Piccolo reportage da Tursi (MT) su un agricoltore un po’ speciale…
Estate, il sole giaguaro della controra.
Pochi umani in giro.
Cicale che friniscono, rumorose.
Afa, cielo caliginoso. giardino della Kolymbethra
Tursi, Val d’Agri, lembo di Basilicata che guarda allo Ionio e all’oriente, e che nei volti e nelle voci si tinge di Puglia e Calabria.
Un Sud che più sud non si può, un viaggio nel viaggio, ma se sono qui è perché del fragore del turismo non so proprio cosa farmene.
Cerco sempre gli angoli più nascosti alla gente, per questo i più preziosi.
Qui, c’è un uomo che rappresenta un mondo e un modo di operare che quasi non c’è più, in bilico tra passato e presente e lì lì per precipitare e andare in pezzi, come un sonnambulo sul cornicione.
Un agricoltore agricoltore un po’ speciale, Domenico Bascetta.
Il regno di Domenico Bascetta: pochi ettari verdi sul fiume Agri, plasmati in anni di lavoro in un personalissimo giardino della Kolymbethra, che rompe la monotonia dell’argilla che spunta in ogni dove.
Anni addietro ho conosciuto Domenico, restando folgorato dalla sua “filosofia” che si riassume in tre parole: amore per una biodiversità concreta e non formale da mulini bianchi & orticelli scolastici politicamente corretti, Laisser-faire (alla natura) quanto più possibile e, per chiudere il cerchio, un po’ di sana autarchia riguardo le sementi.
Domenico e sua moglie Vittoria mi aspettano.
Arrivano con la loro vecchia Ford “da campagna”.
Un tocco di gomito (siamo ancora in tempi di covid) ed ecco che dai baffoni a grondaia di quest’uomo, un sessantino asciutto con il volto cotto dal sole e l’immancabile codino legato dietro la nuca, spunta un sorriso.
È un agricoltore un po’ speciale, perché Domenico Bascetta, segnatevi bene il nome, è la biodiversità fatta persona.
Per sua scelta, e andando oltre ogni disciplinare bio o biodinamico, coltiva in maniera limpida e senza trattamenti di sorta oltre 70 tipi di frutta e ortaggi, alcuni davvero rari, altri condannati all’estinzione causa la loro poca versatilità alle esigenze di “shell life” & packaging…
Un eroe, anzi: un resistente dal volto e dalle idee pulite.
Un eroe che in tempi di livellamento gustativo, da questa terra e dalla sua scelta di vita, riesce anche (con fatica…) a trarre reddito.
Il valzer delle meraviglie inizia.
«Vedi questo? È il Percoco novembrino» e nel mentre toglie un lembo di buccia da un frutto per mostrarmi la polpa rosso carminio, non ancora matura.
«Non assaggiarlo ora, o ti si lega la bocca, mica è maturo…»
«È un frutto delizioso, ma non lo coltiva più nessuno. Eppure, avrebbe spazio sul mercato, visto che a novembre di Pesche e Percoche fresche non se ne vedono in giro…»
«Ho percoche quasi per tutti i mesi dell’anno. Ho piante del percoco di Tursi a polpa gialla che matura a settembre, del percoco sanguinello a polpa rossa anche questo maturo a settembre»
«Ho anche un curioso percoco piatto, da non confondere con la pesche piatte a ufo, nato qui per caso, probabilmente ibridato chissà come dalle mie api, e ho anche delle piante del dimenticato percoco dorlaccio…»
Fragole di mezza estate?
Certo!
Più piccole rispetto a quelle grandi come mele che imperversano dai camion agli angoli delle strade, fino ai supermercati.
Non hanno nomi varietali specifici, e hanno sapori e colori meno “strillati” delle loro consorelle, ma sono sapori indiscutibilmente più eleganti, balsamici e freschi, ancor più se colte e gustate sul campo, come ho fatto io.
«Qui è tutto argilloso, spiega Domenico», e mi indica la vista a perdita d’occhio dei grigi calanchi, «lo strato di terreno sopra l’argilla non è altissimo, ma è terra buona, e poi per nostra fortuna, abbiamo acqua!»
L’arancia Staccia
«Vedi questa? È l’arancia staccia. Non la coltivo solo io, è tipica di questa zona. Si coltiva a Tursi e Montalbano Jonico» e mi porge un’arancia grandissima che sembra (per dimensioni) un melone.
«Questa arancia è stata portata qui dagli Arabi attorno all’anno mille, ed è buonissima da mangiare. Per la sua buccia spessa, è ideale per fare canditi o per le marmellate.»
«Una volta matura, può restare sulla pianta per mesi senza rovinarsi, e una volta colta, si conserva a lungo così com’è, senza trattamenti, ma nonostante tutti gli sforzi per preservarla e farla conoscere, ha poco mercato, e sai perché?»
Domenico si incupisce… «perchè è troppo grossa! Un’arancia staccia pesa anche un chilo, e così esce fuori da ogni “calibro” della grande distribuzione e nessuno la vuole»
«E… che dire del mandarino marzaiolo, ideale per il mandarinetto, del pomodoro invernale, dell’arancia navellina, dell’arancia bionda e altri? Tutti fuori sintonia con tempi ed esigenze di calibro e stagionalità della grande distribuzione, sono destinati a scomparire.»
Il viaggio nel moderno giardino della Kolymbethra continua.
Domenico e sua moglie Vittoria Imperiale sono fiumi in piena, vogliono mostrarmi e spiegarmi tutto… dalla zucca spaghetti, alla melanzana tonda rossa dolce (ottima fatta a chips a mo’ di di patatine, oppure sott’olio), l’alkekengi, il kiwano noto anche come cetriolo cornuto africano, qui ben acclimatato come l’okra, arrivata sull’Agri dalla Tunisia.
Per finire, le arance brasiliane e il peperone crusco, quest’ultimo ormai assurto al ruolo di ambasciatore della Basilicata gastronomica, e il cotone…
«Sapevi che qui, questi terreni una volta erano tutti seminati a cotone?»
«Un tempo a Tursi era attiva tutta la filera cotoniera, dalla pianta al cotonificio fino alla tela.»
«Dava lavoro a tanti e produceva ricchezza, ma è tutto scomparso.»
«Il cotone ora, lo usiamo per abbellire i pacchi regalo che ci chiedono i nostri clienti»
Ultima tappa l’acqua.
Domenico e Vittoria si inerpicano su un sentiero tra gli orti che porta a uno slargo sulla parete di una ripida collinetta che cinge i terreni.
Li seguo, ma le mie scarpette da barcaiolo estivo sono quanto di peggio c’è per arrampicarsi.
In qualche modo arrivo.
Da una fessura tra l’argilla sgorga una fonte.
Un flusso perenne, anche in piena estate racconta Domenico.
Acqua che non si perde, va giù in una vasca e poi nel sistema di irrigazione.
La assaggio.
Non è fresca, allappa e odora di argilla, ma è acqua vera, limpida e buona per irrigare.
Un tempo, questa era l’acqua che dissetava chi si spaccava la schiena nei campi per un tozzo di pane.
Si beveva non per piacere o per dare al corpo particolari minerali, ma per pura sete.
Scendiamo, ora il sole picchia meno.
All’ombra del capanno degli attrezzi, tiriamo le somme di questo pomeriggio di vagabondaggio negli ultimi chilometri della Val d’Agri.
giardino della Kolymbethra
Incontrare gente, scandagliare umori, cercare la bellezza anche in qualche vegetale e accorgersi che anche Domenico e sua moglie Vittoria sono belli.
Belli di una bellezza che nasce anche dalle mani callose e dal perseguire fino in fondo una “idea forte”, riuscendo nell’intento.
Belli perché ancora si guardano negli occhi con lo stupore di due ragazzini…
Qualche rimpianto Domenico?
«Rimpianti particolari no. Con enormi sacrifici abbiamo costruito quel che volevamo, la nostra piccola utopia, cioè un’agricoltura davvero pulita anche senza “bollini”. Non siamo diventati ricchi, ma per nostra fortuna abbiamo una casa, e non ci manca niente, va bene così»
«Due piccoli rimpianti però li ho»
A questo punto negli occhi di Domenico e di Vittoria leggo un velo di malinconia.
«Il primo è per le nostre figlie. Hanno scelto strade diverse, ma noi non siamo i padroni di nessuno, e rispettiamo le loro scelte. Va bene così.»
«Però, salvo ripensamenti o qualche acquirente molto motivato, quando l’avanzare dell’età ci impedirà di curare come si deve la proprietà, è destino che tutto questo finirà, un peccato.»
«Il secondo, è per i cinghiali. Negli ultimi anni hanno invaso in forze questo territorio, e non c’è barriera elettrificata o recinto che tenga. Ho avuto danni notevoli»
«E le autorità? E gli animalisti, che dicono?»
Cedere docilmente allo stupore è l’unica chiave che da un senso a questo pomeriggio lucano.
Un viaggio fatto per ritrovare un resistente che non ha smesso di meravigliarsi del mondo e della vita.
Rientro nel b&b, nessuno in giro, solo una lieve brezza sale dallo Ionio.
Rinfresca, e aiuta a ben incolonnare i pensieri.
giardino della Kolymbethra
Azienda Agricola Domenico Bascetta
Località Val del Monte
Tursi (MT)
Tel. 338 15031358
https://www.facebook.com/bascettad/
giardino della Kolymbethra
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?