Di Fabio Riccio
Per la serie “Io sono un seguace di Tafazzi, la sequela degli improbabili, e poco gastrodeliranti accostamenti vino/cibo continua.
Come tante sere, dopo una giornata di lavoro fino a ora di cena, la pigrizia è al potere.
Così, si finisce al solito negozietto della pizza al taglio non lontanissimo da casa.
Quasi sicuramente il simpatico ragazzotto con cappellino & visiera che lo gestisce (ma è proprio necessario che quelli delle pizze al taglio devono avere ‘sti cappellucci ridicoli?), dicevo… è quasi sicuro che ‘sto pseudopizzaiolo (mica è Bonci eh…) usa bieche farine autolievitanti e oli di ignota progenie, nonché pura caseina impilata a forza in inquietanti filoni, questo al posto della mozzarella.
Però malgrado questo, in tutta onestà devo dire che pur saltuariamente alimentandomi dei prodotti di questo “buchetto” (la sera traboccante di altra pigra umanità…) di pizzeria, non ho mai avuto problemi gastrodigestivi di sorta. Forse sono solo fortunato.
Giunti a casa con il vassoio ancora a temperatura dignitosa, però arriva lo sconforto…
Come salvare la serata?
Come sempre Serena prende in mano la situazione e si fionda nella “cantinetta dinamica” in corridoio. Ne torna raggiante con una bottiglia di Etna Rosso Poggio Grimodi di Caronia.
Un po’ di tempo fa’, avevo già citato in un post questa piccola azienda siciliana vedi – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/trattoria-dellalba-piadena/2014/01/
La bottiglia, prima di giungere da noi, ha fatto un bel po’ di strada sopra e sotto per l’Italia (alla faccia del Km zero!), partendo dalla Trinacria per arrivare fino a Piadena (CR) alla Trattoria dell’Alba, dove il buon Omar Bertoletti mosso a compassione munificamente ce ne procurava una, che poi veniva trasportata ferroviariamente sin sulla cosa molisana.
Non c’è bisogno di “tecnicismi” o di sfoggio di paroloni per enofighetti per descrivere questo vino che, nel mio primo assaggio proprio all’Alba di Piadena, avevo definito con il solo aggettivo di “sorprendente”…
Il colore rubino mediamente carico fa’ da apripista a un bel mix dove cannella, pepe bianco e amarena si amalgamano al naso in armonia. Al palato è caldo, avvolgente, un po’ ruffiano e abbastanza concentrato, con tannini eleganti. Equilibrato e molto fine, una volta apertosi a dovere, sfoggia una giusta mineralità, che però non mette in ombra i bei sentori speziati che sono i suoi attributi principali.
Un vino gastrodelirante quanto basta per rimpiangere di non averne altre bottiglie!
P.S. Per chi non ricorda chi fosse Tafazzi un occhio qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Tafazzi
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?