Di Fabio Riccio,
A me piace andare a Campobasso.
Sarà perchè ci ho trascorso la mia adolescenza, sarà per il breve tragitto stradale da casa mia, sarà perchè è un un luogo a me molto familiare, ma un salto nel capoluogo di regione del Molise lo faccio sempre volentieri. La mia auto ben conosce la strada, basta dirglielo, e ci arriva da sola!
Ho da poco terminato di leggere un piccolo libro di quello che è considerato il più grande scrittore molisano, Viaggio nel Molise di Francesco Jovine. Il libro è una raccolta di alcuni articoli pubblicati su un quotidiano, su un viaggio che lo scrittore al tempo residente a Roma, negli anni ’40 del secolo scorso intraprende proprio nella sua regione di origine.
Logicamente, leggere il capitolo dedicato a Campobasso (Urbanità di Campobasso – appunto) è stato per me occasione di riflessione.
Alcune considerazioni che l’autore fa’ sono tutt’ora condivisibili, ma altre non mi trovano d’accordo. Non concordo, almeno non del tutto, e trovo riduttivo quando Jovine definisce Campobasso città di servizio “inventata” solo per le necessità del suo limitrofo contado.
Il nucleo storico originario di Campobasso è invece interessante non tanto per la presenza di monumenti o manufatti di grandissimo valore, ma per l’atmosfera rarefatta, quasi di sospensione del tempo che si respira nelle ripide stradine, e nelle piazzette adiacenti i pochi palazzi “importanti”.
Campobasso, come una grande pianta rampicante, è cresciuta abbarbicandosi al colle alla cui sommità c’è il bel castello detto (dei) Monforte.
All’interno o sul limitare della cinta muraria è piacevole fare una camminata, e prima di arrivare al castello in cima, se aperte, un occhio alle due antiche chiesine di San Giorgio e San Bartolomeo non guasta.
Campobasso, al contrario di quanto lascia trasparire Jovine in alcune delle pagine del libro, ha una sua forte, fortissima identità come comunità.
Occhi e orecchie attente, riconoscono al primo colpo un campobassano per il suo “stile” (anche nel vestire e nell’atteggiarsi) e la sua parlata in qualsiasi angolo del mondo.
L’identità si estrinseca anche in un orgoglio (“io”) molto forte, ma giustificabile da parte dei suoi abitanti per le tradizioni locali.
L’identità campobassana trova forte riscontro anche nel dialetto, infarcito oltremisura ancora di francesismi e spagnolismi e, che solo un orecchio cresciuto oltre la linea del Tevere può scambiare con il napoletano, con cui si’ condivide gran parte del lessico, ma non assolutamente l’originalissima cadenza, decisamente più chiusa di quella partenopea.
A questo punto, il lettore gastrodelirante si chiederà se questa “campobassanità” la si trova anche a tavola.
La risposta è un si’ netto è chiaro.
La cucina popolare campobassana, in generale abbastanza “robusta”, schiva elegantemente le complicazioni (la cucina delle famiglie abbienti campobassane, è invece tributaria di quella “alta” napoletana) e attinge molto ai prodotti dell’orto, e solo in seconda battuta alla carne, in special modo al cosiddetto quinto quarto.
Buon interprete di questa cucina, pur con i dovuti aggiustamenti per i fiacchi palati del nuovo millennio, è una trattoria al margine del centro storico, La grotta da Concetta, in Via Larino.
Non aspettatevi arredi fastosi, la sala è essenziale, e con le ormai imperversanti volte a vista.
Quasi sempre c’è il pienone (buon per loro!).
Le tovaglie sono di carta, i bicchieri per l’acqua quelli della Nutella con tanto di Puffi e decorazioni varie, il menù è solo orale…
Ma vivaddio, il cibo è vero, gustoso e autentico a prova di scettico, perché questa è davvero una di quelle trattorie che merita l’aggettivo “di casa”, ma nell’accezione positiva del termine.
La pizza & minestra piace anche anche a un carnivoro “estremista” e compulsivo come il sottoscritto, le polpette al sugo e la salsiccia di fegato sono buone come quelle della nonna, le paste sanno davvero… di pasta, e i robusti sughi non aspirano a piroette gustative, che qui stonerebbero.
Piacevolmente, visto che ancora tanti prediligono lo sfuso, con gli anni qui si è iniziato a bere anche benino.
La carta, in stile con i bicchieri dell’acqua, è scritta a mano sulle pagine rimanenti di un vecchio registro dei corrispettivi datato 1981.
Spero che il fisco non abbia niente da ridire…
Oltre alle dovute bottiglie regionali con Tintilia etc etc, si inizia anche a vedere un po’ di attenzione per le nuove tendenze.
Qualche sera fa’, insieme a Serena abbiamo anche bevuto un Trebbiano d’Abruzzo Terraviva 2012, “naturale” (vedi: http://www.tenutaterraviva.it/i-vini/trebbiano-d-abruzzo-doc-terraviva/) che tolta la forse eccessiva nota alcolica (è pur sempre un 14,5°!) si è dimostrato complesso a sufficienza e peculiare al naso, mentre al palato la piacevole acidità in certi momenti sovrastava tutta i bei sentori di cedro e bella frutta gialla.
Ma, cosa più importante, questo buon vino si è dimostrato un ottimo compagno della nostra bella cena campobassana!
Trattoria La Grotta Da Concetta
Via Larino 7, Campobasso Tel. 0874 311378 Chiuso Sabato e Domenica
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Bravo Fabio Gianfelice!!
Continuate cosi’, non guastatevi come un altro ristorante vicino a voi!
Dopo diverse cattive esperienze di trattorie e ristoranti a campobasso, da quando ho conosciuto questo locale ho cambiato opinione! La grotta da concetta e’ ormai tappa fissa ogni volta che passo in molise per lavoro. Lunga vita a un ristorante cosi’ “vero”!!!
Grande, grande… grandissimo!
L’unico e solo VERO difensore della cucina tradizionale Campobassana.
Fabio Gianfelice for president!!!