Di Fabio Riccio,
«Era necessario!».
Beniamino & Nicola Faccilongo, rispettivamente padre e figlio al timone dell’agricola Paglione di Lucera (FG), con questo commento lapidario rispondono a chi gli chiede come mai si sono buttati in questa operazione di “Filologia Enologica”, decidendo di riportare l’orologio del Cacc’e Mmitte indietro di una cinquantina di anni e forse più.
Il Cacc’e MMitte di Lucera è una delle DOC più anziane in Italia.
Non è una DOC da numeri spaventosi, anche per i non tanti produttori soci del consorzio, e il disciplinare, non ha fatto altro che “istituzionalizzare” l’uso locale, decisamente di elastico per quel che riguarda i vitigni e le percentuali.
Eccone un estratto…
L’inconsueto nome di questo vino viene dall’antico metodo di produzione.
In tempo di latifondo, ma anche dopo la riforma agraria del 1947, erano pochi i viticoltori che nella zona di Lucera potevano permettersi il lusso di avere un posto dove vinificare in proprio.
Così, era uso l’utilizzare “a tempo” le poche vasche di fermentazione che (guarda caso…) erano presenti solo, o quasi, nelle aziende dei grandi latifondisti della zona.
Ogni contadino o viticoltore pagando una sorta di “noleggio”, aveva a disposizione il palmento per vinificare al massimo per una giornata.
Si doveva versare e togliere rapidamente dalle vasche il mosto per dare spazio agli altri. Mania agricola paglione
Da questa sorta di forzata frenesia enoico-vendemmiatoria, deriva l’espressione dialettale Cacc’e MMitte, in Italiano metti e togli, il nome della attuale DOC.
Un vino fatto di corsa, dove le bucce non concludevano il loro lavoro con i tempi dovuti. Neanche il tempo di raccogliere il tutto appena pigiato, e c’era già qualcuno con altre uve pronto a prendere il posto.
Viste queste premesse, giocoforza, il Cacc’e MMitte, risultava un vino ogni anno diverso, spesso molto diverso.
Un tempo, e non solo in Puglia, negli stessi filari convivevano allegramente tutti i vitigni che sarebbero diventati quel tale “vino”.
Il vino era già fatto in vigna… Mania agricola paglione
Però, e questo è facile immaginarlo, i tempi di maturazione dei diversi vitigni utilizzati non erano mai gli stessi, e vista anche la “manica larga” della tradizione introitata nella DOC, ogni Cacc’e MMitte era sensorialmente una storia a se.
La DOC del 1975 ha messo (un po’) di ordine nella faccenda.
Finalmente i piccoli produttori, complici i mutamenti politico-sociali che avevano redistribuito un po’ meglio la ricchezza anche nel Tavoliere e dintorni, hanno incominciato a vinificare il Cacc’e MMitte senza fretta, trasformandolo così de facto in un rosso, ma un rosso solo apparente, vista la quantità di uve bianche ammesse nella DOC, non solo simbolica.
Questa, semplificando all’eccesso è la storia del Cacc’e MMittee di Lucera.
Nel nuovo millennio, tempi e sensibilità del mercato sono migliorati, e così quelli dell’Agricola Paglione hanno deciso di rovesciare il tavolo riportando l’orologio del Cacc’ e MMitte indietro di una cinquantina di anni, forse più.
Chiamatela come volete, archeologia enologica, filologia del vitigno/vitigni, ritorno della tradizione etc etc… e non fatevi fuorviare dal nome, perché il Mania dell’agricola Paglione di Lucera (FG) l’unica “mania” che può ingenera è quella di berlo.
Il nome dell’agricola Paglione, almeno per i consumatori più avveduti è sinonimo di Bio. Mania agricola paglione
Ma… bio serio, non quello“di facciata” che tanto piace a chi crede nei mulini bianchi, il bio che invade gli scaffali della piccola e grande distribuzione.
Loro, quelli dell’Agricola Paglione, semplicemente al Bio ci credono, nei fatti, non nelle mode, e non da ora… Mania agricola paglione
Così nasce il Mania, semplicemente ricreando le condizioni del Cacc‘e MMitte delle origini.
Le uve, tutte, restano per meno di ventiquattro ore sulle bucce, prese dai filari così come sono, mature in maniera diversa di anno in anno.
Il risultato è interessante e foriero di ulteriori evoluzioni, variabile nel suo corredo sensoriale, volutamente. Mania agricola paglione –
Il Mania dell’Agricola Paglione anche se non ancora (per scelta e per normativa credo…) etichettato come DOC, per uvaggio è a tutti gli effetti un Cacc’e Mmitte, ma riportato alle origini. Mania agricola paglione
Davvero difficile incasellarlo.
Già dalla bella cromaticità tendente al rubino, non è un rosato, ma nemmeno un rosso scarico, ancor meno è un orange…
E’ un qualcosa a sé. Mania agricola paglione
La prevalenza di uve scure magari con assaggio da bendati, sia al naso che al palato lo farebbe immaginare come un rosso.
Però, nel contempo la mancanza, o per meglio dire la poca permanenza sulle bucce crea un corredo sensoriale, sia al palato che al naso decisamente curioso.
Un qualcosa “imparentato” con una vinificazione in bianco.
Però, con il Mania dell’Agricola Paglione, per fortuna, non siamo ai livelli di quelle deprecabili vinificazioni in bianco di certi vitigni rossi, vinificazioni superflue e forzate. Mania agricola paglione
Vinificazioni “in bianco” di questo genere, quasi sempre danno risultati sensoriali stranianti, e come disse un giorno un serio enologo di mia conoscenza, servono solo a stupire il consumatore impreparato, stupendolo con vini sensorialmente amputati, anzi: con “le palle tagliate” (perdonate il francesismo).
No, anche se ancora un “neonato in fasce”, il Mania dell’Agricola Paglione non scende a questi compromessi, e già dal primo assaggio mostra una sua personalità, almeno per i campioni che ho assaggiato.
Il colore, come detto prima, è quasi da rosato, piacevole.
A dispetto delle bucce che hanno avuto pochissimo tempo per fare il loro mestiere, gli archetti sono chiari, netti e ben distribuiti.
Al naso invece dominano da subito i sentori di frutta rossa, liquirizia e un tocco di terra bagnata, peculiari dell’uva di Troia (nero di Troia) se vinificata senza trucchi e belletti (leggi: lieviti selezionati) che, anche se alleggeriti dal veloce passaggio sulle bucce, sono in ogni caso percepibili, con in più le note tra il floreale e il balsamico del Bombino e della Malvasia.
A palato il Mania dell’Agricola Paglione ha un inizio un po’ ostico.
La tannicità nonostante tutto è degna di nota, ma basta poco per entrarci in sintonia, e subito diventa piacevolmente allappante e caldo quanto basta, senza inutili smancerie o sentori piacioni.
Anche il finale, mediamente lungo e persistente e ben intrecciato con la giusta nota alcolica, è degno di nota.
E’ così, signori e signore, il Mania dell’Agricola Paglione vuole essere semplicemente questo. Mania agricola paglione –
Non un rosso, non un bianco, non un rosato…
Semplicemente il figlio legittimo delle uve della tradizione del Cacc’e MMitte senza compromessi.
Il lavoro dell’Agricola Paglione con il Mania è meritorio, filologico, il Cacc’e MMitte di una volta”…
Logicamente, come è uso dell’Agricola Paglione anche il Mania è vinificato in maniera assolutamente naturale.
Niente enoporcate in vigna e in cantina.
Si lavora assolutamente puliti e ben ben oltre le larghe maglie del disciplinare Bio. Mania agricola paglione
Solo un blando controllo della temperatura in fermentazione e un minimo di SO2 se serve, e il resto è solo l’abilità di chi lo fa. Mania agricola paglione
Solo un bel succo d’uva (ben) fermentato.
Sarebbe bello che per tutti i vini fosse così…
Piccola nota riguardo la temperatura di servizio.
Il Mania dell’Agricola Paglione regala sensorialmente il meglio di sé tra i 12° e i 15° di temperatura.
Per favore, non servitelo gelato, o con una esagerata temperatura ambiente, in ogni caso provatelo!
«L’istante in cui ci si abbandona a un vino senza più pensare ad altro che al ricordo indelebile che lascerà. Proprio in quel momento il bere si trasforma in atto memorabile»
Mania Agricola Paglione
Agricola Paglione s.s.
C. DA PERAZZELLE – SP 116 KM 9,8
71036 – LUCERA (FG)
Tel. 366 990 77 71
info@agricolapaglione.it
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?