Dove vanno a finire i calzini
Quando perdono i loro vicini?
Dove vanno a finire beati?
I perduti con quelli spaiati
Quelli a righe mischiati con quelli a pois
Dove vanno nessuno lo sa
Con questa bellissima immagine in versi, quel grande poeta in musica che è Vinicio Capossela si pone metaforicamente il problema di dove finiscono i calzini spaiati.
Qui, più alla spicciola, mi chiedo invece che fine fanno i panettoni dopo le feste (anche quelli artigianal-gourmet, un tormentone da un po’ di anni) che in special modo in quest’anno di libertà vigilata causa pandemia, hanno invaso le case degli italiani.
Semplice: artigianali o industriali, di grido o di hard discount fanno tutti la stessa fine.
Malamente tagliati, prendono il posto a colazione delle varie merende, biscotti, torte, spesso orribilmente straziati visto che vengono inzuppati nel caffè o nel caffellatte, alla faccia di tutte le norme della sintassi del gusto.
Porzionati alla bisogna, qualcuno li userà nelle domeniche a venire al posto del cabaret di pastarelle.
Qualcuno andrà in beneficenza alimentare a case di riposo e bisognosi vari.
Qualcuno li riciclerà per la zia Mariuccia ultranovantenne, tanto lei non ci fa caso se gli si dice che in gennaio c’è un secondo (o terzo…) natale.
Altri, li useranno come base per “gustose ricette” obnubilandoli con dubbie creme o composte di alimentari dai nomi inquietanti.
Poveri panettoni…
Post scriptum un po’ lungo… che fine fanno i panettoni
Questo nefasto e disgraziatissimo 2020 tra le tante cose è stato anche più che mai l’anno del panettone gourmet o artigianale che dir si voglia.
Molti, forse viste le innegabili e tragiche difficoltà del settore della ristorazione e di tutta la sua filiera, nel tentativo di limitare i danni si sono improvvisati maestri del panettone, logicamente con bene in vista l’etichetta “artigianale”.
Panettieri.
Chef di grido e meno di grido.
Pasticceri.
Baristi.
Pizzaioli.
Tabaccai.
Enotecari.
Ristoratori.
Alimentaristi da mercato itinerante.
Caramellai e tanti altri, troppi forse; magari c’è anche qualche Kebabaro…
Prendendo come esempio i numeri di Termoli (dove abito), dove si incrociano il 42º parallelo Nord e il 15º meridiano Est, che per la cronaca regolano il fuso orario (UTC+1 o Central European Time di buona parte dell’Europa, ho censito per quel che ho contato, ben 16 produttori di panettoni artigianali.
Una vera e propria esagerazione.
Termoli fa quasi 34000 abitanti, più o meno un produttore ogni 2200 abitanti.
Troppi per essere tutti bravi. che fine fanno i panettoni
Rapportando questi numeri alla popolazione Italiana, ne esce qualcosa di stratosferico.
Per carità, in maggioranza sono buoni (anche se molti del panettone ne hanno solo il nome), ma l’interrogativo che mi sono posto gironzolando per social e TV è un altro: possibile che tutti, e ripeto, proprio tutti, sono buonissimi, artigianalissimi, geniali, salubri, creativi e chi più ne ha più ne metta?
Possibile che nessuno di questi, specialmente quelli fatti da chi in quest’anno di vacche magrissime si è cimentato per la prima volta con questo complicato dolce, è un po’ meno buono oppure fa proprio schifo?
E con questo non voglio entrare ne ginepraio del food cost, ma come sempre ribadisco che la materia prima “buona”, costa di più, spesso parecchio di più.
Mi sa proprio che forse i comunicatori e i vari uffici stampa di provincia e periferia, quest’anno hanno un bel po’ esagerato.
Possibile che nessun critico gastronomico serio e indipendente (categoria scomparsa ormai fagocitata dai “comunicatori a gettone”) abbia osato scrivere due righe due dicendo che (forse…) qualcuno di questi “panettoni” non è per nulla fatto bene, oppure è sensorialmente insignificante?
Per la legge delle probabilità qualcuno dovrà pur essere cattivo o quantomeno modesto?
Invece?
Lo so, sono antipatico, scorretto, spocchioso, ripetitivo e non partecipo alle manie collettive, ma questi sono fatti incontrovertibili, non opinioni. Punto.
Perchè non meditarci sopra?
Cui Prodest?
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
E cosa ne dici di in tiramisù con panettone tostato?
Comunque un bel panettone (meglio senza canditi) avanzato con un tiepido latteccaffé è la mia colazione preferita