Di Fabio Riccio,
In realtà… anche cooking demo, show cooking, cooking performance, persino Cooking public demonstration.
Qualcuno azzarda anche master class, specialmente se la faccenda è a porte chiuse, cioè senza la presenza del consueto stuolo di “Casalinghe di Voghera” aggiornate alla versione 2.0.
Il Cooking Show, o come altro lo si vuol chiamare, è il tormentone di (quasi) tutti gli eventi gastronomici di questo scorcio di terzo millennio.
Dal Cooking Show non si scappa, è come il raffreddore, prima o poi te lo becchi!
Celebrazioni, festival, inaugurazioni di centri commerciali, feste patronali, ogni occasione è buona per un palco con sopra chi cucina & spadella...
Aspetto solo qualche Cooking Show come “contorno” a un battesimo, una prima comunione o una festa di divorzio.
Per i matrimoni, il Cooking Show pare sia già molto “di moda”.
Spero non sull’altare, magari con una master class sull’uso della pisside per la corretta conservazione delle ostie, o più prosaicamente di fronte all’ufficiale di stato civile.
Gli ingredienti indispensabili per un Cooking Show (cuoco/cuoca a parte) sono solo tre, e non sono solo quelli mangerecci che andranno a comporre il piatto.
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Palco, telecamere, cucina attrezzata, microfono.
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Pubblico adorante, obbligatoriamente fornito di smartphone per le foto. Bytes rubati all’agricoltura, si diceva un tempo…
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Presentatore con (in molti casi millantata) esperienza nel settore della gastronomia.
L’essenza di un Cooking Show è semplice.
Un cuoco/cuoca, più o meno bravo, più o meno noto, più o meno stellato & forchettato, mostra al popolo gaudente di casalinghe, aspiranti blogger, foodies, influencer e altra umanità dolente, come si cucina un piatto.
Fine.
Una cosa simpatica il Cooking Show, che se ben organizzato, diventa una ottima occasione per divulgare un po’ di cultura gastronomica, assaggiando e ragionando a livello di palato e olfatto su quello che si è visto preparare.
Però, spesso, troppo spesso, durante molti Cooking Show, vedo cose che mi lasciano perplesso se non basito.
In primis accade che di frequente i piatti “illustrati” durante il Cooking Show, non sono parte del menù del ristorante da dove proviene il cuoco/cuoca.
Sono piatti preparati appositamente per l’occasione.
Mah… perplesso a dir poco.
Poi, in più di qualche Cooking Show dove ho partecipato, sia come semplice spettatore e sia, e qui lo preciso a chiare lettere, come conduttore, ho osservato una cosa che va oltre la logica e oltre il raziocinio.
I piatti preparati durante il Cooking Show, non vengono assaggiati da nessuno.
Ci si limita solo a far vedere come si realizzano, il pubblico non ha diritto ad assaggiarli. Punto.
No signori cuochi & organizzatori di Cooking Show, al sottoscritto la cucina trasfigurata in una sorta di Peep Show – guardare e non toccare – in questo caso assaggiare, non piace.
Una cosa questa, che come critico gastronomico, quindi avvezzo a giudicare dai fatti e non dallo spettacolo e dalle “immagini”, faccio molta fatica a “digerire” (qui il termine “digerire” è appropriato).
Guardare e non mangiare…
Invece, tanti si accontentano e vogliono proprio questo, magari osservando il tutto da uno schermo, e poi esprimendo anche giudizi, di merito e non.
La logica, prima di dire se qualcosa è buono o meno buono, suggerirebbe di assaggiare.
No?
Parliamo di gastronomia o di “bei quadretti”?
Il cibo lo si può e lo si deve (anche) guardare.
Una bella “mise en place” è importante, ma poi lo si magia. Fine.
Per mettere alla prova la poca logica c’è nelle zucche (vuote?) di un certo tipo di Italioti, ooopss Italiani, è diventata mia abitudine chiedere a ‘mo di provocazione, ai blogger/casalinghe etc etc che incrocio nei Cooking show dove non si assaggia, se il piatto gli è piaciuto.
Beh, cari lettori, vi assicuro che in tanti, ma proprio tanti rispondono che era buonissimo.
Mi cadono le braccia.
Ma come diavolo fanno ad affermare che qualcosa da mangiare è buono senza averlo assaggiato?
Il concetto di “buono” in cucina estrinsecato senza assaggio?
Il piatto è buono solo perché è bello cromaticamente, o perchè ci si fida del cuoco/cuoca famoso?
Da una parte gli “star chef” in bella mostra su un palco, e dall’altra un pubblico vorace di immagini ma non di cibo…
E… questi qui, che solo osservando una immagine si arrogano di elargire beòtiche patenti di bontà & sapore, hanno anche diritto di voto alle elezioni?
Aggiungo anche che tra questi ultimi, ci sono parecchi che scrivono (molto poco in verità, più che altro fotografano) di cibo.
Cari signori Cuochi & Chef, fate qualcosa per contrastare l’ossessione iconico-gastronomica del nostro tempo.
Tornate nei vostri Cooking Show a fare e parlare di cucina, nei fatti!
La vera cucina, arte, grande artigianalità e tanto sudore, è cosa ben diversa dai cuochetti di periferia che destrutturano la pasta col pomodoro su un palco, senza poi farla assaggiare…
Cooking Show cui prodest?
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?