alle prese con una semplice e lineare margherita, fanno catastrofi.
Dall’impasto improbabile allo stenderla goffamente magari bruciacchiandola in forno, in pochi secondi mettono a nudo tutta la loro incapacità nel fare una margherita decente o quantomeno mangiabile.
Margherite mal lievitate, biscottate, impasti più da pane che da pizza, o addirittura simil-pasta frolla o brisè, oltretutto con quantità industriali di condimento, oppure con cereali più adatti a un muesli che a una Margherita.
E qui… non mi riferisco solo al furbetto (ma riuscito…) esercizio di marketing & immagine di un famoso chef stellato milanese, sotto il nome di “Margherita”.
Sono stufo di margherite buone solo da rimandare al mittente spacciate per capolavori perché il pizzaiolo ha partecipato a una delle mille e più gare di pizza che ormai invadono l’Italia, oppure è riuscito a strappare cinque minuti in televisione, cosa che ormai non si nega a nessuno.
Ma il peggio lo raggiungono alcuni pizzaioli, forse consapevoli dei loro limiti, forse solo furbi, che nascondono la loro incapacità di fare margherita decente con la puerile scusa che… “non ho in menù la margherita perché nessuno me la chiede più”.
Balle, è una scusa!
Non è che la margherita non la chiede più nessuno, semplicemente è il pizzaiolo che non sa fare una margherita decente…
Tutto qui, fine.
Meditate gente, meditate.
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Si fare una margherita è difficile ma se si ha un impasto lievitato non più di 12 ore (secondo me), tre pomodori pelati gustosi, 100/120g di fior di latte di 24ore (la mozzarella di bufala sarebbe meglio, se di qualità), olio extravergine di oliva e due foglie di basilico da spizzicare sopra proprio prima di dargli sotto col coltello e forchetta, dopo questi semplici ingredienti si può essere veramente vicini ad una pizza gustosa e piena di freschezza…ma ancora tranquillamente si può andare incontro a qualche imperfezione, qualche bolla che non doveva esserci….o ti scappa un mignolo e ti compromette il bordo ecc…ecc…
Giusto o sbagliato, fuori dai canoni della tendenza del momento o no, io penso che le paste troppo lievitate possono nascondere qualcosa che può creare imperfezioni o gli impasti con farine troppo forti danno risultati che dopo che hai gustato una buona pizza, ti dici tu stesso “ma che ho mangiato per essere così gonfio” .
Ogni pizzaiolo sa che ogni pizza si può sbagliare e pensa sempre che il prossimo impasto deve essere migliore.
In linea di massima sono d’accordo con te Calogero.
Giusto per rimanere in tema, ti consiglio un libro molto interessante sulla pizza, libro che sfata falsi miti, e pur tra qualche divagazione molto tecnica, parla di lievitazione & pizza in maniera esemplare, sgombrando il campo da tutto l’esoterismo e la rincorsa a (presunti) grani strani dagli effetti miracolosi.
Libro, che mi riprometto di recensire qui su https://www.gastrodelirio.it al più presto.
Notizie su questo testo le trovi a questo link, sul sito del collega Luciano Pignataro…
https://www.lucianopignataro.it/a/grande-notiziala-pizza-napoletana-artigianalita-e-scienza-nel-libro-di-enzo-coccia/88403/
Grazie, è sempre molto interessante leggere ciò che scrivi Fabio, certo è che chi come me impegna il suo tempo a diversi lavori e non alla Calogero ricerca delle varie (forse innumerevoli) eccellenze, risulta simile ad una scorciatoia ascoltare o leggere da chi la ricerca delle stesse lo fa per professione!
….AUGURI
Grazie a te Calogero per l’attenzione!
Un ultimo appunto sulla pizza…
Dai un occhio al link qui sotto.
E’ il disciplinare (molto dettagliato) dell’associazione verace pizza napoletana, disciplinare che fissa in estemo dettaglio come fare una pizza, anche tecnicamente.
Per carità, non è il vangelo, ma è importante che un prodotto tradizionale e fortemente identitario come la pizza napoletana sia tutelato da un disciplinare molto preciso!
http://www.pizzanapoletana.org/public/pdf/Disciplinare_AVPN.pdf