Di Fabio Riccio,
C’è un Oste di cui mi fido.
Mi fido perché riconosce al volo se è la sera giusta per sperimentare, o quella per rimanere sul sicuro.
Sera da sperimentazioni.
Palato rodato – ma, non saturo – il momento giusto per sensazioni nuove.
Arriva la bottiglia. L’oste di proposito cela l’etichetta e non dice nulla del vino, quasi mi impone di berlo.
Tappo a corona, e nonostante la luce non sia quella giusta, nel granato un po’ scarico scorgo un attimo di torbidità, da non filtraggio.
E’ un rosso, mi basta così.
Approccio alla cieca, istintivo, il migliore per me.
Spietatamente e contravvenendo agli assiomi incontestabili del sommellier “AccaA” e dei suoi accoliti, senza attendere troppo ficco subito il naso nel calice e aspiro – impetuosamente – neanche fossi in debito di ossigeno.
Qui inizia lo spettacolo.
Incenso: selvaggio, furioso e vibrante nello stesso tempo. Incenso che subito invade le narici e oblitera ogni altro residuo olfattivo di quanto bevuto e mangiato in precedenza.
Sembra di stare in Chiesa – un Te Deum.
Mi giro, cerco parroco & Turibolo che spandono effluvi.
Niente clero: nel calice invece c’è lui, un vino che spande note di incenso a tutta forza.
Ma non solo incenso, anche frutta rossa, profumi di spezie, pepe bianco e un sottile balsamico che inverte la rotta per approdare al mentolato.
Ho nel calice un vero e proprio ceffone olfattivo.
Butto alle ortiche le incertezze, e faccio mio il contenuto del calice anche in bocca.
A questo punto, inattesa, esplode l’eno-dicotomia, una di quelle fragorose e affascinanti dicotomie che solo certi nettari di bacco che in cantina non subiscono alchimie di sorta sanno regalare.
In bocca, al contrario che al naso, il G Punk (ecco finalmente il nome del vino…) spande freschezza, amabilità e finanche spensieratezza, sotto le sembianze di un corpo discreto e di una salinità quasi amara, dove comanda la nettissima nota di rabarbaro, quasi che ti sembra di addentare una fetta di rhubarb pie di britannici natali.
Eppure, nonostante gli stridori decisamente Punk – mai nome più indovinato – il G Punk è un esemplare equilibrio tra alcol, tannicità, fresca acidità e facilità di beva.
Pochi fronzoli e tanta sostanza, che qualcuno (forse) chiamerebbe anche grinta…
Un finale lungo, sicuramente godereccio.
E’ quasi come avere nel calice due vini in uno…
Davvero un vino Punk.
G Punk per disorientare i luoghi comuni, per ribaltare l’ordine costituito, e nonostante l’apparente “rumore” di note a prima vista dissonanti, affascina, e si fa bere a glu glu – altra sorpresa…
Altro che i noiosi vinetti da pizzeria che spesso devo sorbirmi, monotoni e stereotipati come tanti ragazzini perbene firmati da capo a piedi. Compitini enologici sempre uguali e rassicuranti, dall’etichetta al tappo, dall’equatore al polo nord, dove tutto (sembra) perfetto, tranne una cosa: il carattere, cosa che non manca di certo al G Punk, un vino che scalcia e che vuole il suo spazio.
Però… questi vinetti spesso costano molto di più del G Punk, qui è il punto…
Dicano quel che vogliano, mi incasellino pure il G Punk nel reparto vini brutti sporchi & cattivi, ma a me è piaciuto, tantissimo. Stop.
Ti invoglia a bere, non è stucchevole, soprattutto è un vino vero.
Il G Punk è un Grignolino in purezza dell’azienda Cascina Tavijn.
Il grignolino pur se ancora presente e noto nell’immaginario collettivo dei vini, in realtà è un vitigno sempre meno diffuso.
Un tempo molto presente sulle colline del Monferrato, nel nuovo millennio non se la passa tanto bene, visto che è l’1% della produzione piemontese.
Uva da vini non particolarmente colorati, di facile beva, dai sentori speziati.
Spesso, il grignolino è usato in uvaggio con Barbera e Freisa
Il G Punk stuzzica molto i sensi, e per come si presenta tra palato e olfatto, davvero mi rammenta il Punk inteso sia come cultura, che come musica. Si: è tutta un’altra musica nel calice…
Inutile dire che in cantina & vigna, la brava Nadia Verrua lavora assolutamente naturale, altrimenti di questo vino non ne avremmo parlato qui su Gastrodelirio…
Cascina Tavijn di Nadia Verrua
14030 – Scurzolengo (Asti)
Tel. 0141.203187
Cell. 329.4469445
http://www.cascinatavijn.it/
info@cascinatavijn.it
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?