Nel variegato mondo di chi a qualsiasi titolo scrive di cibo, vino e temi correlati paiono (quasi…) scomparse le stroncature e, disperse sono anche le semplici “tirate di orecchie”, cioè le critiche costruttive che di default dovrebbero essere parte integrante parte del bagaglio professionale di chiunque voglia definirsi “critico”, sono state sostituite dalla imperante “marchetta” o dalla più sottile e sopraffina arte praticata da molti che si arrogano l’onere di scrivere di cibo e vino, vale a dire quella della marchettona senza vergogna.
Generalmente, e diffuso dallo spazio pubblico a quello privato il repertorio della marchettona è più che mai vasto e variegato e, sorprendentemente, non sempre è frutto di uno scambio in denaro o beni. Pranzo o tour gratis, cassette di vino omaggio, un semplice invito a pranzo etc etc.
In più casi la marchettona, specialmente se vergata da incauti neofiti della tastiera a-sintattici o da uffici stampa improvvisati che confondono con nonchalance la comunicazione con l’informazione, è solo l’espressione di una forma di vassallaggio o più semplicemente il risultato dell’amicizia di chi scrive con chi è il soggetto dell’articolo (sic!).
C’è chi le definisce marchettone «free press», nel senso che non si pagano.
Vero, non malaccio il termine!
Allora… inutile girare intorno al tema: tanti di quelli che scrivono, a qualsiasi titolo finanche nel mondo del non profit, hanno estrema dimestichezza con la marchettona.
Fino a una decina di anni addietro, magari in soprassalti di dignità si cercava di “indorare con classe la pillola”, travestendo con buon mestiere la marchetta come informazione, e questo lo facevano in tanti, di ogni estrazione e appartenenza.
Ora, nell’anno di grazia 2025 tutte le barriere della decenza paiono scomparse, abbattute
E… nel settore del food & wine nazionale dove, non dimentichiamolo, girano parecchi soldini, senza troppo sforzo si trova sempre e comunque un qualcosa di utile da trattare in qualche articoletto.
Ed ecco sempre pronto il lungo e sfavillante tappeto steso al committente di turno (preferibilmente quello che sciala con i benefit), sia esso lo chef blasonato con fatturato e sei zeri che spaccia bellamente nei suoi piatti la forma come sostanza, sia il vignaiolo che vuole creare ulteriore valore aggiunto ai suoi modesti, se non modestissimi vini con i servigi di chi verga a comando parole alate.
La marchettona modello 2025 dissimula con astuzia l’essere attratti dalle sirene del denaro, dalla piaggeria per il potente di turno e dai tanto agognati benefit.
Non a caso la marchettona era ed è quel che era nei meretrici, una ipocrita controfigura e contromarca del vil denaro.
Per carità e, a scanso di equivoci chiarisco subito una cosa: i termini marchetta, “marchettona” e relative varianti sono bruttissimi, perché fanno riferimento al mondo della prostituzione e spesso sono usati volgarmente.
Però, sono così dannatamente efficaci quando usati riguardo al mondo di chi scrive che, per ben rappresentare il concetto non me ne vengono in mente altri, e perché al tempo stesso sono termini che negli si sono “evoluti”, trovando il loro “posto al sole” in un mondo sempre più, appunto, marchettaro.
Ora, un interrogativo…
Fa più danno una bella marchettona vecchio stile, di quelle ben celate e dissimulate con classe in un articolo a prima vista estremamente professionale e ben scritto, oppure l’indiscriminato (e… senza pudore) vergare enfatiche lodi d’ogni singolo posto visitato (nessuno escluso!) previo strombazzamento mediatico dell’imminente visita, con annesso florilegio di foto dei piatti di quel che si è mangiato e le virtù salvifiche di quel che si è bevuto etc etc?
E… allora, visto che è acclarato che contro certe brutte abitudini non si può far molto, stante l’imperante situazione di semi-disperazione che affligge tutto il settore dell’informazione, perché non proviamo a “irregimentare” la marchettona trasformandola in una ottava arte?
Però, facendo le cose per benino. Per prima cosa stilando un dettagliato tariffario delle marchette e poi fondando una apposita associazione di categoria (la federmarchette?), da usare (quando serve…) come “sponda politica”.
Solo così tutta la filiera della marchetta potrebbe funzionare a dovere, senza svalutare professionalità e senza costringere nessuno a vendersi per una misera cassetta di vino o uno sgangherato press tour con coniugi e prole al seguito, magari alla scoperta delle bellezze della cucina e dei vigneti della regione autonoma della Culonia democratica, come ho visto fare a qualcuno…
Una volta depenalizzata e sdoganata tra le cose eticamente lecite, la marchetta vista l’origine ben poco blasonata del termine che sta all’informazione come la prostituzione stava alle case di tolleranza, ci sarebbe in giro decisamente più chiarezza.
Della dignità di chi le marchette le verga, nessuno se ne importa, perché tutti i freni etici in questo primissimo scorcio del nuovo millennio sono ormai saltati, e così non c’è nessun problema: loro (i marchettari) non se ne fregano, e l’etica e verità sono come sempre relegate in coda all’ultimo dei pensieri…
Forse tu non pensavi ch’io loico fossi!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?