Di Fabio Riccio,
Si, l’altra sera in onesta pizzeria, una di quelle senza lode & senza infamia, ma con un inquietante forno inclinato rotante che sembra più un jukebox con legna di faggio che un forno per pizze, per l’ennesima volta ho udito questa frase, prima rivolta al cameriere, e poi ripetuta al pizzaiolo.
Ben cotta!
Soppesando bene il significato delle parole, e sperando che chi apre bocca profferendo la frase “ben cotta” abbia una adeguata conoscenza della lingua italiana, ben cotta che diavolo significa?
Ha senso?
Nel mio privato dizionario, una cosa ben cotta è una cosa cotta a regola d’arte, in questo caso secondo esperienza e coscienza del pizzaiolo, non cotta più del normale.
Invece… per molti, con spregio di sintassi, grammatica e buonsenso, in pizzeria ben cotta è diventato sinonimo di… molto cotta, se non carbonizzata o quasi.
Una cosa che proprio non si può sentire!
Chi fa questa richiesta parte prevenuto.
Presuppone che il pizzaiolo cuocia poco (e male) le sue pizze, così quelli che amano la pizza trasformata in un biscottone tendente al crocchioso, rischiano di ritrovarsi nel piatto della roba cruda, logicamente (a loro avviso) poco digeribile.
Direte voi… “i gusti sono gusti”, e specialmente per la pizza il detto “chi la vuole cotta, chi la vuole cruda” è da sempre sulla bocca di tutti.
Certo, ci mancherebbe altro!
Però… ditemi che sono antipatico & spocchioso (lo sono…) ma ‘sta storia del gusto personale e del “a me piace così” che spesso si accompagna al ben cotta, non mi sconfinfera affatto.
Primo perché così non si lascia spazio a repliche, e poi perché sul “libero arbitrio” di molti Italiani, anche e specialmente quando sono a tavola, ci sarebbe da discutere, molto.
Il problema è che con il “a me piace così” nel campo della cucina si sono giustificate e tutt’ora si giustificano infamie gustative di ogni tipo.
In ogni caso, Ben cotta, senza se e senza ma, è una richiesta che in pizzeria non si dovrebbe mai sentire.
La giusta cottura è una è soltanto una, ed è quella che tutti i bravi pizzaioli professionisti dovrebbero conoscere.
Due – quattro minuti a 280 – 350 gradi per gran parte delle “pizze all’Italiana” o “degustazione” in forno elettrico, mentre per la pizza napoletana 60 – 90 secondi tra 420 e i 500 gradi, logicamente in forno a legna.
Ben cotta?
No signori, no, non ci siamo.
Passi per gli abbinamenti improbabili e inutilmente fantasiosi che un certo tipo di clientela richiede e che certi pizzaioli approvano.
Passi anche per il “libero arbitrio” ma, la cottura della pizza è una soltanto, vale a dire quella giusta.
Piaccia o meno, ogni pizzaiolo sa qual’è, mica mica parliamo di un filetto al sangue.
Chi grida ben cotta se ne faccia una ragione, è il pizzaiolo nel bene e nel male che decide.
Stop.
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Ma stai zitto, se alcune pizzerie la fanno letteralmente bianca cosa devo dire? Se a molti piace cotta in un determinato modo non rompere la ciolla con sti articoletti da due soldi