di Fabio Riccio
Spesso, ritornano individui di cui speravamo l’eliminazione, anzi l’obliterazione, magari non fisica, ma almeno “morale”, alias… toglierceli per sempre dai piedi.
Ritornano pseudo parenti di quinto grado, esseri dati per dispersi chissà dove, e che invece compaiono quando meno te lo aspetti, chiedendoti conforto morale, più spesso finanziario.
Ritornano come dei boomerang regali orrendi “riciclati” dopo un tortuoso giro di amici, parenti & consanguinei, magari senza neanche il cambio della carta che li avvolge.
Questa volta invece vi racconto di un ritorno quantomeno inusuale, il ritorno dei grissini!
Si: anche i grissini ritornano…
Premetto che il “fattaccio” è accaduto anni addietro, in una elegante città lombarda, quasi al centro della pianura padana.
Una gran bella città nota ai più per il buon vivere, per l’abbondanza di opere d’arte, e… per il buon cibo, questo anche per aver dato i natali a più di un “nome” nel campo gastronomico, in secoli vicini e lontani.
Primavera inoltrata.
Anche il piattume della superantropizzata pianura si tinge di colori. E’ primavera anche tra le porcilaie. Il sole inonda di luce fiumi e canali che punteggiano il percorso verso il centro della città.
Filari di pioppi e gelsi ai lati delle strade, finalmente ricchi di foglie, le nebbie invernali sono solo un ricordo.
In città, all’epoca del “fattaccio” il ventaglio della scelta gastronomica era discreto: tre locali che pur se non ai vertici della gastronomia nazionale, assicuravano un solido livello di qualità, e materia prima di tutto rispetto. Seguendo il mio (fallibillissimo) istinto di gastro-affamato di provincia, opto per quello più “in centro”.
Il rischio di imbattermi in qualche ciarlante turista c’è, ma me lo accollo volentieri: sarà bello pranzare tra mura che odorano di storia.
Per farla breve, un gran bel pasto!
Salumi e insaccati per lievità gusto sono vicini all’orgasmo gastronomico…
Le paste ripiene, da far crepare d’invidia a quel simpatico signore Veronese produttore di ottime paste… ripiene.
Si, proprio lui: quello dal cognome da “batrace” che bussa in casa delle gente e viene accolto a braccia aperte – (e ti ci credo: porta in dono quel ben di dio!)
Le carni? semplicemente stupende!
Dolci non memorabili, ma pur sempre di classe.
Niente preparati industriali.
Si perdona qualche imperfezione, ma lo ammetto: sono io che cerco sempre il pelo nell’uovo, se no, che razza di critico “tritatutto” sarei?
Insomma, un posto per una bella esperienza al palato, in una zona d’Italia gastronomicamente “matura”.
Ma… qualcosa di storto aleggia nell’aria!
Fine pasto, un momente in cui (in certi…) ristoranti può accadere di tutto…
Algidi camerieri, prima impeccabili, si trasformano in tristanzuoli lavapavimenti.
Sedie capovolte sui tavoli, che carenti delle cure di un tappezziere, mostrano tutto il loro “fulgore a tergo”. Luci parzialmente spente ad arte.
Messaggio neanche tanto subliminale per gli ultimi clienti, ve ne volete andare o no??).
Personale di cucina che si lancia in gorgheggi canori degni del migliore Frank Sinatra. Sommeliers, che con contagiosa felicità, smettono l’uniforme, e indossando un paio di jeans iniziano a tracannare birraccia da hard discount.
Fornitori con casse di mercanzie. (momento topico se volete appurare che roba vi è davvero arrivata nel piatto).
Spasimanti e/o fidanzati delle “signore” di cucina che iniziano ad occhieggiare la loro bella ancora impegnata tra le pentole sporche, sbirciando nell’angolino di cucina visibile dalla porta socchiusa…
Nei casi peggiori per il decoro del locale, anche torme di felini, che da animali opportunisti qual sono, iniziano gatton gattoni ad avvicinarsi alla cucina, nel caso “ci scappa qualcosa”, invece di dirigersi verso i canonici bidoni della spazzatura sul retro.
Vabbè…
Ma… in questo bel ristorante padano, si è superato il limite: nello sparecchiare i tavoli, una elegantissima cameriera con impeccabile uniforme cosa mi combina?
Con cura certosina, e senza l’ombra di un guanto, a mani nude raccatta tutti i grissini sparsi sui vari tavoli. (credo e spero solo quelli integri…)
Non paga, ne sbocconcella qualcuno, poi, con incredibile nonchalace, li re-impacchetta in bustine in plastica, riposte ordinatamente nei canonici cestini, pronti per il pasto serale.
Non ho parole: riciclaggio dei grissini sotto i miei occhi…
P.S. – Aggiungo (anche) che… la “elegantissima cameriera con impeccabile uniforme”, mentre ci alzavamo dal nostro tavolo e uscivamo, ha superato se stessa.
Incurante dei nostri sguardi, controlla la nostra (ex) bottiglia, e con mossa felina versa in un calice quanto rimasto e se lo scola tutto, probabilmente alla faccia nostra…
Che triste!
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?