Lo so, ho la propensione a ripetermi, ma per l’ennesima volta ammetto che i francesi con la macerazione carbonica (anche quella semi) dal Gamay tirano fuori cose molto interessanti che, non è un paradosso, sempre più spesso NON sono quelle etichettate come Beaujolais nouveau.
Da noi… beh, stendiamo un pietoso velo.
Salvo qualche “luminosa” eccezione, alias pochi & rari produttori da segnalare al vaticano per la beatificazione immediata, con la macerazione carbonica nonostante il crollo verticale delle vendite degli ultimi anni, ci si ostina ancora a tirar fuori novelli da supermercato, per intenderci quelli delle tristi (e spesso ridicole) feste delle castagne & novello al centro commerciale, dove quando va bene di novello (alias % di vino da macerazione carbonica), disciplinare alla mano, in bottiglia può essercene meno della metà.
Ma perché noi Italiani siamo sempre così Italiani?
Che occasione buttata alle ortiche!
Così, per consolarmi da questo (triste) stato di cose, e per riappacificarmi con la macerazione carbonica, ieri sera ho stappato un Beaujolais Chateau Cambon récolte 2018 Domaine Marcel Lapierre, un Triple A.
Attenzione, un 2018.
Se era uno di quei “novelli” di cui ho scritto prima, era già diventato vino di Superciuk.
Gamay in purezza, macerazione semi-carbonica, fermentazione spontanea in acciaio e poi breve affinamento in legno.
Al calice sfoggia un bel rosso granato, vivace ma non troppo carico, con il lusso di archetti spaziati e ben visibili.
Al naso, dopo la prima canonica folata balsamica-vanigliosa caratteristica della carbonica, subito frutti rossi, spezie, erba tagliata, e dopo un po’ di evoluzione, su tutto si impone (e un po’ chiude gli altri sentori…) uno svolazzo di ciliegie mature.
In bocca è agile, di discreto corpo e non avvolge oltremisura, ma anche di buona freschezza per i tannini, giusti e stuzzicanti quanto basta a puntellare e rendere più fluida la beva, che non patisce affatto i soli 12,5° di alcol.
Il Beaujolais Chateau Cambon 2018 non cambierà la storia dell’enologia, ma vi assicuro che dal punto di vista della piacevolezza complessiva è dannatamente ben fatto, anzi, è proprio un gran bel bere, e buono com’è, di sicuro sarà un ottimo compagno per cena, obbligatoriamente senza le dannatissime castagne, ma con qualche piatto di carni non troppo rosse e dalla giusta cottura, o perché no, a uso di parziale contrasto, per crostacei e molluschi cotti al sugo.
Insomma… etica, territorio, anzi, terroir senza mediazioni per un vero vino glou-glou, scusate se è poco!
https://www.marcel-lapierre.com/
http://saviosoaresselections.com/domaine-3
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?