Di Fabio Riccio
Una delle varie “discriminanti” per mettere alla prova la bontà o meno di un ristorante, è l’olio, e come lo si conserva. Non voglio entrare qui nelle irrisolte diatribe sull’obbligo di bottiglie monouso etc etc ancora in itinere nella comunità europea, ne’ tantomeno raccontare in dettaglio le tante buone proprietà per la salute di un buon extravergine, non è il mio mestiere.
Invece, da buon gastrogoloso, voglio solo raccontare qualche “perla” sull’olio portato (oppure già presente)sulle tavole di un certo tipo di ristorazione, perché purtroppo, anche in ristoranti che offrono una buona cucina, persiste una inammissibile incuria per l’olio.
Ampolle, boccette e fiaschette, contenitori in ceramica di fine ‘800, reperti in coccio delle guerre puniche, fantasiosi oggetti in plastica anni ’70 vinti con i bollini premio… sulle tavole di certi ristoranti si trova di tutto.
Ma, (quasi) tutti hanno una cosa in comune: l’essere in qualche modo aperti, o con chiusure a dir poco approssimative. Il risultato? Olio difettato, olio dal forte sentore di rancido, olio per nulla buono, olio che invece di esaltare il sapore, lo rovina…
L’olio extravergine di oliva ha quattro temibili nemici: aria, luce e calore e… quelli che lo trattano e conservano male.
L’olio andrebbe conservato solo in ambienti freschi e asciutti con minime escursioni termiche (tra i 12° e 18° centigradi), al riparo dalla luce e dall’aria, in contenitori d’acciaio inox o in vetro scuro, e andrebbe consumato entro l’anno. Tutto qui, perché dopo i dodici mesi, fragranza e sapore incominciano ad affievolirsi. A dispetto di queste poche e semplici precauzioni, in più di un ristorante invece persiste la deleteria abitudine di conservare in modo approssimativo l’olio e, di “propinare” in tavola oli scadenti, oppure fintamente di eccellenza.
Finto olio di qualità… e come fanno? Semplice, confidando che nel 99,5% dei casi i clienti non hanno la minima idea di cosa sia un buon olio, certi furbacchioni in “toque blanche” mettono in bella vista sul tavolo eleganti bottiglie con etichette importanti e prestigiose. Però, queste bottiglie spesso sono solo fumo negli occhi, e… la triste pratica delle bottiglie riempite di nuovo, ma con oli di cui non si sa’ la provenienza è ancora abbastanza diffusa.
Consiglio: se ci riuscite, pretendete al tavolo una bottiglia di olio ancora sigillata, e date un occhio alla data di scadenza, se tutto è a posto avrete almeno la ragionevole certezza che l’olio non è stato “rabboccato” come quello (minerale...) della vostra auto.
Consiglio bis: diventate amici di un bravo assaggiatore di olio, allora si’ che ne vedrete delle belle!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?