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Divulghiamo e scriviamo su cibo, vino e le loro storie, facendo critica gastronomica ed enologica nel senso stretto della parola.
A volte con ironia, a volte con la “sciabola” delle invettive, ma sempre come nostro uso, senza fare sconti a nessuno.
Le ricette, e questo con il massimo rispetto, le lasciamo ad altri, certamente più bravi di noi in questo…
Però, tutte le regole hanno eccezioni, così ecco a voi qui una recensione di… un libro di ricette!
Kuhamo Na Našo
Libro particolare, però, titolo ostico… per forza: è in croato!
In Italiano si traduce come “cuciniamo alla maniera nostra”.
Non è un prontuario di pietanze dei nostri dirimpettai illirici, ma un libro di ricette e tradizioni mangerecce di una delle più piccole minoranze linguistiche italiane, i Croati del Molise.
Ignoti alla maggioranza degli Italiani, i Croati del Molise abitano in tre piccoli paesini, dell’entroterra molisano, tra i fiumi Trigno e Biferno.
Acquaviva Collecroce (Živavoda Kruč), San Felice del Molise (Filić) e Montemitro (Mundimitar) in totale poco meno di 2000 anime, (in passato le comunità slavofone erano di più, e stanziate anche fuori del Molise, ma con il tempo molte sono state italianizzate) dove gli avi degli attuali Croati del Molise sono arrivati a partire dal quindicesimo secolo in varie ondate, in fuga dagli ottomani che stavano invadendo gran parte dei Balcani.
Sfidando il tempo, e forse anche per il loro forte isolamento, gli abitanti di questi tre borghi hanno incredibilmente conservato praticamente intatta la loro lingua, fino ai giorni nostri.
Intendiamoci, se decidete di fare un salto in questi paesi (ve lo consiglio!) non c’è bisogno di un interprete o del dizionario tascabile, tutti parlano italiano, ma il croato in special modo per i più anziani, è davvero la lingua di tutti i giorni, la lingua delle chiacchiere al Bar, la lingua delle beghe in piazza tra comari, oltre che la lingua scritta di buona parte della toponomastica e della cucina locale.
Ecco: Kuhamo Na Našo, più che un libro di ricette, in questo caso bilingue, va considerato come un riuscito “fermo immagine” che ha raccolto, catalogato e salvato dall’oblio molte preparazioni tipiche di questi paesi, prima tramandate solo oralmente, in particolare quelle di Montemitro, il più piccolo dei tre borghi croatofoni, ma il più caparbio nel difendere questo retaggio culturale e linguistico che, ben si esplicita anche tra pentole e fornelli.
Certo, esaminando in dettaglio le varie ricette si scopre che più d’una è simile se non uguale a quelle dei limitrofi paesi molisani di lingua italiana, ma… con nomi croati, questo è un dato di fatto.
Però, a tavola le contaminazioni tra culture da sempre sono il miglior viatico per creare sapori e appianare conflitti, così i più attenti ai dettagli e quelli che conoscono almeno a grandi linee le ricette di questa parte di appenino, non potranno non notare che lo scambio di sapori tra le due rive dell’adriatico è stato sicuramente reciproco, anzi, in certi casi osmotico, come ben si evince in un dettagliato studio della professoressa Adrianna Słabińska, linguista dell’università di Gdansk (Danzica) in Polonia, che ha ben esaminato questi aspetti in un interessante ed esaustivo scritto (in Inglese) facilmente reperibile in rete ¹.
Così, senza voler far filologia alimentare spiccia, alcune ricette peculiari dell’appenino molisano e abruzzese, probabilmente sono tributarie di usi e sapori arrivati dall’altra riva dell’Adriatico.
Questo però, con alcune eccezioni, a volte all’interno di altre eccezioni che questo “ricettario” mette bene in evidenza…
Ad esempio, la Štrijola, una robusta zuppa di pane, lardo, uova e prezzemolo, che per la sua carica proteica era il piatto “post-parto” per eccellenza, non ha un preciso equivalente nella cucina molisana, e pare letteralmente dimenticata dalla cucina croata contemporanea, mentre lo Specatin s kažovem (spezzatino cacio e ova) piatto popolarissimo nelle sue mille versioni nella cucina abruzzese e molisana, lo si ritrova abbastanza simile (perfino nel nome) anche dall’altra parte dell’adriatico, cosa che fa pensare a l’ennesimo e scambievole viaggio di andata e ritorno dei sapori tra le due sponde del mare.
I rizandze s mbliken (tagliolini al latte con lardo e sale) tipici un po’ ovunque in tutto il centro-sud per il giorno dell’ascensione, si ritrovano più o meno identici nella cucina molisana, ma più spesso nella versione dolce… anzi, qualcuno li chiama, (e li confonde) impropriamente con il “latte portoghese”…
Invece, le džrklje (una sorta di frittelle dolci) curiosamente scomparse dall’orizzonte culinario della Croazia contemporanea, sopravvivono tra i Croati Molisani, in certi casi anche declinate a mo’ di Street food…
Si, un libro da leggere anche per comprendere che il cibo, e tutto quel che ci gira intorno, spesso parla di storia…
Riferimenti
¹ – Adrianna Słabińska – Molisan cuisine (names of dishes) as an example of multiculturalism and multilingualism
https://ispan.waw.pl/journals/index.php/adeptus/article/download/a.2015.010/1619
kuhamo na našo
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?