Di Fabio Riccio
Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro degli hamburger di qualità.
Tutte le cucine della vecchia Europa ormai si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: Massimo Bottura e Ciccio Sultano, Niko Romito e Carlo Cracco, Gordon Ramsay e Davide Oldani, i radicali della nuova cucina Italiana e i neo-convertiti alla nascente “piccola cucina parigina”.
Dov’è c’è un Hamburger che non sia stato bollato di insalubrità dai suoi avversari in cucina, dove è il partito di opposizione che non abbia ritorto l’infamante accusa di “neo-fast-foodismo” sia contro gli esponenti più progressisti dell’opposizione che contro i suoi avversari reazionari?
Di qui due conseguenze.
L’Hamburger viene ormai riconosciuto da tutte le cucine europee come una potenza.
È gran tempo che gli chef espongano apertamente a tutto il mondo la loro prospettiva, i loro scopi, le loro tendenze, e oppongano alla favola dello spettro degli hamburger un manifesto della loro cucina.
Prima di tutto chiedo perdono a quel grande filosofo tedesco (barbuto…) per avergli rubato, e maltrattato slealmente l’incipit di un suo famoso “manifesto” ma, nelle italiche contrade si notano i prodromi di un nuovo “tormentone gastronomico”, tormentone che rischia di diventare ancor più diffuso del famigerato tortino al cioccolato, o della rucola sulla pizza.
Si, miei cari lettori, stiamo assistendo alla nascita di un qualcosa che rischia di imperversare nei nostri piatti per un bel po’ di anni, vale a dire gli hamburger di qualità.
Non che il sottoscritto sia di principio contro lo sdoganamento e la “nobilizzazione” di quello che nell’ultimo quarto di secolo (non di bue…) è diventato a torto o a ragione l’emblema del mangiare veloce, ma dalla qualità talvolta discutibile.
Un tempo nelle nostre contrade gli Hamburger erano anche chiamati “svizzere”, onestamente non ho mai capito perchè, visto che neanche nella vicina confederazione ne sanno più di tanto.
Ma… senza andare oltralpe, la nostra cucina nazionale ha già bello & fatto un sinonimo degno del massimo rispetto, cioè polpetta.
Vi piacciono le polpette?
A me si, specialmente quelle fritte!
Si, va bene, diranno i puristi – non confondiamo l’oro con il piombo – la polpetta italiana in tutte le sue innumerevoli declinazioni regionali è ben altra cosa, nulla a che spartire con gli hamburger, di qualità o meno!
Gli hamburger prima di tutto sono schiacciati & pressati, mentre le polpette nostrane sono tonde e più o meno oblunghe.
Oltre questo, gli Hamburger nelle macellerie hanno le loro brave “macchinette” che gli conferiscono la regolamentare forma tonda, oppure lievemente ovoiadale.
Come chi ben mi conosce già sa’, il sottoscritto gironzola parecchio per ristoranti e affini, e in un certo senso ha il polso della situazione.
Beh… cari lettori gastrodeliranti, togliendo i ristoranti “veloci” (eufemismo) che non frequento, salvo rari casi di sopravvivenza calorica, sto iniziando a vedere troppi hamburger di qualità (o… presunta tale) sulle italiche tavole ristoratorie.
La cosa inizia a puzzarmi di “modaiolo”.
A pensar male ci si indovina due volte, ma il copione mi sembra già bello e scritto.
Che poi questi hamburger di qualità siano anche gustosi, succulenti e saporiti e non ricordino neanche minimamente quelli scientificamente studiati ed eseguiti di alcune catene di “ristorazione veloce”, è ben altra cosa.
Quando sono autoprodotti dal ristoratore di turno, questi hamburger di qualità han dentro di tutto di più.
Non è poi un male, ma talvolta si rischia di esagerare.
Oltre che con le nostre buone carni nostrane, tanti ristoratori si sbizzarriscono in funambolismi carnivori realmente degni di nota.
Qui qualche “perla” di creatività sugli hamburger trovata googlando in rete…
- Bisonte e Alce – l’hamburger cornuto “boreale”.
- Zebù, Chianina, Emmentaler – l’hamburger globalizzato.
- Pasta di salame di Norcia, chorizos e caciocavallo – dagli Appennini alle Ande.
- Cavallo, asino e sfilacci di coniglio – nella vecchia fattoria.
- Pollo ruspante ed equino selvatico (zebra?) – l’hamburger striato molto creativo.
- Finta carne (di soia…), ceci e ravanello – Finto… hamburger per vegani & vegetariani.
E… per chi si vuole sbizzarrire – sul web l’elenco continua all’infinito…
Insomma: un gran fervere di sperimentazione e accostamenti più o meno probabili.
Però… a tutto c’è un però.
Insieme a tutti gli sperimentatori che con dignitosi risultati cercano conferiscono rispettabilità questo bistrattato simbolo della cucina veloce, ci sono altri ristoratori, magari bravi ma un bel po’ “pigri”, che vuoi per non perdere la “nuova tendenza”, vuoi per mera emulazione, hanno trovato una rapida scorciatoia legandosi mani e piedi a quelle che sono chiamate le “grandi piattaforme distributive di qualità”, da non confondere con quelle un po’ meno di qualità, che trattano prodotti di livello più modesto.
Una telefonata o una mail, ed ecco che il mattino dopo arriva il bel contenitore refrigerato carico di ottimi Hamburger già belli & fatti di qualsiasi carne con quarti di nobiltà, come da catalogo.
Il risultato?
Hamburger (certamente di qualità) ma sempre identici, da Lampedusa al passo del Brennero, da Oristano a Cuneo.
Insomma… fateci caso, ma in tanti buoni ristoranti gli hamburger sono entrati nel menù, sdoganati si’, ma sempre uguali, o con piccole varianti.
Potere delle piattaforme distributive.
C’è chi si limita a prepararli così, semplicemente e senza fronzoli scottandoli sulla piastra, giocando solo sul roboante nome del taglio di carne utilizzata, c’è chi lo infila in più o meno improbabili panini serviti al piatto, ma c’è chi invece spreme le meningi e cerca di ingentilirlo avvicinandolo a qualche altro aroma o accompagnamento.
Ma, diciamocela tutta, la sostanza non cambia: il nuovo tormentone è arrivato.
L’hamburger, di qualità o meno, sempre una polpetta di carne rimane...
Magari sarà fatta anche con la carne del Bue api, della Mucca Carolina o della mucca violetta di una nota marca di cioccolato, ma la sostanza non cambia.
Una Polpetta…
Eh si, uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro degli hamburger di qualità.
Gastrodeliranti di tutto il mondo unitevi!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Non per fare il bastian contrario… ma c’è hamburger e Hamburger.
Capisco che la cosa sta rischiando di diventare di moda, ma bisognerebbe dividere quei locali (ristoranti e altri) che comprano la loro buona carne e si autoproducono gli hamburger, e quelli che si affidano ad altri facendoseli consegnare bellie fatti, cavalcando la moda, appunto.
Simpatico e reale l’articolo, davvero si vedono un po troppi hamburgers per ristoranti…
Visto che il manifesto c’é giá, perché non fondate un bel partito “gastrodelirante“?