Di Fabio Riccio,
Tanti, troppi forse, redigono classifiche dei ristoranti dove sono hanno mangiato, di solito da ospiti non paganti.
Ma si sa, sul web classifiche & ricette dettano legge e fanno numeri incredibili!
Ma, c’è anche chi redige classifiche delle cose peggiori mai mangiate pagando regolarmente il conto, e se possibile in incognito, cioè… noi di www.gastrodelirio.it!
Quando la (nostra) classifica degli orrori 2018 era ormai pronta, una sera in pizzeria ha scombussolato le carte in tavola: li, ho mangiato il peggior calzone della mia vita!
Eccolo…
Chiedo indulgenza per la foto, fatta di soppiatto e tremolante, in ogni caso rende l’idea ciò che ho ingurgitato fino all’ultimo boccone per puro tafazzismo.
Ecco, un orrore dall’aspetto inquietante, oltretutto contrabbandato per calzone, mancava nel mio personale campionario degli obbrobri gastronomici.
Tralasciando la bizzarra forma, maldestro incrocio tra un brufolo gigante e un “cillarichijene” (un buon dolcetto Abruzzese), il peggior calzone della mia vita si è rivelato essere la sagra degli orrori per il campionario degli errori che, solo chi prova ad improvvisarsi pizzaiolo ma non lo è, può fare.
Tecnicamente, nel piatto mi è arrivato “un coso” quasi azzimo per inadeguata lievitazione, vista la pasta dall’alveolatura quasi assente, l’alternarsi di crocchiosità e flaccidità sospette, e infine le bolle bruciate sulla parte superiore, poche ma esageratamente pronunciate, segno anche di un maldestro uso del forno.
Nel “sedicente calzone”, mancava anche l’indispensabile “foro di sfiato”, foro che permette ai vapori che si formano nella cottura del condimento di fuoriuscire.
Vabbè, per farla breve, questo presunto “calzone” faceva solo schifo!
Tutto questo a dispetto del “pizzaiolo”, che come ormai è di moda, millanta ai poveri malcapitati avventori lievitazioni di 60 e più ore, e l’uso di farine “salutistiche” (ma dove???), logicamente dai nomi arcani e tristemente brevettati…®, giusto per aumentare le royalties di certe multinazionali che brevettano di tutto un po’, comprese le gramigne dei giardinetti di Bogotà, e gli invasivi triticum giganti della Papuasia…
Sulla giunzione delle due code, orrore mai visto in nessun calzone, e qui spessa due dita e praticamente cruda, stendo un velo pietoso…
Peccato però… il locale dove producono questi orrori è piccolo, giovane e simpatico.
Mettendo da parte la vanagloria sulle farine usate (in ogni caso costose), i condimenti sulle pizze e dentro il “calzone” erano di buona, se non di ottima qualità.
Il prosciutto cotto, era davvero prosciutto cotto e non “spalla” di infima qualità, i latticini filanti e saporiti al punto giusto, e il pomodoro della salsa, pur se acquoso e inondante l’interno del “calzone”, gustoso e di corretta acidità.
Però, come in tante altre pizzerie, il vero problema è che il pizzaiolo è straconvinto di fare le cose per bene.
Magari avrà anche frequentato una delle innumerevoli “Scuole di Pizza”, che con l’attuale boom, sono spuntate ovunque, come lumache dopo la pioggia.
Però, e con con l’esclusione di quelle poche serie, buone & professionali, molte scuole sono solo luoghi dove improvvisati “maestri pizzaioli”, che a loro volta non hanno idea di come si fa e di cosa sia una pizza, previo lauto pagamento, insegnano a far (male), magari con imprimatur & marchio di qualche ente locale, pizze & affini.
Cui Prodest?
P.S. – Non solo il peggior calzone della mia vita era quello che era… ma anche la pizza era inadeguata (eufemismo…).
Date un occhio qui sotto.
Anche qui uno sguardo attento e preparato troverà un bel campionario di errori & orrori!
♫ ♪ “Tu chiamale se vuoi, lievitazioni”… ♪ ♫
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?