In assoluto, il primo vitigno indelebilmente impresso nel mio catalogo sensoriale è l’Incrocio Manzoni, bianco.
Anno 1991.
Corso, primo livello, terza lezione.
Dopo la lezione, il docente apre una (sua…) bottiglia.
Post scriptum extra curricolare…
Non ho memoria del produttore, ma del vitigno: un incrocio Manzoni.
Con gli incerti mezzi sensoriali all’epoca in mio possesso, dopo solo tre lezioni non rodati e non consapevoli al 100% di quel che avevo in calice, degusto.
Di istinto mi piace.
A naso e palato c’è parecchio, anzi: moltissimo, come mai prima accaduto.
Non distinguo bene ancora tutto, ma è il primo vino che mi ha stupito e schiaffeggiato per bene i sensi.
Per la prima volta, ho incontrato i “fuochi artificiali sensoriali”.
Un “imprinting”, citando Konrad Lorenz – indimenticabile.
Anno 2021, trenta anni dopo.
Il lockdown non finisce mai…
Per cambiare… cena a casa, zona rossa, zero alternative, zero cuochi a disposizione.
A tavola, sodale a degli “scampi da urlo”, fino pochi attimi prima della padella dotati di motilità propria, e a una saporita Orata al forno, c’è il Fontanasanta Manzoni Bianco 2019 di Foradori.
Elisabetta Foradori, mi fido.
Dell’incrocio Manzoni, 6.0.13 (Riesling Renano & Pinot bianco) detto Manzoni bianco pure.
Non potrebbe essere altrimenti.
Giallo appena carico al vetro, naso da subito caleidoscopico.
Fiori, mela verde, erba di fresco tagliata, erica, spezie e a tratti incenso, quasi come nel turibolo in chiesa.
Ma è quando che arriva alla bocca che il Fontanasanta Manzoni Bianco dà il meglio di sé.
Fresco e corposo, sapido con una bella acidità e un accenno di tannini.
Sorso vivo, pieno, strutturato e dannatamente minerale, per nulla vittima della imponente spalla acida, e all’opposto, dei soli 12° di alcol.
In chiusura, con l’evoluzione e i sensi plasmati dagli indizi ittici (con gli scampi appena scottati è perfetto!) e il salire della temperatura, fanno capolino altre spezie (cumino), altro balsamico e frutta secca.
Non un vino, ma una sicurezza.
Bello, esuberante e di carattere, il Fontanasanta Manzoni Bianco 2019 proprio e specialmente per questo, è tassativamente da godere d’istinto per il suo multiforme corredo sensoriale che, si imprime indelebilmente nella memoria senza troppe menate e superflui tecnicismi.
Questi ultimi, li lascio ai vari “dottori del vino”…
I vini di Elisabetta Foradori, nota anche come la “signora del Teroldego”, sono la dimostrazione di come si può ben gestire una realtà vitata e di bottiglie prodotte per nulla marginale, mantenendo però un limpido approccio “artigiano” irreprensibilmente “pulito” senza enoporcate che rappresenta al meglio e realmente il territorio, in questo caso il Trentino.
Quadratura del cerchio?
Secondo me si.
Ad averne di più di realtà come queste!
Azienda Agricola Foradori
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Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?