Di Fabio Riccio,
Sere addietro ho provato un ristorante, nuovo, almeno per me.
Vabbè, ordinaria ricognizione dell’isola che non c’è, raschio il fondo del barile.
Mi è sempre più difficile trovare qualche posto interessante fuori dei pochi, pochissimi “soliti noti”, ma con questo locale credo di aver toccato il fondo, anche per i tanti chilometri andata & ritorno che mi sono sciroppato…
Prima di tutto date un occhio alla ricevuta fiscale.
Visto? fuori dalle guide e dai blog specializzati c’è l‘inferno
65 euro: due antipasti, due secondi + accessori, alias contorni, vino e un amaro. Il tutto ci potrebbe stare se la cena fosse stata di qualità, ma non lo è stata affatto, anzi. Il luogo? Una italica cittadina centromeridionale. Stop.
Allora… andiamo per punti, proprio come nella ricevuta…
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Coperto. Anacronistico pedaggio. Due euro a cranio per tovaglioli di carta, bicchieri e tovagliato così così, sono esagerati.
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Vino, 12 euro. Scialbo bianco locale – si trova al dettaglio sui 5 euro.
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Acqua, due euro. Bottiglia di vetro – marca nota – questa è ok.
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Antipasti 18 euro.
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Scamorza alla brace & prosciutto (8 euro). La scamorza (mezza in realtà), è discreta ma malamente cotta. Parte dell’interno è freddo di frigorifero. Il prosciutto, roba da hard, ma molto “hard” discount.
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“Misto” (10 euro), è uno striminzito tagliere di frittatine & piccoli rustici scaldati, salumi sempre da hard discount, un cucchiaino da caffè di ricotta (buonina questa), una specie di micro-parmigiana con melanzane (accettabile), e due mini-fritti, per fortuna fatti al momento.
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Secondi piatti.
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Agnello arrosto (10 euro). Dignitoso. Un po’ troppo grasso e filaccioso, non mi è sembrato roba locale, però, poco prima di pasqua gli agnelli se la passano male, quindi giocoforza si chiede “aiuto” oltreconfine.
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Baccalà gratinato con aromi. Onestamente è buono, alto, ben cotto e ben dissalato, si fa mangiare. Qui, ci siamo.
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Contorni.
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Cicorietta saltata (4 euro). Nella norma.
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Patate arrosto. Cottura estrosamente random, alcune ok, altre quasi crude.
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Liquorino a fine pasto (2 euro). ok.
A quanto sopra elencato aggiungo che in sala eravamo solo tre persone, ma i tempi di attesa sono stati molto lunghi. Inoltre, un bel po’ di ragnatele erano ben visibili qua e la, e la musica di sottofondo (piacevole) è stata rovinata da chi serviva ai tavoli, che per ingannare il tempo guardava alla cassa un film in rete, logicamente ad alto volume. Un grande esempio di professionalità insomma.
Ritornando al cibo (sic), il resto del menù proposto era di una ovvietà incredibile, con i rituali tortelloni & ravioli in varie salse, gli immancabili filetti, tagliate & cotolette, le solite paste con verdurine, per non parlare della “chicca” finale del reparto dolci, affidato in toto a una (onesta) piattaforma distributiva, omonima di un ex ministro (donna) della repubblica.
Con 65 euro in due, conosco e frequento locali dove si mangia bene, con qualità e intelligenza, posti, dove è correttamente declinato il concetto di cucina, posti dove non ci si limita a scaldare più o meno bene degli alimenti, spacciandosi per un ristorante. Come al solito (ma guarda un po’…) questo “ristorante” è puntualmente segnalato & esaltato nelle colonne di un famoso sito di recensioni online dalla occhialuta grafica verdognola.
Tirando le conclusioni, ho cenato dove la parola professionalità, sia tra i fornelli che in sala è sconosciuta, oltretutto con un rapporto prezzo/qualità davvero imbarazzante. Fine.
Che serata triste!
Ancora seduto a tavola aspettando il conto, spulcio su internet, e come se non bastassero le assurde sviolinate lette sul sito dalla grafica verdognola, scopro che il cuoco sul web “se la tira” moltissimo, e ostenta premi e concorsi vinti, per non parlare del suo personale sito, dove si dipinge come fosse un multistellato Michelin.
Mah…
Pagato il conto, prendo la via del ritorno, e come si dice… “cornuto e mazziato” , ripenso a un vecchio articolo del bravo Luciano Pignataro, che anche se relativo a una pizzeria, è sulla mia medesima lunghezza d’onda.
Si: Luciano ha pienamente ragione – ecco le sue parole – C’è poco da fare: fuori dalle guide e dai blog specializzati c’è l’inferno.
Non è autoreferenzialità o difesa della casta, semplicemente ho riportato dei fatti, inconfutabili. Stop.
Nella maggioranza dei ristoranti come questo, che in Italia sono tantissimi, tutto quello che è accaduto, e che continua ad accadere nella cucina Italiana negli ultimi 10 – 15 anni, sembra non suscitare il pur minimo interesse.
Non si è cuochi per le foto incorniciate a ingresso cucina, o per aver partecipato a uno dei tanti concorsi gastronomici di provincia, magari pagando per esserci…
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?