Di Fabio Riccio,
L’Abruzzo negli ultimi anni è diventata una regione gastronomicamente interessante e matura, molto.
Le stelle (e non solo…) abbondano, e il livello medio della ristorazione non è stato mai così alto.
Però non vi parlerò di ristoranti o cuochi, ma di una tipica preparazione Abruzzese che più tipica non si può.
Quasi un “piatto del cuore”, uno di quelli che ne mangeresti fino a scoppiare, magari anche con le mani…
Un piatto tutt’ora molto diffuso nelle case, ma che è spesso presente nei menù di molti ristoranti in provincia Chieti, specialmente tra Lanciano, Vasto e i rispettivi circondari.
Signori e signore, vi presento Le Ndurciullune!
Su come si scrive esattamente il curioso e buffo nome dialettale non c’è univocità.
C’è chi li chiama Ndurciullune, ma anche Ndurcillune o altri nomi simili, tutti nomi unanimemente onomatopeici nell’indicare un qualcosa che si arrotola e si attorciglia…
Personalmente preferisco il termine Ndurciullune, perché “suona meglio”, e perché questo è il nome con il quale è stato iscritto nella lista dei PAT (prodotti agroalimentari tradizionali), una forma di tutela della tipicità a mio avviso un po’ blanda, ma che contestualizzando rimane sempre un buon inizio.
Nel dettaglio, le Ndurciullune è un formato di pasta fresca (lunga) imparentato con i più noti spaghetti alla chitarra, in particolare per via della sezione quadrata, ma per nulla per dimensioni e per la materia prima con cui è realizzato.
A differenza degli spaghetti alla chitarra dove la pasta è con uova, le Ndurciullune sono rigorosamente senza uova. Solo un impasto di farina di grano duro al 70%, farina di grano tenero al 30%, acqua e sale. Fine.
Dalla pasta lasciata riposare quanto basta, si ricavano delle sfoglie spesse 4-5 millimetri e lunghe mezzo metro o più, quindi, marcando bene la differenza, sono ben più alte e lunghe dei tradizionali maccheroni alla chitarra.
Pressando le sfoglie di pasta con il tradizionale matterello sulla chitarra, detta anche in dialetto carraturo, si ottengono così le Ndurciullune, una pasta che una volta cotta in abbondante acqua, al palato si presenterà molto saporita, e se ben fatta, alla prova della masticazione risulterà tenace ma mai gommosa, questo anche per l’ottima capacità di interagire e dialogare con i condimenti.
Giusto per la cronaca, la chitarra, per chi non lo sapesse, non è solo il nome del noto strumento musicale, ma anche il nome dell’apposito attrezzo di legno con fili di acciaio che serve a preparare la pasta.
Le Ndurciullune sono uno dei pezzi forti della cucina povera (a torto…) della tradizione agreste e pastorale abruzzese.
La “morte” de Le Ndurciullune è il condirli con un sugo di castrato in rosso, o come piace al sottoscritto, con un robusto sugo alla ventricina vastese, magari con il tocco di classe finale di una spolverata di pecorino ben stagionato, cosa che regala ulteriore complessità al sapore deciso ma incredibilmente equilibrato de le Ndurciullune.
Se passate in Abruzzo, assaggiateli!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?